Protezione internazionale: no al dovere di cooperazione istruttoria se il richiedente non è credibile

Redazione scientifica
28 Giugno 2019

In materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare in modo preciso, completo e circostanziato i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta e, quindi, a pervenire alla dimostrazione dei fatti medesimi.

Il caso. Un cittadino ghanese ha proposto ricorso in Cassazione, nei confronti del Ministero dell'interno, contro la sentenza con cui la Corte d'appello di Napoli aveva respinto il suo appello avverso la decisione del Tribunale locale che aveva disatteso l'opposizione al diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

Il Collegio, dichiarando inammissibile il ricorso, pronuncia i seguenti principi di diritto sulla questione posta alla sua attenzione:

L'onere di allegazione del richiedente la protezione internazionale. In materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare in modo preciso, completo e circostanziato i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta e, quindi, a pervenire alla dimostrazione dei fatti medesimi, trovando deroga il principio dell'onere della prova, a fronte di una esaustiva allegazione, attraverso l'esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.

Il vaglio di credibilità soggettiva. In materia di protezione internazionale, il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, trova applicazione tanto con riguardo alla domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato, tanto con riguardo alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, in ciascuna delle ipotesi contemplate dall'articolo 14 dello stesso decreto legislativo, con la conseguenza che, ove detto vaglio abbia esito negativo, l'autorità incaricata di esaminare la domanda non deve procedere ad alcun ulteriore approfondimento istruttorio officioso, neppure concernente la situazione del Paese di origine.

Il dovere di cooperazione istruttoria. In materia di protezione sussidiaria, con riferimento all'accertamento del rischio effettivo di subire un grave danno alla persona, nell'ipotesi contemplata dall'articolo 14, lettera c), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il dovere di cooperazione istruttoria desumibile dall'articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legislativo, ove reso possibile dal positivo vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati dalla norma, impone al giudice di verificare — in via preferenziale, ma non esclusiva, attraverso lo scrutinio dei c.d. c.o.i., country of origin informations — se nel paese di provenienza sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rientro del richiedente, ma non di supplire a deficienze probatorie concernenti la situazione personale del richiedente, essendo necessaria al riguardo soltanto la verifica di credibilità prevista nel suo complesso dal comma 5 del già citato articolo 3.

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