I “punitive damages” si nascondono anche nel nostro ordinamento
26 Giugno 2019
Così la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 16898/2019, depositata il 25 giugno, decidendo sul ricorso presentato avverso la sentenza della Corte d'Appello de l'Aquila che, confermando la decisione di prime cure, aveva respinto la domanda del ricorrente volta ad ottenere il risarcimento dei danni per diffamazione a mezzo stampa, proposta nei confronti di un quotidiano nazionale e di un giornalista.
INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO. Il ricorrente deduce la manifesta violazione e falsa applicazione delle norme di diritto richiamate nel ricorso invocando l'efficacia di giudicato di una precedente sentenza di conclusioni opposte. I Giudici evidenziano però l'assoluto difetto di specificità delle censure proposte. Il giudizio di cassazione si caratterizza infatti come giudizio a critica vincolata, delimitata e cristallizzata dai motivi di ricorso che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica. I motivi devono dunque caratterizzarsi per tassatività e specificità, esigono una precisa enunciazione con critiche mirate e comprensibili rispetto al percorso argomentativo della motivazione censurata. Nel caso di specie, il ricorso ripropone «la mescolanza di tutti i fatti già esaminati» e le censure proposte costituiscono un «incomprensibile intreccio delle argomentazioni prospettate che si concludono, in punto di liquidazione delle spese, anche con l'erroneo riferimento al triplo grado di giudizio che disvela l'intento di ottenere una rivisitazione di merito della controversia».
LITE TEMERARIA. Accertata dunque l'inammissibilità del ricorso, la Suprema Corte dichiara sussistenti i presupposti per l'applicazione dell'art. 96, ultimo comma, c.p.c.
(FONTE: Dirittoegiustizia.it) |