Detraibile l'IVA pagata dalle agenzie di lavoro per l'attività di formazione erogata dagli enti di formazione

25 Giugno 2019

Sono responsabile di un'Agenzia per il Lavoro la quale riceve da alcuni Enti delle prestazioni di servizi, nella specie, corsi di formazione, aggiornamento e riqualificazione ai lavoratori in somministrazione, prestazioni, queste, finanziate dal fondo Formatemp, le quali intervengono poi fatturate da detti Enti di Formazione alla Scrivente con applicazione dell'aliquota IVA ordinaria. L'Agenzia delle Entrate ha notificato avviso di accertamento con cui ha ritenuto che il meccanismo di organizzazione dei corsi appena delineato configuri il finanziamento, erogato da Formatemp a copertura dei costi dei corsi di formazione, come una cessione di denaro e, pertanto, fuori dal campo di applicazione dell'Iva ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a) del d.P.R. n. 633/1972.Di conseguenza, in base all'articolo 19, comma 2 del d.P.R. 633/1972, non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni o servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta. L'Amministrazione, in specie, ha asserito che “pertanto, si deve ritenere che il diritto alla detrazione dell'Iva assolta per rivalsa è limitata alle ipotesi in cui i beni ed i servizi acquistati siano impiegati per l'effettuazione, a valle, di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto. Inoltre, va ricordato come pur afferendo i corsi di formazione all'attività caratteristica della Società, non si configura quel nesso immediato e diretto tra il sostenimento dei costi per la formazione e l'attività di somministrazione del personale. Tanto è vero che tali ultimi costi non vengono certamente considerati al fine di determinare il corrispettivo dovuto dal cliente utilizzatore per la somministrazione del personale, ma vengono invece coperti dal contributo erogato dall'ente Formatemp”. Sulla scorta di tale motivazione, l'Ufficio ha recuperato l'IVA che avevamo detratto. Vi sono presupposti per contestare l'avviso?
Analisi normativa

Sono responsabile di un'Agenzia per il Lavoro la quale riceve da alcuni Enti delle prestazioni di servizi, nella specie, corsi di formazione, aggiornamento e riqualificazione ai lavoratori in somministrazione, prestazioni, queste, finanziate dal fondo Formatemp, le quali rvengono poi fatturate da detti Enti di Formazione alla Scrivente con applicazione dell'aliquota IVA ordinaria. L'Agenzia delle Entrate ha notificato avviso di accertamento con cui ha ritenuto che il meccanismo di organizzazione dei corsi appena delineato configuri il finanziamento, erogato da Formatemp a copertura dei costi dei corsi di formazione, come una cessione di denaro e, pertanto, fuori dal campo di applicazione dell'Iva ai sensi dell'

articolo 2, comma 3, lettera a) del d.P.R. n. 633/1972

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Di conseguenza, in base all'

articolo 19, comma 2 del d.P.R. 633/1972

, non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni o servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta. L'Amministrazione, in specie, ha asserito che “pertanto, si deve ritenere che il diritto alla detrazione dell'Iva assolta per rivalsa è limitata alle ipotesi in cui i beni ed i servizi acquistati siano impiegati per l'effettuazione, a valle, di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto. Inoltre, va ricordato come pur afferendo i corsi di formazione all'attività caratteristica della Società, non si configura quel nesso immediato e diretto tra il sostenimento dei costi per la formazione e l'attività di somministrazione del personale. Tanto è vero che tali ultimi costi non vengono certamente considerati al fine di determinare il corrispettivo dovuto dal cliente utilizzatore per la somministrazione del personale, ma vengono invece coperti dal contributo erogato dall'ente Formatemp”. Sulla scorta di tale motivazione, l'Ufficio ha recuperato l'IVA che avevamo detratto. Vi sono presupposti per contestare l'avviso?

La posizione dell'Amministrazione si basa su un'erronea lettura ed interpretazione dell'art. 19, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972.

In considerazione della vigente formulazione dell'art. 19, comma 1, ai fini della sussistenza del diritto di immediata detrazione, rimane imprescindibile il requisito dell'inerenza dell'acquisto (di un bene o di un servizio) da parte del soggetto passivo, per il quale l'imposta è assolta o dovuta o addebitata a titolo di rivalsa, rispetto all'esercizio di impresa, arte o professione ed è, conseguentemente, necessario che si realizzi uno specifico nesso di attinenza che dimostri la riconducibilità dell'acquisto all'attività medesima.

In tale contesto si innesta il comma 2 dell'art. 19, del d.P.R. n. 633/1972. Se la vigente disciplina conferma l'applicazione del principio della detrazione immediata (comma 1 dell'art. 19 del d.P.R. n. 633/1972), quale effetto giuridico dell'acquisto, senza dover attendere l'effettivo utilizzo del bene o del servizio, occorre allora individuare il nesso tra questo principio e quello del concetto di “afferenza” (degli acquisiti ad operazioni esenti o non soggette all'imposta), di cui al novellato art. 19, comma 2, in quanto esso postula l'indetraibilità dell'IVA relativa all'acquisto o importazione dei beni e dei servizi.

Sul piano ermeneutico l'approccio più aderente alla littera legis ed alla ratio dell'art. 19, commi 1 e 2, è quello di considerare il concetto di “afferenza” corrispondente alla nozione di “destinazione prospettica” dell'acquisto di beni e servizi ad operazioni che conferiscono il diritto (o meno) alla detrazione dell'imposta.

Seguendo tale direttrice, nonostante il principio della detrazione immediata di cui al comma 1 dell'art. 19 del d.P.R. citato, già al momento dell'acquisto il soggetto passivo deve valutare se lo stesso (l'acquisto) si riferisce in via prospettica ad operazioni esenti o escluse ed in tale fattispecie la detrazione non è consentita ab origine.

Siffatta valutazione deve essere svolta sulla base di un criterio oggettivo o, comunque, suscettibile di un riscontro in sede di (eventuale) accertamento, al fine di evitare che la destinazione prospettica sia subordinata ad una mera dichiarazione di intenti da parte del soggetto passivo, svincolata da qualunque parametro oggettivo.

Al contrario, la destinazione medesima, lungi dall'essere un elemento esclusivamente soggettivo, deve essere necessariamente collegata all'attività esercitata ed alla natura del bene acquistato, dai quali può desumersi una destinazione di tale acquisto.

Stante quanto innanzi, ne consegue, pertanto, come la categoria di “operazioni non soggette all'imposta” sia senza dubbio alquanto ampia ed eterogenea, suscettibile di ricomprendere anche fenomeni non riconducibili propriamente al concetto di “operazione”, posto che questo ultimo si riferisce, nel sistema dell'IVA, alle sole fattispecie di cessioni di beni e di prestazioni di servizi indicate, rispettivamente, negli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 633/1972.

Non sembra azzardato potersi affermare che si è in presenza di “operazione non operazione” quando la stessa, pur inerente all'attività, non è oggetto di specifico fatturato e per la quale il soggetto che la effettua riceve contributi; tale operazione non può considerarsi esclusa ai sensi del comma 2 dell'art. 19 del d.P.R. n. 633/1972, proprio perché, ai fini Iva, non si configura alcuna operazione.

Siffatta conclusione trova avallo in quanto affermato nella Relazione al D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, secondo cui “per quanto attiene all'indetraibilità dell'imposta stabilita in via generale dal comma 2, è da porre in evidenza che nell'ampia locuzione "operazioni non soggette all'imposta" rientrano anche quelle escluse dal campo di applicazione del tributo, intendendo per tali sia quelle che sono oggetto di specifiche disposizioni di legge (contenute ad esempio negli articoli 2, 3, etc) sia quelle che non rientrando nel campo IVA per mancanza di almeno uno dei requisiti generali richiesti dal tributo ai fini dell'imponibilità, non sono espressamente menzionate nel testo normativo. Il rifiuto della detrazione postula che si configurino le descritte ipotesi e non le operazioni indirettamente e funzionalmente ricollegabili ad altre operazioni imponibili o dalla legge considerate tali. Così, ad esempio, deve ritenersi detraibile l'imposta su consulenze tese ad attuare una riorganizzazione dell'assetto societario o a pervenire ad una transazione, ad ottenere un risarcimento danni afferenti beni o attività dell'impresa, come pure l'imposta relativa a beni dati in comodato a clienti sempre che naturalmente il tutto si inquadri nell'ordinaria attività dell'impresa volta a porre in essere operazioni che danno diritto a detrazione”.

La preclusione del diritto alla detrazione non opera, secondo quanto precisato dalla Relazione Governativa al citato Decreto Legislativo, qualora l'IVA sia pagata per l'acquisizione di beni e servizi afferenti le operazioni non soggette a tale imposta ma indirettamente e funzionalmente connessi ad (altre) operazioni imponibili.

Tale chiarimento è stato recepito dalla stessa Amministrazione finanziaria la quale, con Circolare 24 dicembre 1997 n. 328/E, ha affermato che “come peraltro rilevato nella relazione governativa al decreto legislativo, è da tenere presente che l'anzidetto diniego della detrazione dell'imposta pur concernendo i beni ed i servizi impiegati in operazioni non soggette ad Iva, non s'intende esteso a quelli indirettamente e funzionalmente ricollegabili ad altre operazioni imponibili o ad esse assimilate dalla legge ai fini della detrazione. Si ritiene utile in proposito riportare, a titolo esemplificativo, alcune fattispecie di operazioni indicate nella richiamata relazione governativa a fronte delle quali va riconosciuto il diritto alla detrazione dell'imposta quali "le consulenze tese ad attuare una riorganizzazione dell'assetto societario, o a pervenire ad una transazione, ad ottenere un risarcimento danni afferenti beni o attività dell'impresa, come pure per la concessione di beni in comodato a clienti, sempreché naturalmente s'inquadri nell'ordinaria attività dell'impresa volta a porre in essere operazioni che danno diritto a detrazione". Importanti precisazioni debbono essere altresì fornite in merito al requisito dell'utilizzazione dei beni e dei servizi in operazioni soggette ad imposta che deve sussistere ai fini della spettanza del diritto alla detrazione.

È da chiarire in proposito che, poiché il diritto alla detrazione sorge e continua ad essere esercitato come per il passato, fin dal momento dell'acquisizione dei beni e dei servizi, anche ammortizzabili (detrazione immediata), il contribuente non deve attendere l'effettiva utilizzazione dei beni e dei servizi nella propria attività per stabilire se gli competa e possa o meno esercitare tale diritto, essendo a tal fine sufficiente che i beni ed i servizi siano "afferenti", cioè destinati ad essere utilizzati in operazioni che danno o non danno diritto a detrazione. Naturalmente, deve trattarsi di una destinazione avvalorata oggettivamente dalla natura dei beni e dei servizi acquisiti rispetto all'attività concretamente esercitata dal contribuente. Ciò in quanto se da tale valutazione prospettica scaturisce che i beni ed i servizi medesimi sono normalmente destinati ad essere impiegati in operazioni non soggette all'imposta, il contribuente deve astenersi dall'operare la detrazione dell'imposta inerente ai predetti acquisti”.

L'Agenzia ha, quindi, riconosciuto che il diritto alla detrazione non può essere negato in relazione all'acquisto di beni e servizi collegati ad operazioni esenti o escluse, semprechè ciò si inquadri nell'ordinaria attività di impresa volta a porre in essere operazioni che danno diritto alla detrazione: concessione di beni in comodato ai clienti, consulenze finalizzate ad attuare una riorganizzazione dell'assetto societario o a pervenire ad una transazione, ovvero ad ottenere un risarcimento danni afferente beni o attività dell'impresa.

Elemento essenziale, al fine dell'applicabilità dei principi poc'anzi descritti e del riconoscimento del diritto alla detrazione, è che i beni e/o servizi acquisiti siano destinati all'effettuazione di operazioni imponibili “a valle”, dovendosi invece escludere a prescindere, gli acquisti destinati ad operazioni esenti o escluse dal campo di applicazione dell'IVA.

Sulla base del quadro normativo vigente e delle interpretazioni di esso sopra fornite, ne consegue che:

  • il diritto alla detrazione dell'Iva è riconosciuto nel caso di operazioni ricollegabili direttamente e funzionalmente ad altre operazioni imponibili (detraibilità immediata ai sensi dell'art. 19, comma 1, D.P.R. n. 633/1972);
  • il diritto alla detrazione dell'Iva pagata per l'acquisto di beni o servizi è riconosciuto se tale acquisto, pur essendo collegato ad un'operazione esclusa dal campo di applicazione del tributo, sia comunque afferente, in quanto indirettamente e funzionalmente ricollegabile, ad altra operazione tipica ed imponibile (art. 19, comma 2, d.P.R. n. 633/1972).

Tali conclusioni (detraibilità dell'Iva) valgono anche nel caso di beni e di servizi acquistati dai percettori di un contributo.

Sul punto, si vedano i seguenti documenti di prassi.

In particolare, con specifico riferimento all'erogazione di un contributo pubblico per la realizzazione di un programma formativo per la creazione di figure professionali maggiormente rispondenti alle dinamiche del mondo del lavoro, l'Agenzia, con la Risoluzione n. 183/E dell'11 giugno 2002, ha affermato la non detraibilità dell'Iva sulla base della seguente motivazione: “La norma citata stabilisce, com'è noto, l'indetraibilità dell'Iva relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta. Con tale disposizione, il legislatore ha inteso disporre, in conformità alle norme comunitarie, il divieto generalizzato di detrazione per tutte le operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, salvo le deroghe stabilite dal successivo comma 3 dell'art. 19.

Dal che deriva che, in base ai principi sopra esposti, il contribuente ha diritto a detrarre l'imposta, che gli è addebitata per rivalsa, se i beni e servizi acquisiti sono afferenti ad operazioni imponibili o ad esse assimilate ai fini della detrazione.

Nel caso in esame, si è in presenza di beni e servizi acquisiti per la realizzazione di un programma di interesse generale che dà luogo al percepimento di somme di denaro che, come sopra detto, assumono la natura di movimentazioni finanziarie escluse dal campo di applicazione dell'Iva.

In tale contesto non si verifica, quindi, l'effettuazione a valle di alcuna operazione imponibile o assimilata ai fini della detrazione, non ricorrendo così il presupposto richiesto dalla norma per il riconoscimento del diritto alla detrazione d'imposta.

Pertanto, ai sensi del citato art. 19, comma 2, l'imposta assolta per l'acquisizione dei beni e servizi utilizzati per la realizzazione del programma formativo finanziato con contributo pubblico è da ritenersi indetraibile, poiché tali beni e servizi non sono impiegati per la realizzazione di un'operazione imponibile o assimilata ai fini della detrazione”.

Dal tenore della risposta fornita dall'Amministrazione si evince chiaramente come l'indetraibilità dell'Iva sia stata riconosciuta per assenza di operazioni imponibili “a valle” e non per il fatto che si fosse in presenza della percezione di un contributo: si riporta il passaggio da cui si desume ciò: “In tale contesto non si verifica, quindi, l'effettuazione a valle di alcuna operazione imponibile o assimilata ai fini della detrazione, non ricorrendo così il presupposto richiesto dalla norma per il riconoscimento del diritto alla detrazione d'imposta. Pertanto, ai sensi del citato art. 19, comma 2, l'imposta assolta per l'acquisizione dei beni e servizi utilizzati per la realizzazione del programma formativo finanziato con contributo pubblico è da ritenersi indetraibile, poiché tali beni e servizi non sono impiegati per la realizzazione di un'operazione imponibile o assimilata ai fini della detrazione”.

Siffatta conclusione (indetraibilità dell'Iva per assenza di operazioni imponibili “a valle”, non incidendo su tale aspetto la circostanza dell'avvenuta percezione di un contributo), la si ritrae con chiarezza dalla Circolare n. 46/E del 19 luglio 2007, riferita alla fattispecie di concessione di contributi per impianti fotovoltaici.

Sul punto, l'Amministrazione ha chiarito che “Con riferimento alla normativa interna, occorre richiamare il disposto dell'art. 19, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972, ai sensi del quale "Non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta".

Detta disposizione, che deve essere letta ed interpretata in coerenza con quanto prescritto dall'art. 168 della Direttiva IVA n. 2006/112/CE (sul punto, per tutte, sentenza Cass. civ., Sez. V, n. 4419 del 26 marzo 2003; n. 12756 del 2 settembre 2002; n. 8786 del 27 giugno 2001), riconosce il diritto alla detrazione dell'Iva relativa ai beni e servizi acquistati limitatamente alle ipotesi in cui i beni e servizi medesimi siano impiegati per l'effettuazione di operazioni soggette all'imposta.

Ne consegue, dunque, che la detraibilità dell'IVA pagata all'atto dell'acquisto o della realizzazione dell'impianto fotovoltaico, da parte di un soggetto che agisca nell'esercizio di impresa, arte o professione, non risulta influenzata dalla percezione degli incentivi di cui trattasi ed è, quindi, detraibile nella misura in cui il soggetto utilizzi l'impianto per l'effettuazione di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto”.

Pertanto, l'Amministrazione (in linea con la giurisprudenza comunitaria, sulla quale la Ricorrente si soffermerà nel prosieguo) ha espresso parere favorevole alla detraibilità dell'imposta sugli acquisti a monte a fronte del recepimento di un contributo a “valle”, nella misura in cui il soggetto beneficiario utilizzi i beni ed i servizi per l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta.

Sulla base dei principi comunitari e nazionali, quindi, la detraibilità dell'Iva pagata all'atto di acquisto o della realizzazione dell'impianto fotovoltaico, da parte di un soggetto che agisca nell'esercizio di impresa, non risulta influenzata dalla percezione di incentivi.

Si desume, implicitamente, come la percezione di un contributo o di un incentivo non dia luogo, di per sé sola, ad alcuna operazione attiva in capo al beneficiario rilevando, ai fini della detraibilità dell'Iva, la tipologia delle operazioni attive poste in essere in qualità di cedente o prestatore dallo stesso contribuente destinatario del contributo o dell'incentivo.

Ai fini Iva quello che deve interessare è la prestazione svolta, se questa sia esente, imponibile, esclusa o altro; è sulla prestazione che deve essere fatta l'analisi, non certamente sul contributo.

Sul punto va infatti osservato che la deroga al divieto di detrazione stabilita, per le cessioni di denaro, escluse da Iva ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettera a), dall'art. 19, comma 3, lettera c), si riferisce al soggetto che ha erogato il contributo (e non al soggetto beneficiario), con la conseguenza che l'eventuale indetraibilità, in capo al soggetto beneficiario, deve essere riscontrata esclusivamente in relazione al citato requisito dell'inerenza e, quindi, rispetto alle operazioni attive da quest'ultimo poste in essere.

Il divieto di detrazione previsto dal comma 2 dell'art. 19 del d.P.R. n. 633/1972, riguardante l'Iva assolta sull'acquisto di beni/servizi afferenti operazioni esenti o non soggette, si applica ai soggetti passivi che effettuino, come parte attiva, le predette operazioni e non già, invece, ai soggetti passivi che si pongano quali destinatari delle stesse operazioni.

In conclusione, l'Iva sugli acquisti effettuati per svolgere prestazioni per le quali nulla viene fatturato e per le quali si sono ricevuti contributi, a copertura totale o parziale dei costi, è sempre detraibile, in quanto debbono essere prese in considerazione operazioni attive imponibili poste in essere “a valle”.

Quanto innanzi trova ulteriore approdo nella Risoluzione n. 61/E dell'11 marzo 2009.

Nel caso affrontato dall'Agenzia, un consorzio aveva ottenuto, per il finanziamento dei propri programmi di attività volti ad incentivare la politica agricola nel settore olivicolo, l'erogazione di fondi comunitari in base al Reg. (CE) 29 aprile 2004, n. 865 [abrogato, con effetto dal 1° luglio 2008, dal Reg. (CE) 22 ottobre 2007, n. 1234].

Con l'interpello proposto dal predetto consorzio, ai sensi dell' art. 11 della L. 27 luglio 2000, n. 212 veniva chiesto:

  • se le sovvenzioni di fonte comunitaria percepite fossero qualificabili come contributi a fondo perduto, esclusi da Iva ex art. 2 , comma 3, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972;
  • se, in caso di risposta affermativa, l'Iva assolta sugli acquisti di beni/servizi preordinati alla realizzazione dei programmi agevolati fosse detraibile in virtù dell'esimente ex art. 19, comma 3, lettera c), del d.P.R. n. 633/1972.

In riferimento alla detraibilità dell'Iva assolta “a monte” dal consorzio, l'Agenzia ha ribadito che occorre verificare in concreto l'attività svolta dal soggetto il quale intende esercitare il diritto alla detrazione ed, in particolare, l'assoggettabilità ad Iva delle operazioni attive.

La nota prosegue con l'affermazione di un principio molto importante che ha una duplice valenza:

a) l'esimente dell'art. 19, comma 3, lettera a) del d.P.R. n. 633/1972 non può essere invocata per detrarre l'Iva a monte del consorzio perché la disposizione si applica solo nel caso di soggetti “eroganti” i contributi medesimi;

b) il consorzio istante “riceve” contributi.

Appare evidente come la suddetta affermazione sgombri qualsiasi dubbio circa l'irrilevanza del contributo al fine di determinare l'Iva “legittimamente” detraibile (e rimborsabile).

Infatti, se il contributo fosse stato considerato operazione attiva, la più volte citata esimente avrebbe reso neutrale lo stesso ai fini del calcolo del c.d. pro-rata, atteso che l'operazione sarebbe stata considerata “equiparata” a quelle imponibili.

Poiché l'esimente non può essere invocata, va da sé che il contributo ricevuto, non essendo “operazione attiva”, non deve essere nemmeno considerato nel calcolo del pro-rata che, nel caso di specie ma anche in tutti i casi in cui si ricevono contributi esclusi dal campo di applicazione dell'Iva, sarà determinato tenendo presente esclusivamente le operazioni attive (imponibili, non imponibili ed esenti).

E ciò vale anche se si volesse riconoscere all'esimente la portata di norma che agisce sulla fiscalità di chi riceve il contributo, atteso che, in tale ipotesi, la mancata imponibilità del contributo medesimo non avrebbe comportato l'applicazione del pro-rata.

In senso favorevole alla detraibilità dell'Iva in fattispecie analoghe a quella de qua si è espressa anche la Corte di Giustizia UE, sez. IV, sentenza 23 aprile 2009 (causa C-74/08).

Nella specie, si tratta di valutare se le disposizioni di cui all'art. 17 della Sesta Direttiva (n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977) ostino a che uno Stato membro escluda il diritto alla detrazione dell'Iva per la parte del prezzo di acquisto di un bene finanziato con fondi pubblici.

La Corte, al riguardo, ha precisato che il diritto alla detrazione dell'Iva costituisce, in quanto parte integrante del meccanismo dell'Iva stessa, un principio fondamentale inerente al sistema comune di tale imposta ed, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni.

In evidenza:
Sul punto, tra le altre, la sentenza della Corte di Giustizia UE del 14 settembre 2006, causa C-228/05, in cui si chiarisce che “il diritto alla detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell'Iva e, in linea di principio, attribuisce al contribuente un diritto che può essere soggetto alle sole limitazioni stabilite dalla VI Direttiva. Ne consegue che l'adozione di misura derogatorie in violazione del diritto comunitario non è opponibile da parte dell'amministrazione finanziaria dello Stato membro nei confronti del soggetto passivo, al quale è riconosciuto il diritto di computare il proprio debito Iva verso l'Erario conformemente al disposto dell'art. 17 della VI Direttiva”.

Infatti, qualsiasi limitazione del diritto alla detrazione dell'Iva incide sul livello dell'imposizione fiscale e deve applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri.

Invero, l'art. 17, comma 2, della Sesta Direttiva (n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977) afferma che la detrazione da parte del soggetto passivo, degli importi che gli sono stati fatturati a titolo di Iva per i beni ceduti o i servizi prestati allo stesso, spetta nella misura in cui i beni o i servizi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni soggette ad imposta.

Secondo la Corte “considerata l'interpretazione restrittiva di cui deve essere oggetto in quanto disposizione derogatoria, l'art. 17 n. 6, secondo comma, della sesta direttiva non può essere considerato come norma che autorizza uno Stato membro a mantenere una limitazione del diritto alla detrazione dell'Iva applicabile in maniera generale a qualunque spesa legata all'acquisto di beni, indipendentemente dalla sua natura o dal suo oggetto. Un'interpretazione simile si impone anche alla luce dei lavori preparatori di tale disposizione, che rispecchiano la costante volontà del legislatore comunitario di autorizzare l'esclusione dal regime di detrazione soltanto di taluni beni o servizi, e non esclusioni di carattere generale”.

Sulla base di tali considerazioni, ad avviso della Corte di Giustizia, non è conforme alla normativa comunitaria una normativa nazionale che introduca, per quanto concerne l'acquisto di beni o di servizi finanziati da una sovvenzione, una limitazione al diritto alla detrazione non autorizzato ai sensi dell'art. 17, comma 2 o 6, della Sesta Direttiva.

Relativamente agli effetti di tale violazione del diritto di derivazione comunitaria, la Corte ha sottolineato che “qualora un'esclusione dal regime delle detrazioni non sia stata stabilita conformemente alle disposizioni della Sesta Direttiva, le autorità tributarie nazionali non possono opporre ad un soggetto passivo una disposizione che deroga al principio del diritto alla detrazione dell'Iva”.

Pertanto, “il soggetto passivo cui sia stata applicata una tale misura deve poter ricalcolare il suo debito Iva conformemente all'art. 17, n. 2, della Sesta Direttiva nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini delle operazioni soggette ad imposta”.

Tale decisione non è rimasta isolata.

Con la sentenza del 17 ottobre 2018 relativa alla causa C-249/17 (caso Ryanair), la Corte di Giustizia UE ha riconosciuto il diritto alla detrazione dell'Iva in favore di una società per le prestazioni di servizi di consulenza ricevute al fine di acquisire la totalità delle quote azionarie di una società “target”. La Corte ha considerato irrilevante, a tal fine, la circostanza che l'acquisizione societaria, mediante OPA, non fosse stata effettivamente compiuta (nella fattispecie, il rispetto delle norme in tema di concorrenza aveva impedito il completo acquisto delle quote della società “target”).

Più in generale, la Corte ha ribadito importanti principi relativi alla spettanza del diritto alla detrazione dell'Iva.

La questione affrontata dai Giudici verteva essenzialmente sulla possibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva sulle operazioni “a monte” laddove l'attività economica programmata non risulti effettivamente realizzata e non vi sia, pertanto, l'effettuazione di operazioni “a valle” soggette ad imposta.

Gli Eurogiudici, ripercorrendo i meccanismi sottesi al sistema comune dell'Iva, diretti a garantire la neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, purché le stesse siano, in linea di principio, di per sé soggette a Iva, hanno riconosciuto come
tale sistema consente, da un lato, che sia assicurato il diritto alla detrazione dell'Iva assolta in riferimento alle prime spese di investimento, sostenute dall'imprenditore anche prima che abbia avuto inizio la produzione di un reddito imponibile, e, dall'altro, che tale diritto, una volta nato, sia garantito anche nell'ipotesi in cui l'attività prevista non sia stata realizzata, in tutto o in parte.

In occasione della controversia in commento, la Corte ha riaffermato un altro importante principio in materia di detraibilità dell'imposta, secondo cui la stessa deve essere sempre ammessa quando via sia un nesso “diretto e immediato” con il complesso dell'attività economica del soggetto passivo (e non con le singole operazioni a valle).

Spetta al giudice nazionale verificare la sussistenza del nesso alla luce del contenuto oggettivo delle operazioni rispetto all'attività imponibile del soggetto passivo. Nel caso di specie, i Giudici Europei hanno riconosciuto la detraibilità delle spese di consulenza essendo stato appurato che le stesse, sostenute nell'ambito dell'operazione pubblica di acquisto, risultavano connesse all'obiettivo di effettuare servizi di gestione nei confronti della società partecipata e non erano finalizzate alla mera acquisizione finanziaria della partecipazione.

La società, pertanto, ha agito in quanto soggetto passivo ai fini Iva, godendo del diritto alla detrazione dell'imposta assolta a monte (seppur l'acquisizione della partecipazione sia avvenuta solo parzialmente), venendo meno anche le relative operazioni imponibili.
Le spese sostenute, infatti, presentano un “nesso immediato e diretto con il complesso dell'attività economica e, pertanto, fanno parte delle spese generali di quest'ultima”.

Per tutti questi motivi, la Corte di giustizia europea ha dichiarato il seguente principio di diritto: “Gli articoli 4 e 17 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto- base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che conferiscono a una società, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che intenda acquistare la totalità delle azioni di un'altra società, al fine di esercitare un'attività economica consistente nel fornire a quest'ultima prestazioni di servizi di gestione assoggettate all'imposta sul valore aggiunto (IVA), il diritto di detrarre integralmente l'IVA assolta a monte relativa alle spese inerenti a prestazioni di servizi di consulenza sostenute nell'ambito di un'offerta pubblica di acquisto, quand'anche risulti che tale attività economica non è stata realizzata, purché tali spese siano motivate esclusivamente dall'attività economica prevista".

La Corte di Giustizia UE con la sentenza Volkswagen Financial Services del 18 ottobre 2018 (causa C-153/17) nell'affrontare il tema della ripartizione delle spese generali – ai fini dell'esercizio del diritto alla detrazione dell'Iva mediante pro rata – sostenuta da una società che effettua sia operazioni esenti che operazioni imponibili, ha affermato che anche in mancanza di un nesso diretto ed immediato tra operazioni “a monte” ed operazioni “a valle” imponibili, è riconosciuto il diritto alla detrazione qualora i costi dei servizi siano elementi costitutivi del prezzo dei beni e/o servizi forniti.

Il caso in esame riguarda una società finanziaria del gruppo Volkswagen che offre ai clienti, fra l'altro, contratti di locazione con opzione d'acquisto relativi a veicoli.


Ai fini Iva, ciò dà luogo all'effettuazione di due operazioni distinte:

  • da un lato, un'operazione imponibile, rappresentata dalla messa a disposizione del veicolo con trasferimento della proprietà solo a fronte del pagamento di tutti i canoni pattuiti;
  • dall'altro lato, un'operazione esente, costituita dalla concessione di un finanziamento.

Il prezzo di cessione del veicolo è pari a quello pagato dalla società per l'acquisto del medesimo (senza margine di profitto), mentre nella determinazione del tasso d'interesse del finanziamento è considerato anche un margine per la copertura delle spese generali.

La decisione della Corte si fonda su queste considerazioni:

  1. anche in mancanza di un nesso diretto ed immediato tra operazioni “a monte” ed operazioni “a valle” imponibili è riconosciuto il diritto alla detrazione qualora i costi dei servizi siano elementi costitutivi del prezzo dei beni e/o dei servizi forniti;
  2. se le spese generali sono state sostenute, almeno in parte, per la messa a disposizione di veicoli, si deve considerare che le stesse sono elementi costitutivi del prezzo di tali operazioni imponibili;
  3. il diritto alla detrazione dell'Iva non può essere subordinato ad un criterio basato sui risultati dell'attività economica del soggetto passivo.

Alla luce di quanto descritto, ai fini della detrazione con il meccanismo del pro rata, le spese generali devono considerarsi un elemento costitutivo del prezzo dell'operazione imponibile anche quando non si riflettono nell'importo dovuto al cliente per la messa a disposizione del veicolo, ma solo nell'ammontare dell'interesse dovuto per il finanziamento.

Sulla base del predetto excursus della giurisprudenza comunitaria, si ritraggono le seguenti conclusioni (in linea con i documenti di prassi nostrani di cui supra si è data contezza):

a) il diritto alla detrazione dell'Iva assolta è ammesso quanto sussiste un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione “a monte” ed una o più operazioni “a valle”, tale per cui le spese sostenute per acquistare i beni o i servizi gravati dall'imposta facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta “a valle” che conferiscono diritto a detrazione;

b) il diritto alla detrazione dell'Iva va riconosciuto anche in mancanza di tale nesso diretto ed immediato qualora i costi dei servizi facciano parte delle “spese generali” del soggetto passivo e, quindi, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni ceduti e dei servizi resi

A livello nazionale si è espressa sulla questione la Corte di Cassazione con le sentenze nn. 1863 del 2 febbraio 2004 e 8583 del 12 aprile 2006 la quale, in dette pronunce, ha riconosciuto che la detraibilità dell'imposta spetti anche nel caso di assenza di compimento di operazioni attive.

Ribandendo quanto già affermato dalla giurisprudenza comunitaria e dall'Amministrazione finanziaria nei documenti di prassi sopra citati, la Suprema Corte ha riconosciuto apertamente che ai fini della detraibilità un'operazione deve essere prima di tutto inerente (seppur prospetticamente) all'esercizio dell'impresa, rispettando quanto disposto dal comma primo dell'art. 19 del d.P.R. n. 633/1972; una volta verificato tale requisito, la detrazione dell'imposta può essere esercitata sempre che la fattispecie concreta non afferisca ad operazioni destinate ad essere non soggette all'imposta o esenti (comma secondo dell'art. 19).

Si riportano alcuni passaggi fondamentali delle decisioni de quibus:

a) Cass., sent. 1863 del 2 febbraio 2004, la quale ha affermato che non potendo “Il diritto alla detrazione previsto dall'art. 19, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, sost. Dal d.P.R. n. 24/1979, dell'imposta assolta in relazione ai beni e servizi acquistati nell'esercizio dell'impresa ... prescindere dalla inerenza dell'operazione all'esercizio dell'attività realizzata dal soggetto», «deve ritenersi "non inerente" ciò che non è riconducibile all'attività "propria" dell'impresa perché l'aggettivo intende additare la particolarità e la specificità dell'attività realizzata e considerata, sicché è necessaria una diretta riferibilità dell'acquisto all'esercizio imprenditoriale, e non è sufficiente una riferibilità” comunque sostenibile”;

b) Cass., sent. n. 8583 del 12 aprile 2006, la quale ha statuito che “in tema di Iva, in base alla disciplina dettata dagli artt. 4, comma 2, n. 1) e 19 del d.P.R. n. 633/1972 (ed anche alla luce della sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), mentre le cessioni di beni da parte di una società di capitali sono da considerare in ogni caso effettuate nell'esercizio di impresa, in ordine, invece, agli acquisti di beni occorre accertare, ai fini della detraibilità dell'imposta, che dette operazioni passive siano effettivamente inerenti all'esercizio dell'impresa, cioè compiute in stretta connessione con le finalità imprenditoriali; senza tuttavia che sia richiesto il concreto esercizio dell'impresa, con la conseguenza che la detrazione dell'imposta spetta, ricorrendo la detta condizione, anche nel caso di assenza di compimento di operazioni attive (….) l'inerenza di un'operazione ai fini Iva comporta la necessità che la stessa sia funzionale all'attività imprenditoriale formalizzata nell'oggetto sociale ma tale deve essere definita anche quella finalizzata alla costituzione delle condizioni necessarie perché l'attività tipica possa concretamente iniziare e quindi anche le attività meramente preparatorie che per definizione vengono poste in essere in una fase in cui non vi è ancora produzione di ricavi”.

Con ordinanza n. 22332 del 13 settembre 2018 la Suprema Corte ha riconosciuto la detraibilità dell'Iva assolta per l'acquisto di benefit erogati ai figli dei dipendenti. Il convincimento dei giudici di legittimità si forma sulla considerazione dell'esistenza e configurabilità di un “nesso economico” tra i costi sostenuti per i servizi offerti dal datore di lavoro a beneficio dei propri dipendenti ed il complesso delle attività economiche condotte dal datore di lavoro nell'esercizio dell'impresa. La Suprema Corte in tal senso qualifica i costi di cui trattasi quali oneri relativi all'acquisizione di “prestazioni accessorie rispetto alle esigenze dell'impresa” e, pertanto, qualificabili quali “spese generali” connesse al complesso delle attività economiche dell'azienda.

In specie, la Corte di Cassazione ha affermato che “il diritto alla detrazione dell'Iva assolta è ammesso non solo quando sussiste un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione a monte ed una o più operazioni a valle, tale per cui le spese sostenute per acquistare i beni o i servizi gravati dall'imposta facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta a valle che conferiscono diritto a detrazione, ma anche quando i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo (cfr. Corte Giust. 29 ottobre 2009, SKF)”;

Sulla base del predetto excursus della giurisprudenza nostrana, si ritraggono i seguenti principi (in linea con i documenti di prassi dell'Amministrazione finanziaria e con la giurisprudenza comunitaria di cui supra si è data contezza):

  • il diritto alla detrazione dell'IVA assolta è ammesso quanto sussiste un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione “a monte” ed una o più operazioni “a valle”, tale per cui le spese sostenute per acquistare i beni o i servizi gravati dall'imposta facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta “a valle” che conferiscono diritto a detrazione;
  • il diritto alla detrazione dell'IVA va riconosciuto anche in mancanza di tale nesso diretto ed immediato qualora i costi dei servizi facciano parte delle “spese generali” del soggetto passivo e, quindi, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni ceduti e dei servizi resi.

Fattispecie del quesito

Ciò posto, occorre esaminare la fattispecie oggetto del quesito.

Per quanto attiene al caso di specie, è importante sottolineare come la Società sia un'Agenzia per il Lavoro e che, ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. n. 276 del 2003 (concernente la regolamentazione delle Agenzie per il Lavoro) svolge attività di somministrazione, di intermediazione, di ricerca e selezione del personale e di supporto alla ricollocazione professionale.

Il supporto alla ricollocazione professionale consiste, ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. n. 276/2003, nell'attività “finalizzata alla ricollocazione nel mercato del lavoro di prestatori di lavoro, singolarmente o collettivamente considerati, attraverso la preparazione, la formazione finalizzata all'inserimento lavorativo, l'accompagnamento della persona e l'affiancamento della stessa nell'inserimento nella nuova attività”.

Da quanto sopra esposto, risulta chiaro che l'attività di formazione professionale è un'attività tipica delle Agenzie per il Lavoro e che la stessa (attività) risulta essere essenziale, in quanto è prodromica e, comunque, strettamente strumentale rispetto all'inserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro e, quindi, all'effettuazione di operazioni attive imponibili.

In effetti, posto che la missione specifica delle Agenzie per il lavoro è quella di rispondere con efficienza alle esigenze temporanee di forza lavoro da parte dei loro utilizzatori, la realizzazione di una formazione preventiva alle missioni di lavoro, con l'obiettivo di formare i lavoratori sulla base di fabbisogni rilevati nei differenti mercati del lavoro territoriali, consente alle Agenzie per il Lavoro di rispondere efficacemente e tempestivamente alle richieste di somministrazione di manodopera professionalizzata; da ciò l'evidente riscontro della natura prodromica e strumentale della formazione rispetto all'attività imponibile a valle della somministrazione di forza lavoro specializzata.

In sostanza, si verifica la seguente situazione:

l'Agenzia per il Lavoro si impegna ad individuare un percorso formativo individualizzato e coerente con la domanda di lavoro potenziale espressa dal contesto produttivo territoriale e ad individuare eventuali missioni di lavoro verso le quali indirizzare i lavoratori destinatari del programma;

il lavoratore partecipa al programma formativo al fine di rispondere alle convocazioni degli operatori, al fine di sostenere colloqui di selezione ed al fine di assicurare la propria disponibilità per le missioni indicate dall'Agenzia per il Lavoro.

Conferma tale conclusione la Consulenza Giuridica n. 954-58/2010 dell'11 gennaio 2011 – dell'Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa – Sezione imposte indirette – Iva resa in una fattispecie identica a quella oggetto del presente giudizio.

L'Agenzia delle Entrate ha affermato che “avendo riguardo alla specifica fattispecie in esame ed, in particolare, alle operazioni attive poste in essere dalle Agenzie per il lavoro, che si sostanziano nell'attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale, ben può configurarsi l'esistenza del nesso che legittima la detrazione dell'imposta posto che l'attività di formazione può considerarsi propedeutica alla realizzazione di operazioni imponibili da parte delle Agenzia per il lavoro (cfr. in proposito sent.

CGCE 6 ottobre 2005, Causa C-243/03

, nonché sent.

CGCE 23 aprile 2009, Causa C- 74/08

, che riconoscono la detrazione dell'intera imposta assolta per l'acquisto di beni per il cui finanziamento sono stati ricevuti dei contributi)
”.

Sulla base di quanto dedotto ed argomentato, appare evidente come l'Iva addebitata dagli Enti di Formazione alla Scrivente Società possa essere considerata detraibile, nel rispetto della regole di cui all'art. 19 del d.P.R. n. 633/1972, essendo (come innanzi esposto) la formazione dei lavoratori strumentale e prodromica rispetto all'inserimento dei lavoratori stessi nel mercato del lavoro e, quindi, rispondente alla finalità stessa perseguita dalla Scrivente, in quanto Agenzia per il Lavoro, vale a dire quella (finalità) di orientare i lavoratori verso percorsi formativi individualizzati e coerenti con la domanda di lavoro espressa al fine del loro inserimento nel mondo del lavoro.

In quest'ottica appare chiaro come la formazione professionale sia strettamente connessa al complesso dell'attività economica della stessa Agenzia ed alla somministrazione di personale che costituiscono per la Società Istante, ai fini Iva, operazioni attive imponibili; e ciò a prescindere dalla percezione di contributi da parte di FormaTemp.

In ultimo, si evidenzia come i costi sostenuti dalla Società Istante per i servizi di formazione offerti ai lavoratori somministrati, avendo un nesso economico con il complesso delle attività svolte dalla stessa, assumano rilevanza quali elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta “a valle”, le quali conferiscono il diritto alla detrazione (sul punto si rinvia a quanto statuito dalla sentenza della Corte di Giustizia UE sentenza Volkswagen Financial Services del 18 ottobre 2018 - causa C-153/17 – e dall' ordinanza n. 22332 del 13 settembre 2018 della Corte di Cassazione).

Nella fattispecie che ne occupa, quanto innanzi è avvalorato dalla circostanza che FormaTemp è finanziato con il contributo, a carico delle Agenzie per il Lavoro - quale è la Società Scrivente - pari al 4% delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali da queste corrisposte ai lavoratori con contratto di lavoro in somministrazione, grazie al quale FormaTemp garantisce politiche sia attive sia passive per i candidati a missioni di lavoro e per i lavoratori a tempo determinato ed a tempo indeterminato con contratto di lavoro in somministrazione.

Tale costo è necessariamente ricompreso tra gli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni attive imponibili “a valle” (somministrazione).

Per tutto quanto innanzi, il rilievo dell'Ufficio appare illegittimo ed infondato per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19, comma 2, d.P.R. n. 633/1972.

La conferma giunge anche da una risposta (n. 904-38/2019) resa dalla Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate della Lombardia ad un interpello richiesto da un'impresa del settore. L'Agenzia ha chiarito che l'attività di formazione professionale prestata, su commissione di una agenzia per il lavoro, da un ente di formazione accreditato presso il fondo FormaTemp è da assoggettare a IVA, non beneficiando del regime di esenzione ex art. 10, primo comma, n. 20) del d.P.R. n. 633/1972 per mancanza del requisito soggettivo.

La considerazione, da parte dell'Agenzia, dell'imponibilità ai fini Iva della prestazione svolta dall'ente di formazione, escludendola dal regime speciale di esenzione, obbligando l'ente di formazione all'applicazione dell'imposta in fattura nei confronti dell'Agenzia per il Lavoro per il servizio prestato ed all'applicazione dell'ordinario meccanismo rivalsa-detrazione all'intera operazione.

Ne consegue, quindi, che è detraibile, da parte dell'Agenzia per il Lavoro (quale è la Scrivente Società), l'Iva che gli viene addebitata dagli Enti di formazione.

Non si può tralasciare di considerare, comunque, che in merito alla questione vi è notevole incertezza; inoltre, avuta considerazione dell'alea processuale che connota fisiologicamente ogni giudizio, non si può fare una valutazione sicura sull'esito del probabile contenzioso, seppur i presupposti per procedere a contestazione siano validi perché giuridicamente fondati.

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