Pubblicazione della sentenzaFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 133
10 Giugno 2019
Inquadramento
L'esistenza della sentenza civile emessa all'esito di un giudizio trattato con le forme del rito ordinario è determinata dalla sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunziata (art. 133 c.p.c.). Attraverso il deposito, dunque, la sentenza viene pubblicata: da tale momento diviene immodificabile da parte del giudice che l'ha emessa, produce i suoi effetti propri e decorre il termine lungo (semestrale) per le impugnazioni ordinarie. Rimangono, invece, estranei al procedimento di deposito e pubblicazione, gli adempimenti successivi del cancelliere, ovvero l'invio entro 5 giorni dal deposito del biglietto di cancelleria contenente il testo integrale della sentenza alle parti costituite. Dalla comunicazione del biglietto di cancelleria decorre invece il termine per la proposizione del regolamento di competenza e per l'eventuale riassunzione della causa innanzi al giudice competente. Con l'avvio a regime del processo civile telematico – da individuarsi nell'entrata in vigore delle regole e specifiche tecniche dettate (artt. 15, 16 e 34) dal regolamento contenuto nel d.m. della Giustizia 2011 n. 44 emanato per l'adozione nel processo civile delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e succ. mod. ai sensi del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 febbraio 2010 n. 24 – normalmente la sentenza è redatta in formato elettronico e depositata direttamente dal giudice estensore mediante l'invio telematico del documento al server in uso alla cancelleria, la quale provvede ad accettarne il deposito e a comunicare il biglietto di cancelleria a mezzo PEC alle parti costituite. Con il deposito telematico della sentenza, viene a mancare quel passaggio materiale contemplato nel procedimento di pubblicazione di cui all'art. 133 c.p.c.: ovvero la consegna della sentenza da parte del giudice al cancelliere che vi appone la data e la firma. Se, dunque, in via di prima approssimazione, può affermarsi che la data di pubblicazione della sentenza cartacea normalmente coincide con la data del deposito (id est ai sensi dell'art. 133 c.p.c con la data che il cancelliere appone in calce al provvedimento, nel momento in cui il giudice materialmente consegna la sentenza in cancelleria), in caso di sentenza redatta in formato elettronico, la scissione tra l'attività del magistrato (invio telematico del documento) e l'accettazione telematica da parte della cancelleria è ancora più evidente, se non addirittura fisiologico. Nell'uno e nell'altro caso non sono, comunque, rari in casi in cui la data di pubblicazione della sentenza appare di incerta individuazione. Ciò ha posto e pone rilevanti questioni ai fini dell'individuazione del dies a quo per le impugnazioni ordinarie, per il passaggio in giudicato della statuizione, per l'individuazione del momento a partire dal quale si producono gli effetti della pronuncia (si pensi, ad esempio, alle sentenze dichiarative di fallimento e a quelle di interdizione e inabilitazione, le quali, ai sensi rispettivamente dell'art. 16 l. fall. e dell'art. 421 c.c., producono effetti dal momento della pubblicazione e non già dal loro passaggio in giudicato).
Il deposito e la pubblicazione della sentenza cartacea e digitale
Sin dalla pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 18569 del 22 settembre 2016, si ritiene che il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l'inserimento della sentenza nell'elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati. É solo in tale momento che deve identificarsi quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione. Nessuna rilevanza, di contro, assume il deposito di atti interni, come ad esempio il deposito da parte del giudice di mere minute di sentenze. Parimenti irrilevanti, ai fini dell'individuazione della data della pubblicazione, è la data di deliberazione della sentenza atteso che, quest'ultima, non è un elemento essenziale dell'atto processuale: la sua mancanza, così come la sua erronea indicazione, infatti, non integrano alcuna ipotesi di nullità, ma costituiscono fattispecie di mero errore materiale, come tale emendabile ex artt. 287 e 288 c.p.c. (in questi termini, Cass. civ., sez. V, ord., n. 21806/2017). Così ricostruito il procedimento che conduce alla pubblicazione della sentenza cartacea, occorre domandarsi cosa accade nel caso in cui lo stesso presenti profili di irregolarità o la data apposta dal cancelliere all'atto del deposito (recte: consegna materiale del documento da parte del giudice) sia errata o si assuma non veritiera. In tema, la giurisprudenza ha affrontato il caso della irregolare scissione tra il momento del deposito e quello della pubblicazione, ipotesi che si verifica allorquando in calce alla sentenza vengano apposte due diverse date di deposito. In tali casi, ove a venire in rilievo sia l'accertamento della tempestività dell'impugnazione, il giudice deve verificare – attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all'art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all'impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell'elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo (cfr. Cass. civ., Sez.Un., n. 18569/2016 e, più di recente, Cass. civ., sez. VI-3, ord., n. 20447/2018). A medesime conclusioni deve giungersi ove a venire in rilievo sia l'assunto della parte circa l'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza. Nel caso in cui, invece, si contesti l'erroneità o la non veridicità della data apposta dal cancelliere, occorre muovere dalla premessa per la quale l'attestazione con la quale il cancelliere, ai sensi dell'art. 133, comma 2, c.p.c., dà atto del deposito della sentenza costituisce atto pubblico ex art. 2700 c.c. Ne consegue che essa può essere posta nel nulla solo con la proposizione della querela di falso (Cass. civ., sez. VI-2, ord., n. 31581/2018). In tale ipotesi, quindi, la sentenza – sia ai fini dell'individuazione del dies a quo del termine lungo per impugnare, sia ai fini del suo passaggio in giudicato – deve ritenersi depositata nella data indicata, sia pure erroneamente, dal cancelliere, fino a che non sia attivata, con esito positivo, la procedura di falso. Quanto alla sentenza digitale (quella, cioè, redatta, firmata e depositata digitalmente), si è accennato al meccanismo informatico con il quale si procede alla sua pubblicazione e si è già osservato come, in tal caso, la scissione tra deposito (invio della sentenza da parte del giudice estensore al server di cancelleria) e l'accettazione della cancelleria (che tiene luogo all'attestazione con apposizione di data e firma di cui all'art. 133, comma 2, c.p.c.) sia da ritenersi fisiologico, a differenza di quanto avviene nella pubblicazione della sentenza cartacea (ove la scissione tra data di deposito e pubblicazione costituisce una irregolarità). Gli adempimenti necessari per pervenire alla pubblicazione della sentenza digitale risultano regolati – a seguito dell'adozione dei registri informatizzati – dal d.m. 27 aprile 2009 contenente “Nuove regole procedurali relative alla tenuta del registri informatizzati dell'amministrazione della giustizia”, pubblicato nella G.U. 11 maggio 2009, n. 107, sulla scorta del quale con l'unico adempimento della “pubblicazione” riservato al cancelliere, il sistema provvede all'attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione ai sensi e per gli effetti degli artt. 133, comma 2, e 327, comma 2, c.p.c. (e consente inoltre l'estrazione di copia, cartacea o informatica, da attestarsi conforme da parte dei soggetti abilitati – compresi i difensori a far data dall'agosto 2014). In sostanza, il procedimento di pubblicazione della sentenza digitale si compone di due momenti essenziali: la trasmissione al server della cancelleria del documento digitalmente firmato da parte del giudice; l'accettazione del deposito da parte del cancelliere (secondo le specifiche tecniche proprie del processo civile telematico) cui segue, automaticamente, l'attribuzione del numero identificativo e della data di pubblicazione (individuabili, poi, in stampigliature poste sulla prima pagina – in alto a destra – della sentenza, e comunque verificabili mediante consultazione del registro informatico relativo al fascicolo). Trattasi di un procedimento per fasi che si susseguono senza soluzione di continuità ma da cui deriva la fisiologica scissione dei due effetti della pubblicazione della sentenza:
Anche nel procedimento di pubblicazione della sentenza digitale sono irrilevanti le successive attività di cancelleria da individuarsi nella comunicazione dell'avviso di avvenuto deposito della sentenza a mezzo PEC. Confermata è, poi, la natura di atto pubblico, ex art. 2700 c.c., dell'adempimento con cui il sistema informatico provvede, per tramite del cancelliere, all'attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione (con le conseguenze già viste circa la contrastabilità solo a mezzo querela di falso). Premesso il meccanismo informatico di cui sopra, si comprende perché, come chiarito dalla Suprema Corte, in tema di redazione della sentenza in formato digitale, la pubblicazione, ai fini della decorrenza del termine cd. “lungo” di impugnazione di cui all'art. 327 c.p.c., si perfeziona nel momento in cui il sistema informatico provvede, per il tramite del cancelliere, ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, poiché è da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli interessati.(Cass.civ., sez. VI-L, ord.n.2362/2019).
La pubblicazione della sentenza emessa a seguito di discussione orale
Ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., il Giudice, fatte precisare le conclusioni, quando non provvede a norma dell'art. 190 c.p.c. (trattazione cosiddetta scritta), ordina la discussione orale della causa e pronuncia la sentenza dando lettura in udienza delle ragioni in fatto e in diritto della decisione. La decisione della causa a seguito di trattazione orale ex art. 281-sexies c.p.c. è ammessa anche in grado di appello, giusta la previsione introdotta dall'art. 27, l. 12 novembre 2011, n. 183 e nelle cause di competenza collegiale, ai sensi dell'art. 1 ter, comma 1, ult. periodo, l. n. 89/2001, introdotto dall'art. 1, comma 777, lett. a), l. n. 208/2015. La sentenza emessa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. costituisce parte integrante del verbale dell'udienza nella quale viene letta, sicché la data del suo deposito/pubblicazione coincide con la data dell'udienza di discussione. Ne discende che, quando la sentenza è cartacea, non occorre alcuna attestazione ex art. 133, comma 2, c.p.c. del cancelliere, giacché è con la lettura in udienza e la sottoscrizione del relativo verbale che la sentenza diviene pubblica. Da tale data, dunque, decorre il termine lungo per impugnare, e ciò quand'anche la pronuncia non sia conforme al modello legale. «La sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., integralmente letta in udienza e sottoscritta dal giudice con la sottoscrizione del verbale che la contiene, deve ritenersi pubblicata e non può essere dichiarata nulla nel caso in cui il cancelliere non abbia dato atto del deposito in cancelleria e non vi abbia apposto la data e la firma immediatamente dopo l'udienza. Invero, la previsione normativa dell'immediato deposito in cancelleria del provvedimento è finalizzata a consentire, da un lato, al cancelliere il suo inserimento nell'elenco cronologico delle sentenze, con l'attribuzione del relativo numero identificativo, e, dall'altro, alle parti di chiederne il rilascio di copia (eventualmente, in forma esecutiva)» (Cass. civ., sent., n. 11176/2015). A tale ultimo proposito la Suprema Corte ha precisato che anche nel caso in cui il giudice, decidendo la causa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., abbia dato lettura in udienza del solo dispositivo depositando le motivazioni in un momento successivo, il termine lungo per impugnare decorre dalla data di sottoscrizione del verbale di udienza nella quale è stata data lettura del dispositivo (in questi termini, cfr. Cass. civ., sez. VI-3, ord., n. 19908/2018). Stesso meccanismo di pubblicazione opera con riferimento alle sentenze emesse dal giudice del lavoro ai sensi dell'art. 429, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 53, comma 2, del d.l. n. 112/2008, conv. con modif. dalla l. n. 133/2008. Ove cioè il giudice del lavoro, all'udienza di discussione, decida la causa dando lettura del dispositivo e della ragioni in fatto e in diritto, in analogia allo schema decisorio tratteggiato dall'art. 281-sexies c.p.c., la sentenza viene pubblicata mediante la sottoscrizione del verbale di udienza, con la conseguenza che da tale data decorre il termine lungo per l'impugnazione e il cancelliere è esonerato dall'adempimento relativo alla comunicazione della sentenza alle parti costituite. Di contro, se il giudice del lavoro, nella residuale ipotesi di particolare complessità della controversia, fissi un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito della sentenza, ai sensi dell'art. 430 c.p.c., il termine per impugnare decorrerà dalla comunicazione alle parti dell'avvenuto deposito da parte del cancelliere. L'esonero dalla comunicazione del biglietto di cancelleria di avvenuto deposito della sentenza induce a ritenere che – diversamente da quanto avviene per le sentenze emesse a seguito di trattazione scritta – il termine per proporre regolamento di competenza o riassumere la causa innanzi al giudice competente decorra dalla data dell'udienza in cui viene data lettura della sentenza e si compiono gli adempimenti per la sua pubblicazione (sottoscrizione da parte del giudice del verbale di udienza). Allo stesso modo, la data di pubblicazione della sentenza digitale emessa a seguito di discussione orale ex art. 281-sexies c.p.c. o 429 c.p.c., va individuata nella data dell'udienza in cui è pronunciata e discende dalla sottoscrizione con firma digitale del verbale di udienza. In tal caso, l'attività del cancelliere è necessaria e imprescindibile ai soli fini dall'attribuzione alla sentenza del numero identificativo e per consentirne l'estrazione di copia, ma non anche ai fini della pubblicazione, perfezionandosi, quest'ultima, con la lettura in udienza da parte del magistrato che ne è l'autore.
Riferimenti
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