È valida la notifica con PEC di un allegato (decreto penale) illeggibile?
04 Giugno 2019
Massima
Quando il ricorrente, in sede di richiesta di restituzione del termine per proporre opposizione, abbia allegato una circostanza - l'anomalia del sistema di spedizione di un decreto penale oggetto di notifica – tale da far ragionevolmente dubitare che non sia stata conseguita l'effettiva conoscenza del provvedimento da parte del destinatario, il giudice è tenuto a verificarla, attraverso l'esercizio dei propri poteri di accertamento.
Fonte: ilprocessotelematico.it Il caso
Con istanza avanzata al giudice per le indagini preliminari di Modena ai sensi dell'art. 175, comma 2, c.p.p. l'istante chiedeva di essere restituito nel termine per proporre opposizione avverso un decreto penale emesso il 25/01/2016 e notificato il 3/3/2016 al difensore, in proprio e quale domiciliatario dell'imputato, che non ne aveva potuto avere effettiva conoscenza, perché, per un difetto di funzionamento del sistema, gli allegati alla PEC, contenenti l'immagine del decreto penale, non erano leggibili per essere essi “già corrotti all'atto della spedizione”, come dimostrato dagli esiti della consulenza tecnica di parte, allegata alla richiesta di restituzione nel termine. Il 12/02/2018, il giudice per le indagini preliminari di Modena, rigettava la richiesta, rilevando che l'effettiva conoscenza del provvedimento poteva comunque dirsi raggiunta sulla base della mera regolarità formale della notifica e dei riferimenti al decreto penale contenuti nel testo dei messaggi di posta elettronica inviata al difensore, che aveva pertanto l'onere di attivarsi per venire a conoscenza del contenuto del provvedimento notificato. Avverso il provvedimento di rigetto, il richiedente ha proposto ricorso per cassazione dolendosi dell'errata applicazione della norma di riferimento, in quanto non poteva ritenersi superata la situazione di obiettiva incertezza circa la tempestiva conoscenza del provvedimento, nonostante la regolarità della notifica. In particolare, il ricorrente non avrebbe potuto avere contezza del contenuto del decreto stesso, essendo stato provato, mediante consulenza, che l'allegato al messaggio di posta elettronica utilizzato per la notifica non era né apribile, né consultabile ed era dunque illeggibile. La questione
La questione che la quinta sezione della Corte di cassazione affronta nella sentenza n. 14388/2019 depositata il 2 aprile 2019 (camera di consiglio del 29 gennaio 2019), che qui si commenta, riguarda l'applicazione, anche in caso di decreto penale di condanna che la Corte assume essere stato regolarmente notificato con posta elettronica certificata, del generale principio secondo cui, va disposta, ai sensi del nuovo art. 175, comma 2, c.p.p. (come modificato dalla legge n. 67/2014), la restituzione nel termine per proporre opposizione qualora il richiedente assolva all'onere di allegazione circa l'effettiva conoscenza del decreto penale e, nonostante l'attivazione da parte del giudice dei suoi poteri di verifica, persista una situazione di obiettiva incertezza circa tale conoscenza. Le soluzioni giuridiche
La decisione n. 14388/2019 in esame applica anche al caso del decreto penale trasmesso con PEC i principi espressi dalla Suprema Corte dopo la modifica dell'art. 175, co. c.p.p. ad opera della legge n. 67/2014 (che ha introdotto il regime dell'absentia) in tema di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna ritualmente notificato, partendo però da un assunto – la regolare notifica del decreto penale effettuata con pec al difensore domiciliario – che non sembra tuttavia così scontato. La Corte premette infatti che, in tema di notificazione al difensore mediante invio dell'atto, tramite posta elettronica certificata (c.d. 'PEC'), la semplice verifica dell'accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data e ora, dell'allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario e richiama a tal proposito la decisione assunta dalla Sez. 4, nella sentenza n. 2431 del 15 dicembre 2016 - dep. 18/01/2017. Partendo dunque dall'assunto che la notifica del decreto penale sia, nel caso portato alla sua attenzione, valida, menziona l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità in tema di restituzione nel termine per proporre opposizione, richiesta dalla parte interessata ai sensi dell'art. 175, comma 2, c.p.p., come modificato dalla legge n. 67/2014. A norma infatti dell'art. 175, co. 2 c.p.p., così come sostituito dall'art. 11, co. 6 l. n. 67/2014, “L'imputato condannato con decreto penale che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato” e la giurisprudenza di legittimità interpreta la disposizione ritenendo che, per essere restituiti nel termini per proporre opposizione, siano necessarie due condizioni: da un lato, che il ricorrente alleghi le ragioni sottese alla mancata conoscenza del decreto penale regolarmente notificato; dall'altro, che il giudice verifichi, alla stregua dell'allegazione della parte, che l'interessato non ne abbia avuto effettiva conoscenza.
A monte, il presupposto tuttavia imprescindibile, è e resta quello che il decreto penale di condanna, in relazione al quale si chiede la restituzione del termine, sia stato ritualmente notificato. In questi casi, ossia quando il decreto penale è stato regolarmente notificato, grava sul richiedente un onere di allegazione in ordine alle ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, a fronte del quale il giudice è tenuto a verificare, ai sensi dell'art. 175, comma 2, c.p.p. ed in forza dei poteri di accertamento che gli competono, che l'interessato non ne abbia avuto effettiva conoscenza. Quanto alla prima delle due condizioni, ossia l'onere di allegazione in ordine alle ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, viene tuttavia in rilievo, secondo la Cassazione, un mero onere di allegazione, che non si risolve affatto in un onere di prova (Sez. 4, Sentenza n. 3882 del 4 ottobre 2017 Cc. - dep. 26 gennaio 2018; Sez. 2, Sentenza n. 51107 del 9 novembre 2016 Cc. - dep. 30 novembre 2016; Sez. 3, Sentenza n. 23322 del 10 marzo 2016 Cc. - dep. 6 giugno 2016). Con riferimento alla seconda, dovendo il giudice verificare che l'istante non abbia avuto tempestiva cognizione del decreto penale di ritualmente notificato, la verifica che questi è chiamato ad effettuare e che scatta solo se la parte assolve all'onere di allegazione, non esclude, ma anzi ammette, che il medesimo faccia a sua volta ricorso ai poteri di accertamento che gli competono (Sez. 4, Sentenza n. 22509 del 4 maggio 2018 Cc. - dep. 21 maggio 2018; Sentenza n. 4654 del 19 gennaio 2016 Cc.-dep. 4 febbraio 2016). Qualora, nella sussistenza dei due presupposti indicati, non venga superata e permanga dunque una situazione (anche solo) di obiettiva incertezza circa la tempestiva conoscenza del provvedimento, il giudice è tenuto a disporre la restituzione nel termine per l'opposizione (in questo senso, da ultimo, Sez. 4, Sentenza n. 33458 del 21 giugno 2018 Cc. - dep. 18 luglio 2018; Sentenza n. 35443 del 1° luglio 2016 Cc. - dep. 24 agosto 2016; Sentenza n. 138 del 14 ottobre 2015 Cc. - dep. 7 gennaio 2016). Per converso, proprio perché grava sull'istante un onere di allegazione in ordine alle ragioni della mancata effettiva conoscenza del provvedimento, nel caso in cui questi ometta di indicare le ragioni che gli abbiano impedito di acquisire tale conoscenza, non sorge l'obbligo di verifica da parte dell'autorità giudiziaria della conoscenza effettiva (Sez. 4, Sentenza n. 22509 del 4 maggio 2018 Cc. - dep. 21 maggio 2018).
Sono questi, dunque, i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di restituzione nel termine ma sempre se, a monte, il decreto di condanna sia stato regolarmente notificato ed applicandoli al caso portato al suo vaglio, la quinta sezione da conto dell'assolvimento, da parte del ricorrente, dell'onere di allegazione, avendo questi rappresentato di non aver «potuto prendere effettiva conoscenza del decreto penale: tanto perché gli allegati ai messaggi di posta elettronica, che recavano l'immagine del decreto stesso, non erano leggibili, perché :«.. già corrotti all'atto della spedizione» (così nelle conclusioni della consulenza tecnica di parte, allegata alla richiesta, e nei documenti che giustificavano tale valutazione)» L'anomalia del sistema di spedizione del provvedimento oggetto di notifica - rileva la Corte – doveva essere verificata «attraverso l'esercizio dei poteri di accertamento del giudice, doverosamente da attivare quando emergano in atti o siano dedotte situazioni tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la ritualità della notifica, non sia stata conseguita l'effettiva conoscenza del provvedimento da parte del destinatario.» «Avendo quindi il richiedente regolarmente adempiuto all'onere di allegazione di circostanze impeditive della sua effettiva conoscenza del decreto penale di condanna e con avendo, di contro, il giudice, investito della richiesta, verificato quanto dedottogli» l'ordinanza impugnata è stata annullata con rinvio al Tribunale di Modena, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminare, perché provvedesse a nuovo esame della richiesta di restituzione nel termine per proporre opposizione. Osservazioni
La Corte, nel fare applicazione al caso di specie dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema, presuppone, a monte, che il decreto penale sia stato validamente notificato, soluzione, questa, che non è in verità tanto scontata, ma che anzi sembra non sussistere nel caso di specie. Il richiamo alla giurisprudenza che, in tema di notificazione al difensore mediante invio dell'atto, tramite PEC, ritiene perfezionata e valida la notifica con la semplice verifica dell'accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, senza necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario, costituisce infatti la premessa da cui parte la Corte, che non a caso applica al caso di specie i principi giurisprudenziali sopradescritti in tema di art. 175, co. 2 c.p.p. che presuppongono, come visto, una notifica valida.
È invece proprio questo assunto che desta perplessità. Per inquadrare la problematica, è utile il raffronto con l'ipotesi – speculare - di notificazioni effettuate nei modi ordinari: se la notifica in questione fosse stata infatti effettuata non con posta elettronica certificata, ma ai sensi degli artt. 148 e seguenti c.p.p. e fosse stato quindi notificato, per esempio tramite ufficiale giudiziario, un allegato illeggibile, esso avrebbe dato luogo, pacificamente, ad un caso di nullità della notificazione stessa. È cosi anche per la notifica telematica? Può cioè ritenersi che la notifica effettuata trasmettendo un allegato illeggibile, che, come nell'ipotesi in esame, era corrotto sin dal momento della sua spedizione, integri un caso di nullità della notifica stessa? La risposta non può prescindere dall'art. 16, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito nella legge n. 221/2012, ossia dall'unica norma che disciplina le notificazioni telematiche nel procedimento penale. Ebbene, l'unico caso contemplato dal legislatore è quello previsto dal comma 8 del menzionato articolo, a norma del quale: “Quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano l'art. 136, terzo comma, e gli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile e, nei procedimenti penali, si applicano gli artt. 148 e seguenti del codice di procedura penale”. Solo in questa ipotesi, la notifica va contestualmente ripetuta, effettuandola però con modalità diverse da quelle telematiche.
Fermo restando che nel procedere alla trasmissione con PEC occorre seguire ed attenersi alle modalità di trasmissione telematica, pena l'irregolarità – imputabile al mittente - della notifica stessa, con conseguente invalidità della stessa, il legislatore contempla quindi unicamente il caso della notifica telematica “impossibile”, che può emergere, per altro, soltanto nell'immediatezza, mentre, a rigore, nulla prevede per l'ipotesi della notifica che presenti irregolarità non imputabili al mittente e non imputabili neanche al destinatario. In questi casi, basta solo il messaggio di “spunta” verde dell'invio e della ricezione per ritenere sempre valida quella notifica? O, piuttosto, essa è valida, salvo che la parte destinataria dell'atto non deduca, dimostrandolo, che essa presenta irregolarità o vizi?
A parere di chi scrive, se il sistema, all'atto della notifica, non restituisce un messaggio di errore e se non restituisce, nello specifico, un messaggio di errore imputabile al destinatario, quella notifica, effettuata secondo le modalità indicate nel d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento per l'utilizzo della PEC e nel corrispondente d.m. 2 novembre 2005 che fissa le regole tecniche per la PEC) deve ritenersi “non impossibile”, e va dunque considerata regolare, a norma dell'art. 16 cit.; il chè tuttavia, non necessariamente significa che essa sia anche valida. Quella regolarità sembra infatti espressione solo di una regolarità “tecnica”, che connota la trasmissione dell'atto nella sua immediatezza: ad essa può non corrispondere anche una regolarità che si potrebbe definire “effettiva” o “congenita”. Ed è questo, a ben vedere, il caso della sentenza in commento. La consulenza tecnica di parte dà infatti contezza della trasmissione di un file – contenente il decreto penale - che era già danneggiato al momento della sua spedizione e che non era leggibile perché non apribile né altrimenti consultabile: è stato dunque trasmesso con PEC un allegato “difettoso” e questa circostanza rende, a parere di chi scrive, non regolare e dunque non valida quella notifica.
In altri termini, la notifica tecnicamente regolare, perchè nell'immediatezza non impossibile, era in realtà inficiata da una irregolarità congenita, emersa solo successivamente e su eccezione della difesa, che a riprova ha allegato una consulenza tecnica di parte: essa appare dunque inquadrarsi, più correttamente, in un caso di notifica invalida, non potendosi ritenere perfezionata la procedura di notificazione se l'atto trasmesso è illeggibile. In conclusione, la Corte, forse anche in ragione della domanda avanzata, limitata, a quel che sembra, solo alla restituzione nel termine e non estesa anche a profili di nullità del titolo esecutivo, conclude affermando che quella notifica non vada ripetuta ed il destinatario, come da lui richiesto e grazie a quanto da lui allegato, vada rimesso nei termini per proporre impugnazione. Una soluzione, quella adottata dalla Corte, sicuramente coerente con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità qualora quella notifica si possa ritenere tout court regolare, ipotesi questa, che non rispecchia del tutto il caso in esame, nel quale la persistenza del dubbio sull'effettiva conoscenza dell'atto si fonda non su casistiche “esterne” alla notifica ed estranee ad essa, ma proprio su una irregolarità “effettiva”, “congenita” della notifica, non imputabile nè al mittente, nè al destinatario, emersa solo successivamente, su eccezione del destinatario dell'atto. Quella irregolarità effettiva, congenita rende non regolare, e dunque invalida la notifica dell'atto stesso, vizio, questo rimuovibile con la sua rinnovazione (che tuttavia avrebbe presupposto un'istanza di revoca del titolo esecutivo, che non sembra vi sia stata), non diversamente da quanto accade nei casi in cui si proceda alle notificazioni non con la pec ma mediante gli artt. 148 e seguenti c.p.p.. |