Il credito derivante dai contributi dei singoli condòmini è espropriabile dal creditore del condominio
02 Luglio 2019
Massima
Il creditore del condominio può procedere in via esecutiva, nelle forme dell'espropriazione presso terzi, sui crediti vantati dal medesimo condominio nei confronti di singoli condòmini per i contributi dagli stessi dovuti sulla base dello stato di ripartizione approvato dall'assemblea. Il caso
T.B. agiva in via esecutiva nei confronti del condominio Alfa, procedendo al pignoramento dei crediti da quest'ultimo vantati verso alcuni condòmini per contributi. Il condominio debitore e uno dei condòmini terzi pignorati proponevano opposizione all'esecuzione, la quale veniva respinta dal Tribunale di Catania, con decisione successivamente confermata dalla Corte di appello. I medesimi soccombenti proponevano quindi ricorso per cassazione. La questione
La questione di diritto – esaminata dalla Suprema Corte ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c., stante la dichiarata inammissibilità del ricorso per cassazione – attiene alla possibilità per il creditore che abbia ottenuto un titolo esecutivo nei confronti di un condominio di procedere all'espropriazione dei crediti vantati dal medesimo condominio verso i singoli condòmini per i contributi dagli stessi dovuti. Le soluzioni giuridiche
Dopo aver dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione – da un lato, perché il condominio aveva agito in persona dell'amministratore privo dell'autorizzazione dell'assemblea, e, dall'altro lato, perché il singolo condòmino non aveva correttamente censurato la ratio decidendi della sentenza impugnata – la Suprema Corte ha risolto in senso positivo la questione sopra illustrata, enucleando il principio di diritto riportato nella massima. Secondo il giudice della nomofilachia, tale soluzione è imposta dalla considerazione per cui, sul piano sostanziale, è configurabile un rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condòmino in ordine al pagamento dei contributi condominiali: ciò sulla base del disposto dell'art. 63 disp. att. c.c., il quale prevede che l'amministratore possa ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in favore del condominio e contro il singolo condòmino per il pagamento dei suddetti contributi sulla base della ripartizione approvato dall'assemblea. Per tale motivo, in assenza di una norma che lo vieti, il credito derivante dai contributi dovuti dai singoli condòmini può essere espropriato dal creditore del condominio, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., con le forme proprie degli artt. 543 ss. c.p.c. Né, così argomentando, potrebbe ritenersi – a dire della Corte – violato il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali in quanto, là dove l'esecuzione avvenga direttamente nei confronti del condominio, non solo l'esecutato è il condominio, debitore per l'intero, ma l'espropriazione dei beni e diritti del condominio, cioè di beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro quota a tutti i condomini, finirebbe addirittura per attuare il richiamato principio di parziarietà. Osservazioni
È noto che l'espropriazione mobiliare presso terzi è quella particolare tipologia di esecuzione forzata in forma generica che ha ad oggetto crediti del debitore verso terzi ovvero cose mobili di proprietà del debitore in possesso di terzi: presupposto indefettibile per l'instaurazione di tale processo esecutivo è, quindi, la sussistenza di un'alterità soggettiva tra debitore esecutato e terzo debitore. Orbene, nella sentenza in commento la Suprema Corte non sembra aver adeguatamente considerato tale aspetto. Infatti, secondo la ricostruzione prevalente, anche nella giurisprudenza di legittimità, il condominio è qualificato come ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condòmini e, quindi, è ritenuto privo di autonomia patrimoniale (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. Un., 18 aprile 2019, n. 10934; Cass. civ., 26 settembre 2018, n. 22911; Cass. civ., 31 ottobre 2017, n. 25855; Cass. civ., 21 febbraio 2017, n. 4436, la quale ha escluso la legittimazione dei singoli condòmini a proporre opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. avverso la sentenza resa in un giudizio in cui era parte un condominio; Cass. civ., 16 dicembre 2015, n. 25288; Cass. civ., 7 novembre 2014, n. 23782; Cass. civ. 18 aprile 2014, n. 9071; per il riconoscimento di una sia pur attenuata forma di autonomia soggettiva, v. Cass. civ., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 19663, che ha attribuito al solo condominio, e non ai singoli condòmini, il diritto ad ottenere l'indennizzo da irragionevole durata del processo ex l. n. 89/2001 rispetto ad un processo in cui era stato parte esclusivamente il condominio). Pertanto, dall'assenza di una distinzione soggettiva tra condominio – mero ente di gestione delle parti comuni – e singoli condòmini deriva l'impossibilità per il creditore del condominio di attivare la tutela esecutiva nelle forme di cui agli artt. 543 ss. c.p.c.: d'altronde, come riconosciuto dalla medesima giurisprudenza di legittimità, il titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio può essere posto in esecuzione – pro quota – direttamente nei confronti dei singoli condòmini (cfr. Cass. civ., 10 maggio 2016, n. 9390; Cass. civ., 30 gennaio 2012, n. 1289). A ben vedere, poi, nemmeno la disposizione di cui all'art. 63 disp. att. c.c., pure invocata dalla Corte di cassazione a sostegno del principio di diritto enunciato, autorizza ad ammettere l'espropriazione del credito vantato dal condominio nei confronti dei singoli condòmini: e, infatti, il secondo comma della suddetta disposizione, prevedendo che «[i] creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini», ribadisce la regola che i creditori del condominio devono aggredire direttamente (e pro quota) il patrimonio dei singoli condòmini, i quali non possono essere di conseguenza reputati terzi rispetto all'ente collettivo. |