Riparto dell'onere probatorio nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e principio di non contestazione
10 Giugno 2019
Massima
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il generale principio dell'inversione della posizione processuale delle parti, operante anche quanto al riparto dell'onere della prova tra le stesse, deve essere coordinato con il principio di non contestazione, sicché il creditore non è tenuto a dimostrare i fatti costitutivi della pretesa che non siano stati specificamente contestati dal debitore in sede di opposizione. Il caso
Una società chiedeva ed otteneva provvedimento monitorio nei confronti di un'altra, sulla scorta di una fattura, emessa per la vendita di un'apparecchiatura medica. La debitrice proponeva opposizione all'ingiunzione di pagamento deducendo, ex art. 1460 c.c., l'avverso inadempimento, poiché la parte creditrice opposta, che era utilizzatrice in leasing di tale apparecchiatura, non avrebbe riscattato il bene in questione, condizione necessaria affinché essa opponente potesse, a propria volta, alienarlo a soggetti terzi. Nel costituirsi in causa, la convenuta opposta dimostrava sia di avere invece riscattato l'apparecchiatura concessa in leasing sia che la stessa era stata poi ceduta a titolo oneroso dalla stessa debitrice opponente ad altra società. La creditrice chiedeva, pertanto, il rigetto dell'opposizione, con condanna ex art. 96 c.p.c. dell'altra parte. Il Tribunale adito, previa concessione ai sensi dell'art. 648 c.p.c. dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo, rigettava l'opposizione.
La questione
La questione processuale attiene, sul piano pratico, alle modalità con le quali si coordina il generale principio dell'inversione dell'onere probatorio tra le parti nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo con il principio che impone una specifica contestazione dei fatti ex adverso dedotti sancito dall'art. 115 c.p.c. Le soluzioni giuridiche
La pronuncia in commento richiama il consolidato principio in virtù del quale il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non ha ad oggetto la legittimità del provvedimento concesso quanto la sussistenza o meno della pretesa creditoria che, peraltro, trattandosi di un giudizio a cognizione piena ed esauriente, deve essere accertata mediante gli ordinari mezzi istruttori e non in forza della documentazione di provenienza unilaterale che, eccezionalmente, stante l'art. 634 c.p.c., è ammessa nella fase sommaria inaudita altera parte del procedimento. Ad esempio, le fatture commerciali costituiscono senz'altro prove idonee ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo ed anche nel giudizio di opposizione, pur costituendo la fattura solo una dichiarazione partecipativa all'altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, quando tuttavia tale rapporto, per esplicita ammissione o per assunzione di una difesa incompatibile con il disconoscimento, non sia contestato tra le parti, la fattura ben può costituire un valido elemento di prova quanto alle prestazioni eseguite ed al relativo ammontare. Tuttavia nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, laddove il destinatario della fattura ne abbia contestato e ne contesti anche parzialmente il contenuto, essa, in quanto atto unilaterale, non può costituire prova a favore dell'emittente dei limiti della prestazione e del relativo compenso oggetto della contestazione. In sostanza, quindi, nel giudizio di opposizione, l'onere della prova del fatto costitutivo del diritto di credito consacrato dal decreto ingiuntivo continua a gravare ex art. 2697 c.c. sul ricorrente, in virtù della domanda di pagamento da questi proposta e la formazione del convincimento del giudice sarà nuovamente regolata, agli effetti della decisione in merito all'opposizione, dalle norme vigenti in un giudizio ordinario di cognizione. In sostanza, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si verifica un'inversione della posizione processuale delle parti, mentre resta invariata la posizione sostanziale, nel senso che si apre un ordinario giudizio di cognizione, nel quale ciascuna delle parti viene ad assumere la propria effettiva e naturale posizione, risultando a carico del creditore-opposto, avente in realtà veste di attore per aver chiesto l'ingiunzione, l'onere di provare l'esistenza del credito, ossia i fatti costitutivi dell'obbligazione posta a fondamento del decreto ingiuntivo, ed a carico del debitore-opponente, avente la veste di convenuto, quello di provare eventuali fatti estintivi, modificativi o impeditivi. Tale principio – che va integrato avendo riguardo alla necessità che in tale giudizio, a differenza di quanto avviene nella fase monitoria, il giudice deve utilizzare, per fondare il proprio convincimento le prove di cui agli artt. 199 e ss. c.p.c. e non già quelle “speciali” che consentono di ottenere il decreto ingiuntivo ex artt. 634 e ss. c.p.c., che potranno al più assumere valenza indiziaria – deve peraltro coordinarsi con quelle che sono le contestazioni spiegate dalla parte opponente. A riguardo possono verificarsi diverse situazioni che rendono, anche ai fini della valutazione preliminare sulla concessione della provvisoria esecuzione del decreto monitorio, particolarmente delicata la valutazione del giudice che deve essere il frutto di un delicato coordinamento tra le richiamate regole generali. Così, se ad esempio il debitore opponente contesta l'esistenza stessa del rapporto che è stato documentato in sede di ingiunzione mediante la produzione di una mera fattura commerciale, il creditore è tenuto a dimostrare puntualmente i fatti costitutivi della propria pretesa, mediante le prove documentali o costituende previste dal codice di procedura civile e si assume il rischio della cd. mancata prova. Qualora, invece, il debitore opponente contesti in modo generico l'esistenza del rapporto con il creditore opposto che ne abbia tuttavia documentato la ricorrenza sin dalla fase monitoria mediante la produzione di documentazione proveniente anche dallo stesso attore opponente, la contestazione può considerarsi ex art. 115 c.p.c. tamquam non esset, sostanzialmente invertendo l'onere probatorio e ponendolo a carico dell'attore opponente. Parimenti, considerato che il richiamato principio generale sul riparto degli oneri istruttori nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo implica, avendo riguardo alla regola generale espressa dall'art. 2697 c.c., che il creditore sia tenuto a dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa, mentre il debitore ha l'onere di provare i fatti modificativi, estintivi, od impeditivi della stessa, ove l'opponente si limiti a dedurre uno di tali fatti, senza quindi contestare, almeno specificamente, quelli posti a fondamento della domanda del creditore, sarà onerato della relativa prova quale convenuto in senso sostanziale.
Osservazioni
Alla luce di quanto sinora evidenziato, deve condividersi la soluzione alla quale è pervenuto il tribunale di Crotone rigettando l'opposizione proposta dal debitore. Infatti la società attrice in opposizione non aveva contestato l'avvenuta vendita dell'apparecchiatura medica rispetto alla quale era sorto il credito bensì, esclusivamente, l'avverso inadempimento costituito dal riscatto di tale bene, da parte della venditrice che ne era utilizzatrice in forza di un contrato di leasing. Tale fatto si configurava come eccezione impeditiva rispetto al sorgere della pretesa creditoria e peraltro avrebbe dovuto essere oggetto di prova da parte della stessa opponente. Per questa ragione, probabilmente, una volta prodotta la documentazione attestante il riscatto e lo stesso trasferimento del bene da parte dell'opponente ad altra società, il tribunale concedeva già in limine litis la provvisoria esecuzione del decreto, constatata la valenza meramente dilatoria dell'opposizione proposta in quanto fondata su circostanze puntualmente smentite dalla convenuta opposta.
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