L’impossibilità di un lavoro e lo stato di gravidanza non legittimano l’occupazione abusiva di un immobile

Redazione scientifica
17 Giugno 2019

Non sussiste la scriminante dello stato di necessità quando l'occupazione dell'immobile è stata realizzata in presenza di una temporanea e contingente esigenza abitativa, stante lo stato di gravidanza di una donna e l'invalidità del padre tale da impedirgli di svolgere attività lavorativa.

Sia in primo che in secondo grado, Tizio e Caia erano stati dichiarati colpevoli, in concorso tra loro, del reato di invasione di edificio per avere arbitrariamente invaso l'immobile di proprietà del Comune. Avverso tale pronuncia, gli imputati hanno proposto ricorso in cassazione evidenziando che, nel caso in esame, doveva ritenersi sussistente la scriminante dello stato di necessità di cui all'art. 54 c.p.; difatti, l'occupazione dell'immobile si era verificata in presenza di una temporanea e contingente esigenza abitativa, stante lo stato di gravidanza di Caia e la situazione di indigenza del nucleo familiare, attesa l'invalidità al 100% del padre Tizio tale da impedirgli di svolgere attività lavorativa.

Nel giudizio di legittimità, la S.C. conferma il ragionamento espresso nel provvedimento impugnato. Difatti, l'illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità (art. 54 c.p.) solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona, non potendosi legittimare - nelle ipotesi di difficoltà economica permanente, ma non connotata dal predetto pericolo - una surrettizia soluzione delle esigenze abitative dell'occupante e della sua famiglia. Per meglio dire, lo stato di necessità come scriminante si basa sul principio del bilanciamento degli interessi, in cui uno di essi viene considerato prevalente rispetto agli altri e perciò la condotta, qualora integri tutti i requisiti richiesti dalla norma, non sarà punibile. Per le suesposte ragioni, il ricorso è stato rigettato.

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