Onorario per il patrocinio in più gradi di giudizio: l'avvocato alle prese con il rebus della competenza

02 Luglio 2019

Il tema delle modalità con le quali l'avvocato può chiedere la liquidazione del proprio compenso (e che, se non mi inganno, avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni del legislatore espressione di una norma di favore per l'avvocato nel senso di facilitarlo) è particolarmente complesso e scivoloso proprio dal punto di vista processuale.

L'ordinanza interlocutoria della Sesta Sezione della Corte di Cassazione è stata resa in sede di regolamento di competenza al fine di individuare, in base alle norme che il legislatore ha previsto per la domanda con la quale l'avvocato chiede al giudice la liquidazione dei propri onorari da ultimo con il d.lgs. 150/2011, tale compenso.

Il caso. Nel caso di specie la vexata quaestio riguarda l'individuazione del giudice competente quando l'avvocato chieda la liquidazione dopo aver prestato la propria opera in una controversia che si è svolta in più gradi.

Due gradi di giudizio. Ed infatti, il caso deciso prende le mosse dal ricorso di un avvocato che ha promosso una domanda volta a sentir condannare il proprio cliente (in quel caso, un condominio di Napoli) alla liquidazione dei compensi spettanti per l'attività di patrocinio per una causa che in primo grado si era svolta davanti al Tribunale di Napoli che in appello di Napoli.

Senonché, il Tribunale di Napoli aveva dichiarato la propria incompetenza assumendo che «se la domanda ha ad oggetto la richiesta di compensi per l'attività svolta in più gradi di causa, l'intera lite rientra nella competenza del giudice di secondo grado (o di quello che abbia conosciuto per ultimo della controversia), essendo solo questi in grado di valutare l'attività svolta e di liquidare il compenso nella misura più adeguata».

Avverso quella decisione l'avvocato proponeva, quindi, regolamento di competenza alla Corte di cassazione.

Il ricorso al capo dell'ufficio giudiziario adito per il processo. Il tema è complesso anche perché risente della disposizione (rectius delle interpretazioni) dell'art. 28 l. n. 794/1942 nella parte in cui così prevedeva «per la liquidazione degli onorai e dei diritti nei confronti del proprio cliente l'avvocato o il procuratore, dopo la decisione della causa o l'estinzione della procura, deve, se non intende seguire la procedura di cui all'art. 633 e ss. c.p.c., proporre ricorso al capo dell'ufficio giudiziario adito per il processo».

Una procedura rispetto alla quale parte della giurisprudenza aveva ritenuto che la competenza fosse funzionale e inderogabile, ma che consentiva all'avvocato, in un caso come quello affrontato, di fare un unico processo (per i due gradi) ma davanti al giudice che per ultimo avesse trattato il processo «sull'assunto che solo quest'ultimo fosse in condizione di valutare l'opera svolta nella sua globalità e liquidare il compenso in misura adeguata», mentre altra parte (minoritaria) non consentiva il cumulo all'interno di un unico processo proprio per la inderogabilità della competenza del giudice “adito per il processo”.

Oggi, l'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 prevede, oltre all'applicazione del rito sommario di cognizione, sempre la competenza dell'ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l'avvocato ha prestato la propria opera.

A tal riguardo la giurisprudenza (per cui si veda la sentenza delle Sezioni Unite n. 4485/2018, relatore Frasca e che è bene richiamare) ha avuto modo di affermare che: (1) è esclusa la possibilità di introdurre l´azione sia con il rito di cognizione ordinaria (atto di citazione), sia con quello del procedimento sommario “ordinario” di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c.; (2) gli unici riti utilizzabili sarebbero pertanto quelli del ricorso per ingiunzione di pagamento e dell'art. 702-bis c.p.c., così come disciplinato dall'art. 14 d.lgs n. 150/2011 (da utilizzare anche per l'opposizione al decreto ingiuntivo); (3) in entrambi i casi, l'oggetto della controversia può avere ad oggetto solo il quantum oppure riguardare anche una contestazione sull'an; (4) soltanto qualora il convenuto svolga una difesa che si articoli in via riconvenzionale o di compensazione o di accertamento pregiudiziale, l'introduzione di una domanda ulteriore e la sua esorbitanza dal rito di cui all'art. 14 comporta − sempre che non si ponga anche un problema di connessione ai sensi degli artt. 34, 35 e 36 c.p.c., e, se è stata adita la corte di appello, il problema della soggezione della domanda del cliente alla competenza di un giudice di primo grado, che ne impone la rimessione ad esso − che si debba dar corso alla trattazione di detta domanda con il rito sommario, qualora anche la domanda introdotta dal cliente si presti ad un'istruzione sommaria; in caso contrario, si impone di separarne la trattazione e di procedere con il rito per essa di regola previsto.

Con riferimento alla questione dei più gradi di giudizio le Sezioni Unite avevano «puntualizzato che il difensore può: (1) proporre le domande in cumulo con il rito monitorio (davanti al Tribunale competente in via ordinaria); (2) proporle separatamente davanti all'ufficio di espletamento delle prestazioni, ai sensi del secondo comma della suddetta norma; (3) proporle cumulativamente davanti al Tribunale del luogo indicato dal terzo comma dell'art. 637 c.p.c. ferma, in tutti i casi, la prevalenza del foro del consumatore».

Rimessione alle Sezioni Unite. Tuttavia, per la sesta sezione, però, occorre investire le Sezioni Unite della Suprema Corte per risolvere alcuni snodi interpretativi che si sono posti a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011.

La prima questione che viene sottoposta è quella volta a sapere se l'avvocato oggi mantiene, o no, «la possibilità di chiedere i compensi per attività svolte in più gradi in un unico processo dinanzi al giudice che abbia conosciuto per ultimo della controversia … dando continuità all'orientamento maggioritario formatosi nel vigore dell'art. 28 l. n. 794/1942, anche tenendo conto dell'affermata natura non inderogabile della competenza del giudice adito per il processo».

La seconda questione – in via alternativa alla prima – è quella volta a sapere «se invece i criteri per dette controversie vadano ricercati esclusivamente sulla base del coordinamento tra il secondo comma dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 e l'art. 637 c.p.c., lasciando al ricorrente la sola alternativa di proporre più domande autonome (per i compensi relativi a ciascun grado di causa) dinanzi ai singoli giudici aditi per il processo o di cumularle dinanzi al tribunale competente ex art. 637 c.p.c. (con salvezza del c.d. foro del consumatore), restando in ogni caso esclusa la competenza del giudice che abbia conosciuto per ultimo del processo».

La parola, quindi, passa alle Sezioni Unite che ci auguriamo risolvano i quesiti facilitando la vita all'avvocato quando questi debba chiedere la liquidazione del proprio compenso.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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