Quando è possibile impugnare il lodo arbitrale?
07 Giugno 2019
Il caso. La sentenza in commento ha origine dalla pronuncia della Corte d'appello di Firenze che, chiamata a decidere sulla validità di un lodo arbitrale in materia societaria, ha rigettato l'impugnativa non ravvisando la violazione di norme di diritto sostanziale nella fase arbitrale e quindi nel lodo stesso. La società ricorrente, per contro, ha sostenuto l'erroneità della pronuncia della Corte territoriale che non avrebbe valutato la data di inserzione della clausola arbitrale nello statuto societario e quindi l'applicazione, nel caso di specie, della previsione normativa di cui all'art. 829 c.p.c. ante riforma del 2006, il quale prevedeva un diverso e maggiore ambito di impugnazione del lodo anche per violazione delle disposizioni asseritamente violate. Tale tesi viene accolta dalla Cassazione che rinvia alla Corte d'appello esprimendo il principio di diritto riportato nella massima di cui sopra.
Arbitrato societario e impugnativa del lodo. Secondo quanto visto in precedenza, la questione oggetto del provvedimento in commento attiene ai limiti e alle condizioni alle quali è possibile impugnare un lodo arbitrale. Sul punto, va premesso che il caso di specie trova la propria regolamentazione nell'art. 36 d.lgs. n. 5/2003; art. 36 per il quale, anche se gli arbitri sono chiamati a decidere secondo equità, devono comunque decidere secondo diritto, a norma dell'art. 829, comma 2, c.p.c. Il tema controverso è dettato dal fatto che l'originario testo dell'art. 829 c.p.c. prevedeva che, salvo deroghe convenzionali, i lodi arbitrati fossero sempre impugnabili per violazione di norme di diritto sostanziale, mentre il nuovo testo (introdotto dall'art. 24 d.lgs. n. 40/2006), prevede all'opposto che l'impugnazione dei lodi arbitrali per violazione di norme di diritto sostanziale è ammessa solo se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. In concreto – così afferma il Supremo Collegio – ciò equivale a dire che il silenzio delle parti stipulanti rendeva in origine impugnabile il lodo arbitrale anche per violazione di norme sostanziale, mentre ora in base al terzo comma dell'art. 829 c.p.c. non è possibile.
La ratio della riforma del 2006. La "nuova" regola introdotta dal legislatore del 2006 di escludere, in via generale, l'impugnabilità del lodo arbitrale per error in iudicando (restano, ovviamente, salvi i rimedi per error in procedendo, così come quelli tipizzati al primo comma dell'art. 829 c.p.c.), rappresenta un punto di equilibrio fra: a) la valorizzazione dell'autonomia privata, poiché si stabilisce che spetti alla libera scelta dei contraenti se rendere impugnabile, o meno, il lodo per tale tipo di vizio; b) l'irrobustimento della reciproca fiducia fra le parti, poiché si prevede che i contraenti, almeno "di norma", confidino nella giustezza e nella correttezza del lodo, tanto da escludere la sua impugnabilità; c) l'introduzione di elementi di deflazione del carico giudiziario civile; d) la salvaguardia di un accertamento giurisdizionale della nullità del lodo esteso anche agli errori di diritto (con eventuale, conseguente, giudizio rescissorio) attraverso la pattuizione ad hoc.
Da quando si applica la nuova disciplina in tema di arbitrato? La giurisprudenza è pacifica nel riconoscere che l'art. 829, comma 3, c.p.c., come riformulato dall'art. 24 d.lgs. n. 40/2006, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui all'art. 27 d.lgs. n. 40 cit., a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l'entrata in vigore della novella. Peraltro, per stabilire se sia ammissibile l'impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge – cui l'art. 829, comma 3, c.p.c., rinvia – va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato, sicché, in caso di convenzione cd. di diritto comune stipulata anteriormente all'entrata in vigore della nuova disciplina, nel silenzio delle parti deve intendersi ammissibile l'impugnazione del lodo, così disponendo l'art. 829, comma 2, c.p.c., nel testo previgente, salvo che le parti stesse avessero autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile.
Il raccordo tra disciplina speciale e disciplina di diritto comune in tema di arbitrato. Operando un coordinamento tra le due normative sopra menzionate, può affermarsi, secondo la linea dettata dalla Cassazione, che in caso di clausola compromissoria societaria inserita nello statuto prima della riforma del 2006 – come nel caso di specie – è ammissibile l'impugnativa del lodo arbitrale per errores in iudicando ove gli arbitri, per decidere, abbiano conosciuto questioni non compromettibili ovvero quando l'oggetto del giudizio sia costituito dalla validità delle delibere assembleari, secondo la previsione, appunto, di cui all'art. 36 d.lgs. n. 5/2003.
Oggetto dell'arbitrato ed impugnativa del lodo. La peculiarità della vicenda riguardava il fatto che non si discuteva della validità o meno di delibere assembleari – per la quali l'impugnativa per violazione di regole di diritto sarebbe stata certa – ma la validità delle sottoscrizioni degli aumenti di capitale. Ciò pone quindi il problema, considerando il rinvio che fa l'art. 36 d.lgs. n. 5/2003 all'art. 829, di individuare la natura di tale rinvio: se da intendere in senso materiale (ossia al precedente testo) o in senso formale (e dunque al nuovo testo). Nel caso di specie, gli arbitrati hanno deciso conoscendo questioni “compromettibili” e che non attengono alla validità di delibere assembleari e, per tale aspetto, anche in ragione della disciplina transitoria, il lodo soggiace alla possibilità di impugnativa secondo il vecchio testo dell'art. 829, c.p.c., dovendo quindi considerare la data di stipula della convenzione di arbitrato.
Arbitrato societario e arbitrato di diritto comune. Secondo, quindi, le argomentazioni di cui sopra e secondo quanto riferito dal Suprema Collegio, in ambito societario, anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, quando per decidere essi abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l'oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari, gli arbitri medesimi debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell'art. 829, comma 2, c.p.c.: ma ciò solo se risulta provato o non contestato che la convenzione di arbitrato sia antecedente al 2006. Ad analoga conclusione si arriva in caso di argomenti “compromettibili”, in quando i lodi resi sulla base di una clausola conclusa prima della riforma del 2006 possono sempre essere impugnati per lamentare un error in judicando del tribunale arbitrale.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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