Contenuto delle categorie di quote: autonomia statutaria e limiti

Francesca Maria Bava
17 Giugno 2019

L'art. 26, comma 2, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, nella sua versione attuale, riconosce anche alle s.r.l. PMI la possibilità nell'atto costitutivo di creare categorie di quote fornite di diritti diversi e di determinarne liberamente il contenuto nei limiti imposti dalle legge.

L'art. 26, comma 2, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, nella sua versione attuale, riconosce anche alle s.r.l. PMI la possibilità nell'atto costitutivo di creare categorie di quote fornite di diritti diversi e di determinarne liberamente il contenuto nei limiti imposti dalle legge.

Come affermato dal Comitato Notarile Triveneto (massima I.N.2) nonché dal Consiglio Notarile di Milano (massima n. 173), l'ampia autonomia statutaria nella determinazione dei “diritti diversi” caratterizzanti le categorie di quote trova anzitutto, quale limite generale in ambito societario, il divieto del patto leonino ai sensi dell'art. 2265 c.c., che preclude la creazione di categorie di quote prive in toto della partecipazione agli utili o alle perdite.

Vi sono, inoltre, limiti speciali, propri delle s.r.l., tra cui il rispetto delle cause inderogabili di recesso ai sensi dell'art. 2473 c.c.

Analogamente a quanto sancito dall'art. 2348 c.c. in tema di categorie di azioni, come sottolineato nella citata massima del Comitato Notarile Triveneto, è necessario che le quote appartenenti alla medesima categoria conferiscano uguali diritti o analoghi obblighi, oneri o soggezioni, potendo il contenuto delle categorie essere non solo attributivo ma anche limitativo.

Al riguardo, oltre a quote di categoria concernenti la limitazione dei diritti di voto, dei diritti di controllo o del diritto di opzione in sede di aumento, è possibile la creazione di categorie di quote con limitazione del regime di circolazione.

Laddove sia prevista l'intrasferibilità tout court o il trasferimento sia subordinato al mero gradimento di organi sociali, di soci o terzi, può essere escluso il diritto di recesso per un termine massimo quinquennale, da intendersi - come affermato anche dal Consiglio Notarile di Firenze (massima 63/2016, ancorché in tema di PMI innovative) - quale limite temporale non derogabile alla luce della lettura coordinata con la disciplina della s.p.a.

Infine, secondo la richiamata massima del Comitato Notarile Triveneto, il contenuto delle categorie di quote non può contrastare con il contenuto di preesistenti particolari diritti ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c., salvo il consenso dei titolari dei medesimi, come sottolineato dal Consiglio Notarile di Milano (massima n. 172).

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