ICI/IMU: aree fabbricabili ed inedificabilità di fatto, per la suprema Corte è solo una questione di valore

Daniele Monari
05 Giugno 2019

Dall'introduzione l'ICI (ora IMU), il tema della tassazione delle aree fabbricabili è stato quello che di più negli anni ha generato contenzioso tra Comuni e contribuenti. La “questione” che maggiormente ha impegnato la giurisprudenza è stata senza dubbio quella della corretta tassazione delle “aree fabbricabili” definite tali dal piano urbanistico comunale, ma “in concreto inedificabili” per la presenza di un vincolo sul terreno che ne impediva lo sfruttamento edificatorio in quel determinato anno d'imposta.
I termini della questione

Dall'introduzione l'ICI (ora IMU), il tema della tassazione delle aree fabbricabili è stato quello che di più negli anni ha generato contenzioso tra Comuni e contribuenti. La “questione” che maggiormente ha impegnato la giurisprudenza è stata senza dubbio quella della corretta tassazione delle “aree fabbricabili” definite tali dal piano urbanistico comunale, ma “in concreto inedificabili” per la presenza di un vincolo sul terreno che ne impediva lo sfruttamento edificatorio in quel determinato anno d'imposta.

Tra questi i casi più dibattuti dalla giurisprudenza sono stati i seguenti:

  • terreno di fatto inedificabile in quanto l'effettiva edificabilità è subordinata all'emanazione di un piano “attuativo” (o perché in attesa dell'approvazione del P.R.G. da parte della Regione);
  • terreno di fatto inedificabile perché destinato a “verde pubblico attrezzato” ;
  • terreno di fatto inedificabile perché destinato “strutture sportive pubbliche”;
  • terreno di fatto inedificabile perché soggetto a “vincolo idrogeologico” ;
  • terreno di fatto inedificabile perché soggetto a “viabilità e parcheggio”;
  • terreno di fatto inedificabile perché soggetto a “distanze/fasce di rispetto” .

In queste situazioni, ci si è domandato, se il cittadino contribuente in quel determinato anno d'imposta ai fini ICI/IMU possiede “un terreno agricolo” o “un'area fabbricabile”, in quanto appare indiscutibile che per la legge tertium non datur.

Inoltre, in questi casi, ci si è posti anche il problema di una determinazione della “base imponibile” e quindi di un prelievo tributario rispettoso del principio di “capacità contributiva” (art. 53 Cost.).

Per individuare la “natura giuridica” di questi terreni (terreno agricolo” o “area fabbricabile) bisogna considerare che da una parte l'ICI/IMU è un ‘imposta periodica e se in concreto in quel determinato anno d'imposta sussiste una indiscussa “inedificabilità” di quel terreno difficilmente lo si può ritenere “utilizzabile a scopo edificatorio” come richiesto dalla norma (art. 2, D.Lgs. n. 504/1992).

D'altra parte però bisogna considerare che l'inserimento del terreno nel Piano Regolatore Comunale tra le aree fabbricabili determina una “aspettativa di edificabilità”, che magari inizialmente non c'è, ma che, salvo casi particolari, molto probabilmente in futuro arriverà.

Sul punto si era formato all'interno della Suprema Corte un ampio contrasto giurisprudenziale:
1. Da una parte si era formato un primo orientamento giurisprudenziale che faceva prevalere il dato “formale” e che quindi riteneva che ai fini ICI fosse sufficiente il semplice inserimento del terreno nel PRG dell'Ente locale come area edificabile, perché questo fosse tassato come tale (Cass. Civ., n. 16751/2004).
2. Dall'altra parte si era formato un secondo orientamento che faceva prevalere il “dato sostanziale” e che riteneva non sufficiente la circostanza dell'inserimento del terreno nel PRG per tassarlo come area fabbricabile, se di fatto tale terreno rimaneva soggetto a vincolo d'inedificabilità. In tal caso il terreno, deve essere considerato e dunque tassato ai fini ICI, come terreno agricolo (Cass. Civ., n. 21644/2004).

Al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare all'interno della Suprema Corte, con ordinanza n. 10062 del 8 marzo 2005, la Corte di Cassazione devolve la “questione” alle Sezioni Unite con particolare riferimento al caso di area edificabile per il PRG comunale, ma di fatto inedificabile in quanto l'effettiva edificabilità viene è subordinata all'emanazione di un piano “attuativo” (o perché in attesa dell'approvazione del PRG da parte della Regione).

Gli interventi legislativi di interpretazione autentica

Proprio riguardo alla fattispecie relativa al terreno inserito nel PRG come area edificabile, ma di fatto inedificabile in quanto l'effettiva edificabilità viene è subordinata all'emanazione di un piano “attuativo” da parte del Comune (o perché in attesa dell'approvazione del PRG da parte della Regione), si era nel frattempo generato un aspro contenzioso tra Enti locali e contribuenti.

I Comuni, al fine di salvaguardare le proprie entrate messe a repentaglio da sentenze “sgradite”, cercando anche di anticipare la decisione delle Sezioni Unite, corrono ai ripari e riescono a far approvare con decreto legge, ben due distinti provvedimenti legislativi di carattere interpretativo (art.11 Quarterdecies, comma 16, D.L. n. 203 del 30 settembre 2005 e art. 36, comma 2, D.L. n. 223 del 4 luglio 2006).

In evidenza:

L'art.11-quarterdecies, comma 16, D.L. n. 203 del 30/09/2005 dispone:

Ai fini dell'applicazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.504, la disposizione prevista dall'articolo 2, comma 1, lettra b), dello stesso decreto, si interpreta nel senso che un'area è da considerarsi comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo”. L'art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (cd. Bersani-Visco) dispone: “un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Questi provvedimenti legislativi come quasi tutti gli interventi legislativi “interpretativi”, precisano che l'interpretazione “autentica” è appunto, quella “pro fisco” nel senso che basta che il terreno sia inserito in un Piano Regolatore Comunale nelle aree fabbricabile, che ai fini tributari è già area fabbricabile e deve essere tassata come tale. Da ciò deriva una nozione essenzialmente “formale” di area edificabile basata sulla previsione di edificabilità contenuta nello strumento urbanistico generale, che evita ogni possibile interpretazione basata sulla edificabilità di fatto. Con tali interventi interpretativi, conformati al primo orientamento giurisprudenziale “formale”, i Comuni ritengono di aver risolto definitivamente, in via legislativa, la “questione” posta in esame alle Sezioni Unite, salvaguardando, con un “colpo di mano” del Governo, le loro “entrate” a scapito degli ignari contribuenti.

La sentenza della Sezioni Unite n. 25506 del 28 settembre 2006

La Suprema Corte a Sezioni Unite, con la funzione nomofilattica che le è propria, sciogliendo il contrasto giurisprudenziale, con una chiarificante e condivisibile sentenza (Corte di Cassazione, Sez. Un. n. 25506/2006) ha precisato quando e come deve essere tassato un terreno a fini ICI/IMU come area fabbricabile.

In tale occasione, la Cassazione a Sezioni Unite ha censurato entrambi i precedenti orientamenti giurisprudenziali formatisi al suo interno, fornendo una differente interpretazione senza contrastare gli interventi legislativi di natura “interpretativa” nel frattempo emanati.

Con tale sentenza la Supreme Corte, pone due “punti guida nell'interpretazione della normativa ICI/IMU in tema di aree fabbricabili.

I) “Sulla questione della natura giuridica del terreno”:

Anzitutto, la Suprema Corte “cassa” l'interpretazione “sostanziale” e fa prevalere un'interpretazione più “formale” della natura giuridica del terreno precisando che “Ai fini tributari sono edificabili tutti quei terreni che tali sono qualificati da uno strumento urbanistico, indipendentemente dalla sussistenza dell'approvazione regionale dello strumento stesso e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia”. Censurando in tal modo l'orientamento giurisprudenziale favorevole ai contribuenti evidenziato nella sentenza Cass. Civ., n. 21644/2004.

II) “Sulla questione determinazione della base imponibile (del valore venale dell'area fabbricabile)”:

In merito alla quantificazione della base imponibile , poi, le Sezioni Unite, opportunamente precisano: “l'aspettativa di edificabilità di un suolo non comporta ai fini della valutazione fiscale, l'equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità; comporta soltanto l'assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli (…). “In definitiva, la equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi "non inedificabili", non significa che queste abbiano tutte lo stesso valore. Con la perdita dell'inedificabilità di un suolo (cui normalmente, ma non necessariamente, si accompagna un incremento di valore) si apre soltanto la porta alla valutabilità in concreto dello stesso. È evidente che, in sede di valutazione, la minore o maggiore attualità e potenzialità della edificabilità dovrà essere considerata ai fini di una corretta valutazione del valore venale delle stesse, ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992”(Corte di Cassazione, Sez. Unite n.25506/2006).

Ne consegue che anche l'orientamento favorevole ai Comuni esplicitato nella sentenza Cass. Civ., n. 16751/2004, viene “rigettato” dalle Sezioni Unite.

Dunque per le Sezioni Unite, in un'imposta periodica come l'ICI/IMU, che ha come presupposto d'imposta il possesso di un immobile in un determinato anno, il prelievo fiscale di un terreno edificabile, ma in concreto soggetto ad un vincolo d'inedificabilità, non può essere paragonato sotto il profilo valutativo (base imponibile) ad un terreno già “perfetto” e quindi immediatamente edificabile.

Sul punto le Sezioni Unite precisano: “… se i criteri di calcolo vengono applicati correttamente, il contribuente subirà un prelievo che non sarà mai superiore a quello giustificato dal reale valore del bene posseduto. Con la possibilità del tutto naturale, che si verifichino oscillazioni di valore connesse all'andamento del mercato e/o allo stato di attuazione delle procedure che determinano il perfezionamento dello ius edificandi”.

In definitiva, le Sezioni Unite riescono a fornire un'interpretazione “costituzionalmente orientata” nel rispetto della legislazione vigente, nel senso che riescono a fornire una interpretazione conforme ai precetti legislativi d' “interpretazione autentica” nel frattempo approvati, ma con una lettura generale favorevole ai contribuenti che rispetti il precetti costituzionali di “eguaglianza” (art. 3 Cost.) e di “capacità contributiva” (art. 53 Cost.).

La giurisprudenza della Suprema Corte successiva alla pronuncia della Sezioni Unite che nega la “natura giuridica” di area fabbricabile per talune fattispecie

Nonostante la sopra richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, che pareva aver chiarito i vari aspetti della tassazione ICI/IMU delle area fabbricabili di fatto inedificabili, per le fattispecie diverse da quella specifica oggetto di decisione, si sono registrate negli anni succesivi numerose pronunce della stessa Suprema Corte che decidono in modo “non conforme” alla pronuncia delle Sezioni Unite.

Tali pronunce sono tutte caratterizzate da un filo conduttore comune e cioè i giudici di legittimità ritengono illogico ed illegittimo, in quanto contrario al principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), qualificare un terreno come area fabbricabile se sul quel terreno è preclusa ogni possibilità concreta per il privato di esercitare lo jus aedificandi.

In tema di tassazione ICI di aree fabbricabili individuate come tali dal PRG comunale ma destinate a “verde pubblico attrezzato”, in più occasioni la Corte di Cassazione si pronuncia negando la “natura giudica” di area fabbricabile, così precisando: “laddove il piano regolatore generale del Comune abbia destinato una determinata area a verde pubblico attrezzato, tale prescrizione urbanistica sottrae al privato la facoltà di trasformazione edificatoria del bene in quanto rivolto a fruizione pubblica dello spazio con conseguente esclusione della natura edificabile dell'area medesima.” (Cass. n. 25672/2008) (cfr. Cass. n. 4657/2010, Cass. n. 5737/2010, Cass. n. 24098/2010, Cass. n. 1169/2011, Cass. n. 5992/2015).

Allo stesso modo la Suprema Corte si è pronunciata in tema di inedificabilità di fatto in quanto l'area fabbricabile era destinata a “strutture sportive pubbliche”. In tale pronuncia la Corte di Cassazione precisa che in caso di un'area destinata a “centro sportivo” comporta l'attribuzione di un limite di edificabilità minimo e funzionale alla sola realizzazione di strutture collegate a tale destinazione ed impedisce la qualificazione dell'area come “suscettibile di destinazione edificatoria”, dal momento che proprio la sussistenza di tale vincolo preclude al privato tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione (Cass. n.10713/2009).

In evidenza:

Più precisamente cosi si esprime la Suprema Corte: “La locuzione “utilizzazione edificatoria” di cui alla disposizione citata va infatti raccordata con la nozione di edificabilità propria delle leggi e degli strumenti urbanistici e quindi considerata, anche in ragione del significato letterale da attribuire ai due termini, come possibilità per il privato di esercitare il proprio diritto ad edificare, di sfruttare cioè il bene a fini edilizi, eseguendo su di esso, sia pure nell'ambito dei limiti consentiti dal piano, costruzioni ed altre opere di urbanizzazione destinate ad abitazioni ed uffici ed alle strutture ad esse collegate. Ne deriva che la presenza di un vincolo di destinazione di una zona ad attività sportiva, con attribuzione di un limite di edificabilità minimo funzionale alla realizzazione di strutture collegate a tale destinazione, impedisce la qualificazione di tale area come “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, dal momento che proprio la sussistenza di tale vincolo preclude al privato tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione.” (Cass. Civ., n. 10713/2009)

Anche per le aree fabbricabili di fatto inedificabili perché soggetto a “distanze/fasce di rispetto” la Suprema Corte ha disposto in modo analogo (Cass. n. 8609/2011). Più precisamente cosi si esprime la Suprema Corte: “I terreni edificabili inseriti nel PRG soggetti alle fasce di rispetto stradali o ferroviarie sono, ai fini fiscali, equiparabili ai terreni agricoli” (Cass. Civ., n. 8609/2011).

La recente evoluzione della giurisprudenza delle Suprema Corte (2014-2019)

Negli ultimi anni si registra sul punto in esame un “cambio di rotta” da parte della Suprema Corte. Queste nuove pronunce della Corte di Cassazione* sono tutte accumunate dal fatto di ritenere sempre la “natura giuridica” di area fabbricabile del terreno inserito dal Comune nello “strumento urbanistico” come tale, a prescindere dalla sua effettiva edificabilità.

* In evidenza:
Cass. Civ., n. 5161/2014, Cass. Civ., n. 7340/2014, Cass. Civ., n.12499/2014, Cass. Civ., n. 15737/2014, Cass. n.12377/2016, Cass. n.23845/2016, Cass. n.14503/2016, Cass. 118853/2017, Cass. n.13063/2017, Cass. n.18429/2018, Cass. n.21761/2018, Cass. n.27427/2018

In particolare in tali pronunce si precisa che la nozione di area edificabile di cui all'art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 504/1992, non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli di fatto o di diritto che condizionano, in concreto, l'edificabilità del suolo. Sotto il profilo giuridico, quindi, il terreno è e rimane area fabbricabile nonostante la presenza di detti vincoli, i quali possono incidere soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e conseguentemente sulla base imponibile Secondo questo orientamento della Suprema Corte, quindi, “il venir meno della concreta possibilità di utilizzare il volume edificatorio non fa diventare il terreno agricolo (sottoponibile a ICI in base al valore catastale), ma incide solo sulla determinazione della base imponibile, ferma la destinazione edificabile dell'area attribuitale dallo strumento urbanistico generale e la conseguente imponibilità secondo il valore venale” (Cass. ord. n. 17427/2018).

Quindi, queste pronunce conformandosi ai principi espressi dalle Sezioni Unite , sanciscono che i terreni in esame sono e non posso che essere “aree fabbricabili”, con l'effetto che la base imponibile non può più fare riferimento al “valore catastale” tipico dei terreni agricoli, ma deve fare necessariamente riferimento al “valore venale” proprio delle aree fabbricabili.

In conclusione

All'esame dell'excursus giurisprudenziale, appare evidente che la Suprema Corte, dopo anni di contrasti ed incertezza, sia giunta finalmente ad un orientamento univoco. Sul punto non si registrano più sentenze di segno contrario.

L'apparente contrasto con il principio di “capacità contributiva (art. 53 Cost.) delle fattispecie analizzate (aree edificabili di fatto inedificabili) è stato definitivamente scongiurato dalla Corte di Cassazione “spostando” il giudizio di compatibilità a livello della “base imponibile” (che per le aree fabbricabili è il “valore venale”).

In altre parole la questione del rispetto del principio di “capacità contributiva” nelle area fabbricabili è solo una questione di individuazione dell'esatta entità del “valore venale” del terreno valutato in concreto, quindi alla luce di ogni aspetto che incide o meno sulla sua potenzialità edificatoria.

Come precisato in più occasioni dalla Suprema Corte nelle recenti pronunce, se è pur vero che un terreno che viene inserito dallo strumento urbanistico comunale tra le area fabbricabili anche nel caso in cui risulti in concreto inedificabile, acquisisce “natura giuridica” di area edificabile (in quanto astrattamente edificabile), questo non determina necessariamente l'aumento del suo “valore venale” e il conseguente aumento del prelievo tributario, ma determina solo il mutamento del criterio di tassazione da quello c.d “catastale” (tipico dei terreni agricoli) a quello del “valore venale” (tipico delle aree fabbricabili).

Quindi, riprendendo i due criteri guida sanciti dalle Sezioni Unite nella sentenza Corte di Cassazione, del 28 settembre 2006, n. 25506, ai quali tutte le nuove pronunce della Suprema Corte fanno riferimento, si posso trarre i seguenti principi ormai consolidati.

I) “Sulla questione della natura giuridica del terreno”:

Il terreno inserito nello strumento urbanistico tra le aree fabbricabili diviene giuridicamente un terreno edificabile anche se sono presenti vincoli che impediscono in concreto l'utilizzo edificatorio dello stesso e pertanto soggetto al criterio del “valore venale” per la determinazione della base imponibile.

II) “Sulla questione della quantificazione della base imponibile:

È evidente che non tutte le aree fabbricabili hanno lo stesso valore venale, l'astratta edificabilità di un terreno non comporta ai fini della valutazione fiscale, l'equiparazione sic et simpliciter ad un terreno che può essere immediatamente edificato senza vincoli. Usando le parole della Suprema Corte, “l'equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi "non inedificabili", non significa che queste abbiano tutte lo stesso valore. Pertanto, “se i criteri di calcolo vengono applicati correttamente, il contribuente subirà un prelievo che non sarà mai superiore a quello giustificato dal reale valore del bene posseduto” (Cass. Civ., sez. un., 28 settembre 2006, n. 25506.).

Quindi, la Corte di Cassazione ci spiega che la corretta tassazione ICI/IMU di un'area fabbricabile è tutta una questione sulla corretta individuazione dello specifico valore venale del terreno, nel senso che il prelievo tributario sarà compatibile al principio di capacità contributiva solo quanto la base imponibile sarà pari all'effettivo valore venale del terreno, valutato ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992, quindi alla luce della sua reale potenzialità edificatoria o di altro utilizzo ammesso.

La Suprema Corte con le pronunce in esame ci vuole dire che per tassare un terreno astrattamente edificabile nel rispetto del principio di capacità contributiva, risulta necessario quindi, individuare in concreto l'esatto valore venale (di mercato) di quel terreno in quel determinato anno d'imposta.

L'applicazione concreta di detti principi ci porta a concludere che il terreno edificabile, ma di fatto inedificabile perché destinato ad esempio a “verde pubblico attrezzato” dal medesimo strumento urbanistico, potrebbe anche avere un valore venale pari o vicino allo “zero”, se detto terreno non ha nessuna appetibilità sul mercato perché è stato definitivamente destinato a “verde pubblico attrezzato”. Allo stesso modo un terreno di fatto inedificabile perché soggetto a “distanze/fasce di rispetto” ad esempio alla ferrovia potrebbe avere un valore venale pari al valore venale dei terreni agricoli della zona essendo in questo caso preclusa ogni attività edificatoria, ma non preclusa l'attività agricola sul medesimo fondo. Facendo un ulteriore esempio, l'area fabbricabile di fatto inedificabile perché soggetta a “vincolo idrogeologico” potrebbe avere un valore venale determinato dall' aspettativa che detto vincolo venga in un secondo momento rimosso dalle autorità competenti (anche a seguito di realizzazione di opere pubbliche) e quindi sia consentito, non oggi, ma fra qualche anno, lo jus aedificandi.

Questi esempi per far capire che, come espressamente sancito dalla Suprema Corte a Sezioni Unite “se i criteri di calcolo vengono applicati correttamente, il contribuente subirà un prelievo che non sarà mai superiore a quello giustificato dal reale valore del bene posseduto” (Cass. Civ., sez. un., del 28 settembre 2006, n. 25506).

Bisogna rilevare che se dal punto di vista pratico l'individuazione dell'effettivo valore venale risulta non sempre agevole e di facile determinazione, la Suprema Corte non poteva concludere diversamente se voleva dare una lettura delle norme costituzionalmente orientata alla luce delle norme di interpretazione autentica nel frattempo emanate dal Legislatore (Art. 11-quarterdecies, comma 16, D.L. n. 203/2005 e art. 36, comma 2, D.L. n. 223 del 04 luglio 2006.)

Di sicuro questi criteri non faranno diminuire il contenzioso ICI/IMU sulle aree fabbricabili che avrà come “campo di battaglia” non più la natura giuridica del terreno, ma l'individuazione dell'effettivo valore venale del terreno, in quanto è nota la prassi degli Enti locali di stimare il valore venale delle aree fabbricabili con valori astratti solo differenziati per zone del territorio che non tengono conto delle peculiarità dello specifico terreno (secondo quanto disposto dall'art. 59, lett. g), D.Lgs. n. 446/1997 che dispone che, i comuni “possono determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l'imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l'insorgenza del contenzioso”).

Almeno ora gli operatori hanno finalmente chiaro che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte l'aspetto da sviscerare per la corretta tassazione ICI/IMU delle aree fabbricabili, è solo una questione di valore.


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