Il danno non patrimoniale nella class action tra astratta possibilità e rischi operativi
06 Giugno 2019
IL CASO Tutto partì dai disservizi che si erano verificati nel 2012 allorquando andò in tilt il servizio informatico di una società di trasporto ferroviario rendendo la vita difficile alle migliaia di pendolari che subirono ritardi, cancellazioni dei treni senza avere informazioni tempestive e precise sulla situazione che li coinvolgeva. Se l'ultima tappa era stata la vittoria degli aderenti su di una società di trasporti ferroviari condannata a pagare 100 euro per ognuno di quei viaggiatori rispetto a cui la prescrizione non si era verificata, oggi la Cassazione annulla quella condanna rinviando il fascicolo al Giudice di appello.
LE PRECEDENTI PRONUNCE. Il processo di classe aveva visto una prima fase (e, cioè, quella dell'ammissibilità) conclusa con un'ordinanza della Corte di Appello di Milano che, in riforma dell'ordinanza di primo grado, aveva riconosciuto l'omogeneità dei diritti azionati e, quindi, aveva ammesso la percorribilità della class action. Per la Corte di Appello, infatti, «unica non solo è la causa, disfunzione organizzativa della convenuta, ma unico è anche l'inadempimento lamentato, ovvero la non corretta gestione del servizio di trasporto, avente valenza pluri-offensiva sulle singole posizioni individuali, rispetto alle quali esplica comunque in maniera analoga i propri effetti e variamente si atteggia solo in termini di specifica consistenza delle conseguenze pregiudizievoli». «Dunque – proseguiva la Corte di Appello – le singole posizioni dei ricorrenti e dei possibili aderenti alla classe sono certamente omogenee sotto il profilo dell'an e la diversificazione sotto il citato profilo delle specifiche conseguenze non fa venir meno l'omogeneità, potendo al più incidere sul quantum spettante a ciascuno ed essendo espressamente previsto a riguardo il ricorso oltre che alla liquidazione equitativa , anche all'applicazione di rigidi e predeterminati criteri oggettivi di calcolo». Dopo il via libera dell'ammissibilità dell'azione, il processo era giunto alla sentenza della Corte di Appello (di merito la cui impugnazione ha dato origine alla sentenza qui in commento) che aveva riconosciuto su di una società di trasporti ferroviari responsabile condannandola a versare, oltre l'indennizzo, un risarcimento danno non patrimoniale per aderente pari a 100 Euro. Ma nuovamente la questione dell'omogeneità dei diritti azionati viene esaminata questa volta, però, con riferimento alla questione del danno non patrimoniale sollevata dalla società di trasporti con il proprio ricorso per cassazione.
DANNI NON PATRIMONIALI COMPATIBILI CON LA CLASS ACTION… A tal proposito la Suprema Corte mette l'accento sulle peculiarità del danno non patrimoniale nell'azione di classe: ed infatti, in questi casi, il giudice di merito deve accertare che «le situazioni soggettive lese e i diritti concretamente pregiudicati (di necessaria rilevanza costituzionale [così come affermato dalle Sezioni Unite nel 2008]) siano caratterizzati (non solo dalla gravità e serietà della relativa lesione, bensì anche) dall'essenziale requisito della relativa omogeneità» (ex art. 140-bis TU Consumo). Per la Cassazione, quindi, se il singolo consumatore intende far valere il proprio diritto al risarcimento del danno non patrimoniale dovrà valutare attentamente la propria strategia a seconda che voglia, per così dire, “accontentarsi” di una forfettizzazione del danno oppure abbia interesse ad un accertamento “su misura” (ovvero personalizzato) del danno. Ed infatti, non vi è dubbio che in linea generale ed astratta non vi sia nessuna preclusione a poter dedurre in un processo di classe i danni non patrimoniali, ma non quando occorrono «accertamenti calibrati su specifiche situazioni personali» ovvero quando occorra soffermarsi «sulla consistenza specifica della sfera emotiva o dell'esperienza dinamico-relazione di singoli danneggiati».
… A PATTO CHE… Ecco allora che «l'azione di class action rimane pur sempre compatibile con la rivendicazione della tutela risarcitoria dei danni non patrimoniali là dove questi ultimi siano tuttavia posti rigorosamente in risalto i tratti in qualche modo comuni a tutti i membri della classe (purché adeguatamente specificati e comprovati) con la conseguenza che l'originario proponente ha l'onere di domandare la riparazione di un danno non patrimoniale che non sia individualizzato, ma sia fondato su circostante comuni a tutti i membri della classe». Diversamente, quando «le doglianze dei danneggiati siano tali da non lasciare prefigurare la possibilità di una valutazione tendenzialmente standardizzata anche delle relative conseguenze pregiudizievoli (sia per quel che specificamente riguarda l'an che il quantum del danno) il meccanismo della tutela di classe deve ritenersi per ciò stesso impraticabile». Per la Suprema Corte, quindi, è stato inevitabile cassare la sentenza della Corte di Appello di Milano per non aver svolto quei passaggi necessari per poter, prima accertare l'esistenza del danno non patrimoniale e, poi, se quel danno fosse causalmente collegato con la condotta e, soprattutto, se il danno superasse il limite minimo del mero disagio che occorre(rebbe) sopportare in nome dell'art. 2 Cost. ed infine se fossero i pregiudizi caratterizzati dall'omogeneità richiesta dalla norma.
ADESIONE ALL'AZIONE DI CLASSE E INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE. Un'ulteriore importante questione affrontata dalla Suprema Corte riguarda la prescrizione del diritto al risarcimento: ed infatti, l'Associazione Altroconsumo aveva proposto anch'essa ricorso avverso la sentenza della Corte di appello con riferimento alla prescrizione di molte posizioni. Tuttavia, per la Suprema Corte la normativa in materia di prescrizione derivante da inadempimento del contratto di trasporto è stata correttamente applicata dai giudici di merito dal momento che le prestazioni contestate ad una società di trasporti ferroviari (in termini di protezione, assistenza e informazione degli utenti) devono ritenersi di carattere accessorio con conseguente applicazione del termine annuale di prescrizione che non è certamente incompatibile con il diritto comunitario (come era stato ipotizzato dalla ricorrente). E ciò anche perché, come ha osservato la Suprema Corte si tratta «di un termine prescrizionale inevitabilmente connesso alla coerente regolamentazione di un complesso meccanismo processuale (coinvolgente un numero astrattamente indefinito di parti), in ogni caso dotato di effettiva e sperimentata congruità temporale e tale da non sottrarre all'interessato, ove ritenuta più opportuna o congeniale, la scelta per una diversa strada processuale, ovvero per l'attivazione del più agevole strumento interruttivo della prescrizione attraverso l'inoltro di un'ordinaria costituzione in mora».
(Fonte: dirittoegiustizia.it) |