Il regolamento preventivo di giurisdizione non è ammissibile in sede di riassunzione
30 Maggio 2019
Massima
In tema di translatio iudicii, dopo che il giudice di merito abbia emesso una pronuncia declinatoria della propria giurisdizione, il regolamento preventivo di giurisdizione, ex art. 41 c.p.c., resta precluso nel giudizio che si instaura per effetto della tempestiva riassunzione dinanzi al giudice indicato dal primo come quello fornito di giurisdizione, in quanto la pronuncia declinatoria, emessa nella prima fase dell'unitario giudizio così riassunto, integra comunque una decisione sulla giurisdizione impeditiva della proposizione del predetto regolamento. Il caso
Tizio e Caia depositavano, dinanzi al Tribunale di Catania, un ricorso con domanda cautelare di sospensione dell'ordinanza di sgombero, emessa nei loro confronti dal Comune di Santa Venerina, relativa all'alloggio IACP sito in detto Comune, assumendo di aver diritto, in qualità di conviventi della defunta assegnataria, a subentrare nel contratto di locazione originatosi dalla precedente assegnazione da parte dell'IACP. Contestualmente i ricorrenti producevano il provvedimento con cui il TAR Sicilia, sez. dist. di Catania, in relazione all'impugnazione della medesima ordinanza di sgombero, aveva declinato la propria giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario. Il Tribunale di Catania, con ordinanza emessa a seguito di riserva assunta alla prima udienza, sollevava d'ufficio, ai sensi dell'art. 59, comma 3, l. n. 69/09, questione di giurisdizione dinanzi alle Sezioni Unite, ritenendo che il giudizio impugnatorio, dovendo intendersi proposto avverso l'ordinanza di sgombero (quale atto discrezionale presupponente una valutazione di pubblico interesse), rientrasse nella giurisdizione del giudice amministrativo. Con ricorso ex art. 41 c.p.c., Tizio e Caia proponevano regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo dichiararsi la sussistenza della giurisdizione ordinaria in relazione alla domanda dagli stessi formulata. La questione
La questione esaminata nella pronuncia in commento attiene all'ammissibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, che sia proposto ad istanza di parte in pendenza del giudizio riassunto dinanzi al giudice indicato come quello munito di giurisdizione. Le soluzioni giuridiche
Le Sezioni Unite, riuniti i due procedimenti, ossia il regolamento preventivo di giurisdizione ad istanza di parte ex art. 41 c.p.c. e quello sollevato d'ufficio dal giudice civile ex art. 59, comma 3, l. n. 69/09, dichiarano inammissibile il primo, richiamando il consolidato principio secondo cui, in tema di translatio iudicii, il processo che, dopo la pronuncia declinatoria della giurisdizione, si instaura, per effetto della tempestiva riassunzione, davanti al giudice indicato come munito di giurisdizione non è un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell'unico giudizio; ne consegue che non può essere proposto regolamento preventivo di giurisdizione, posto che la pronuncia declinatoria emessa nella prima fase integra una decisione sulla giurisdizione assunta nell'unitario giudizio, in quanto tale impeditiva della proposizione del regolamento preventivo, potendo tale strumento essere utilizzato solo nella prima fase del giudizio, allorquando manca ancora una decisione sulla giurisdizione (Cass. civ., Sez.Un., 7 luglio 2010, n. 16033). In altri termini, una volta che la domanda di merito venga riproposta con la riassunzione della causa, nel termine di legge, dinanzi al giudice indicato come fornito di giurisdizione, la pronuncia del primo giudice adito, declinatoria di giurisdizione, sebbene emessa nella prima fase di quello che deve considerarsi un unico giudizio (per effetto dell'attivazione della sua prosecuzione dinanzi al secondo giudice), integra pur sempre una decisione resa nell'unitario giudizio, che, ai sensi dell'art. 41 c.p.c., preclude la possibilità di proporre regolamento di giurisdizione (Cass. civ., Sez.Un., 13 settembre 2017, n. 21199). Pertanto, nella seconda fase processuale, conseguente alla riassunzione, è solo il giudice dinanzi al quale è riassunta la causa che può sollevare d'ufficio tale questione dinanzi alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 59, comma 3, l. n. 69/09, purchè lo faccia, come accaduto nel caso in esame, entro la prima udienza di trattazione. Entrando, quindi, nel merito della questione di giurisdizione come ammissibilmente sollevata d'ufficio dal (solo) Tribunale di Catania, le Sezioni Unite, tenuto conto del criterio del “petitum sostanziale” (consistente nel diritto soggettivo vantato dai ricorrenti a proseguire il rapporto di locazione dell'alloggio precedentemente assegnato ad una loro familiare convivente deceduta), rammentano che, in tema di edilizia residenziale pubblica, e con riguardo al provvedimento di rilascio dell'alloggio che l'ente proprietario assuma occupato senza titolo, l'opposizione dell'intimato è soggetta, quanto alla giurisdizione, alle comuni regole di riparto, alla stregua della natura sostanziale della posizione fatta valere in giudizio. Pertanto, ove l'opponente alleghi il proprio diritto soggettivo al godimento del bene per effetto del subingresso nel rapporto locativo al precedente assegnatario deceduto, deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario in quanto la domanda non incide sul procedimento pubblicistico di assegnazione, ma mira a contrapporre all'atto amministrativo di autotutela una posizione di diritto soggettivo di cui occorre soltanto riscontrare la fondatezza nel merito (Cass. civ., Sez.Un., 23 febbraio 2001, n. 67; Cass. civ., Sez.Un., 11 marzo 2004, n. 5051; Cass. civ., Sez.Un., 19 agosto 2016, n. 17201). Infatti, l'ordine di rilascio si configura come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse; tale principio va affermato anche qualora sia dedotta l'illegittimità di provvedimenti amministrativi (diffida a rilasciare l'alloggio e successivo ordine di sgombero), dei quali è eventualmente possibile la disapplicazione da parte del giudice, chiamato a statuire sull'esistenza delle condizioni richieste dalla legge per dare corso forzato al rilascio del bene (Cass. civ., Sez.Un., 7 luglio 2011, n. 14956). Alla luce di ciò, le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, con conseguente rimessione delle parti, nel termine di legge, dinanzi al Tribunale di Catania. Osservazioni
La pronuncia in esame è pienamente condivisibile. Invero, il regolamento di giurisdizione costituisce uno strumento preventivo (e facoltativo) per l'immediata e definitiva soluzione delle questioni attinenti alla giurisdizione. Esso non è proponibile nel caso in cui il giudice del merito abbia già emesso una sentenza, anche se soltanto limitata alla giurisdizione, che non sia stata impugnata, atteso che la risoluzione della questione di giurisdizione ben poteva essere rimessa al giudice processualmente sovraordinato, secondo l'ordinario svolgimento del processo (Cass. civ., Sez.Un., 31 ottobre 2008, n. 26296). In sostanza, qualsiasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato, attinente sia al merito che a questioni inerenti ai presupposti processuali in genere (ivi compresa la giurisdizione), ha efficacia preclusiva del regolamento di giurisdizione (Cass. civ., Sez.Un., 12 maggio 2017, n. 11803; Cass. civ., Sez.Un., 27 ottobre 2011, n. 22382; Cass. civ., Sez.Un., 2 luglio 2007, n. 14952). Ciò in quanto il regolamento preventivo di giurisdizione non è un mezzo di impugnazione di una decisione, bensì uno strumento di sollecita definizione della questione di giurisdizione, quando su tale questione non sia ancora intervenuta una decisione, finalizzato ad ottenere una pronuncia definitiva e vincolante da parte della Suprema Corte, diretta cioè a prevenire decisioni impugnabili o possibili conflitti reali o virtuali di giurisdizione. Tale soluzione – basata su una interpretazione degli artt. 367, comma 1, c.p.c., e 41, comma 1, c.p.c., coerente con la formulazione dell'art. 111 Cost., che richiede una “ragionevole durata” della controversia – è finalizzata ad evitare un possibile uso abusivo del mezzo processuale, in ossequio al principio dell'effettività della tutela giurisdizionale. I presupposti di ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione si intersecano, nella pronuncia in commento, con il principio della translatio iudicii nei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale, il quale ha avuto ingresso nell'ordinamento processuale già prima dell'entrata in vigore dell'art.59 l. n. 69/09 (che contiene la nuova disciplina della decisione delle questioni di giurisdizione), essendo tale riforma il precipitato dell'evoluzione della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez.Un., 22 febbraio 2007, n. 4109) e dei principi enunciati da Corte cost. 24 gennaio 2007, n. 77. In particolare, il principio della translatio iudicii, ribadito dal legislatore con il citato art. 59, nel determinare la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta dinanzi ad un giudice privo di giurisdizione nel giudizio riattivato innanzi al giudice che ne è provvisto, realizza la sostanziale riduzione ad unità del processo dalla fase della domanda a quella della decisione, con la connessa esclusione di ogni rilevanza impeditiva dell'eventuale errore iniziale della parte nella individuazione del giudice provvisto di giurisdizione. Ne consegue che non è possibile limitare la preclusione del regolamento preventivo di giurisdizione, dopo che il giudice di merito abbia emesso una pronuncia declinatoria della propria giurisdizione, alla sola ipotesi di proposizione dell'indicato rimedio nell'ambito del giudizio instaurato dinanzi a detto giudice, essendo applicabile tale preclusione anche nel caso in cui il regolamento venga proposto a seguito della riassunzione del giudizio dinanzi al giudice indicato dal primo come quello fornito di potestas iudicandi, dovendo considerarsi prodotto, in mancanza dell'impugnazione della decisione di difetto di giurisdizione del primo giudice ed in conseguenza della realizzata riassunzione avanti al giudice individuato nella stessa pronuncia, l'effetto del giudicato implicito sulla giurisdizione (Cass. civ., Sez.Un., 18 giugno 2010, n. 14828). Ed, infatti, se, nel giudizio riassunto a seguito di declinatoria di giurisdizione, fosse consentito (anche) alle parti di proporre regolamento preventivo di giurisdizione, quest'ultimo assumerebbe, quantomeno nella sostanza, carattere impugnatorio della decisione con cui il primo giudice ha rimesso la causa dinanzi al giudice indicato come munito di giurisdizione. Pertanto, solo il giudice davanti al quale la domanda è riassunta – a meno che sulla giurisdizione non si siano già pronunciate le Sezioni Unite, il cui dictum è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo – qualora si ritenga a sua volta sfornito di giurisdizione, può sollevare d'ufficio, con ordinanza, la relativa questione dinanzi alle Sezioni Unite, fino alla prima udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., ai sensi del comma 3 dell'art. 59 l. n. 69/09. Tale norma disciplina una sorta di regolamento di giurisdizione richiesto d'ufficio, riferibile, analogamente a quanto previsto dall'art. 45 c.p.c. in materia di competenza, alle ipotesi di conflitto negativo di giurisdizione, ossia allorquando il giudice, dinanzi al quale la causa è riassunta, ritenga a sua volta di non essere fornito di giurisdizione, e ciò anche nell'ipotesi, come può desumersi dall'ampia formulazione della norma, in cui la contestata giurisdizione appartenga non al primo giudice, bensì ad un terzo giudice. Il regolamento in esame, applicabile anche ai giudizi instaurati prima dell'entrata in vigore della l. n. 69/09, trova la sua ragion d'essere nella divisione funzionale ed organizzativa delle giurisdizioni che, non diversamente da quanto previsto per la competenza, ed anzi a maggior ragione, non ammette la possibilità che il giudice di un ordine diverso, negando di avere nel caso giurisdizione, possa poi imporla al diverso giudice che egli indica (Cass. civ., Sez.Un., 2 dicembre 2010, n. 24421; Cass. civ., Sez.Un., 18 novembre 2010, n. 23109). Il regolamento di giurisdizione d'ufficio è, quindi, funzionalmente diretto a sottrarre la regolazione della giurisdizione alla discrezionalità delle parti in ordine all'impugnazione della decisione declinatoria della stessa ed a consentire al giudice, adito a seguito della riassunzione, di far valere le regole sul riparto. Ne consegue che quest'ultimo, investito a seguito della declinatoria, può contestare la propria giurisdizione solo ponendosi in esplicita posizione di contrasto con il primo e chiedendo, quindi, l'intervento regolatore della Suprema Corte (Cass. civ., Sez.Un., 16 aprile 2018, n. 9336). I conflitti negativi sono così scongiurati e praticamente destinati a concretizzarsi solo per quelle situazioni giuridiche soggettive sulle quali, all'entrata in vigore della norma, già erano state emesse due decisioni di segno opposto, nonché per quelle ipotesi in cui il giudice abbia deciso di negare la giurisdizione senza far ricorso al citato art. 59, comma 3, perciò violando la legge. Il regolamento d'ufficio si rivelerebbe poi utile anche a fronte dell'impugnazione della sentenza declinatoria da parte del soccombente sulla questione e della contestuale riassunzione da parte del vincitore davanti al giudice riconosciuto come fornito di giurisdizione: in tal caso, per evitare un eventuale conflitto di decisioni, il giudice dinanzi al quale la causa fosse stata riassunta prima del giudicato formale sulla declinatoria potrebbe investire del conflitto direttamente le Sezioni Unite. Invece, per quanto riguarda i conflitti positivi, va rilevato che, in caso di giudicato formatosi sul merito, il secondo giudice è tenuto ad uniformarsi e non si pone più una questione di giurisdizione, ma, al limite, solo di giudicato. Nel caso, invece, di domanda proposta davanti a giudici diversi, si crea una situazione di litispendenza, che potrebbe congruamente essere risolta, pur nel silenzio della legge sul punto, con il riconoscimento praeter legem della proponibilità del regolamento d'ufficio di cui all'art. 59 da parte del giudice che sia stato adito per secondo (nel qual caso la causa continua davanti all'altro giudice, il quale non è tenuto a sospendere la causa se non in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, ossia quelli dell'art. 367 c.p.c.). Riferimenti
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