Pagamento alle vittime di reati mafiosi da parte dello Stato: la prescrizione del diritto al recupero nei confronti del condannato
05 Luglio 2019
IL FATTO. A seguito della condanna, per associazione a delinquere di tipo mafioso ai sensi dell'art. 416-bis c.p. al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese processuali in favore delle parti civili con sentenza della Corte d'Assise di Catania del 16/10/1996 divenuta definitiva nei confronti del condannato il 13/02/1998, la CONSAP, quale concessionaria dei servizi di gestione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge 22 dicembre 1999, n. 512, erogò il 23/04/2003 alla parte civile costituita nel processo penale (il Comune di Catania) l'importo di € 1.174.822,73. Venne poi avviata la procedura di recupero nei confronti del responsabile, notificando da parte di Equitalia una cartella esattoriale di € 1.109.396,34, notificata al condannato il 26/04/2010. Questi svolse opposizione al Tribunale di Catania - sezione distaccata di Mascalucia deducendo la prescrizione del credito, siccome azionato ben oltre il decennio dalla definitività della sentenza penale di condanna ed in carenza di atti interruttivi. Mentre l'agente della riscossione si costituì contestando l'avversa domanda, nella contumacia della CONSAP intervenne in giudizio il Ministero dell'Interno per il fondo di rotazione, replicando che il termine decennale di prescrizione per l'azione di rivalsa non avrebbe potuto decorrere che dalla data del pagamento. Il giudice di primo grado respinse l'opposizione, inquadrando la fattispecie nella surrogazione legale e, pur precisando trattarsi del subentro del creditore nello stesso diritto del danneggiato risarcito e nelle identiche sue posizioni sostanziali e processuali, ancorò la decorrenza della prescrizione alla data del pagamento, solo da tale data avendo il nuovo creditore conseguito la possibilità giuridica di fare valere il proprio diritto. Nel successivo giudizio d'appello la Corte territoriale riformò la sentenza, reputando che l'identità della posizione giuridica in cui era subentrato il creditore surrogante aveva comportato il trasferimento a questi anche delle limitazioni, decadenze e prescrizioni già maturate, escludendo la rilevanza del pagamento in tempo successivo alla maturazione del diritto in favore del creditore originario, coincidente con la data in cui la sentenza penale di condanna era divenuta definitiva: e, accogliendo l'opposizione, dichiarò la nullità della cartella. Per la cassazione di tale sentenza della Corte etnea ha proposto ricorso il Ministero dell'Interno - fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.
NON SI TRATTA DELLA STESSA OBBLIGAZIONE. La Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero. In primo luogo è stato ricordato come la fattispecie dell'obbligazione posta a carico dello Stato dalla l. n. 512/1999 integri una peculiare obbligazione a carico della collettività, connotata da finalità solidaristiche, ovverosia sostentare le vittime di quei reati normativamente valutati di particolare gravità e riprovevolezza (come appunto quelli di tipo mafioso). In questi casi la vittima vanta verso la P.A. un autentico diritto soggettivo, che sorge ogni qual volta siano integrati i requisiti descritti dalla disciplina, essendo viceversa escluso in capo alla P.A. ogni potere di autonoma valutazione dei presupposti oggettivi di derogabilità. La peculiarità dell'obbligazione oggetto della decisione in commento consente, secondo il Supremo Collegio, di ricostruirla sì come concorrente con quella dell'autore del reato, ma propria dello Stato, a seguito di una discrezionale valutazione legislativa della necessaria maggiore effettività possibile della tutela (per quanto solo risarcitoria) dei diritti delle vittime di reati particolarmente riprovevoli. Pertanto, «lo Stato, erogando i benefici o comunque le somme previste a favore delle vittime dalla l. n. 512/1999, non estingue un debito altrui, ma paga un debito proprio, il principale fatto costitutivo del quale è la condanna definitiva già pronunciata in altra sede nei confronti di un autore di quei reati ed in favore di altro soggetto ivi univocamente definito vittima di quelli, debito proprio dello Stato al contempo definibile come coesistente con l'obbligazione risarcitoria primaria gravante sul condannato autore del fatto illecito». Due sono quindi i debitori nei confronti della vittima, ovvero il soggetto agente e lo Stato, ciascuno con una propria obbligazione (per quanto ontologicamente e logicamente collegata con l'altra, infatti entrambe le obbligazioni trovano causa esclusivamente nella condotta illecita del condannato-autore del reato). Nei rapporti interni tra i due debitori, peraltro, sarà il condannato a doverne rispondere in via esclusiva e, quindi, a lui incomberà di restituire integralmente allo Stato le somme che questi sia stato tenuto a corrispondere in dipendenza di quell'illecito. Pertanto, premessa l'autonomia delle due obbligazioni, ha ritenuto la Terza Sezione che «il diritto dell'erogante al rimborso integrale sorga nei confronti del condannato autore del reato e possa essere azionato non prima dell'effettivo pagamento». Di conseguenza, in applicazione della regola generale dell'art. 2935 c.c., la prescrizione a carico dell'erogante non decorre se non dalla data del medesimo pagamento. A seguito dell'accoglimento del ricorso spetterà ora nuovamente alla Corte d'Appello di Catania decidere la questione, facendo applicazione del seguente principio di diritto: «in materia di erogazioni previste dalla l. 22 dicembre 1999, n. 512 (e successive modifiche ed integrazioni), alle vittime di reati di tipo mafioso, l'eccezionalità del disvalore del fatto costitutivo del diritto al risarcimento comporta l'assunzione in proprio da parte dello Stato di un'obbligazione solidaristica volta ad attenuarne le conseguenze negative per la vittima con la corresponsione di una somma a titolo ed in conto del risarcimento dovuto, che concorre con quella originaria del condannato autore del fatto, ma non elide l'esclusiva responsabilità di quest'ultimo, a cui carico continuerà a gravare per intero l'obbligo risarcitorio; pertanto, il pagamento a carico e ad opera dello Stato dell'obbligazione sua propria in favore della vittima fa sorgere il diritto del primo al recupero o rimborso integrale nei confronti del condannato autore del fatto, sicché, non potendo questi valersi della prescrizione maturata nei rapporti con la vittima stessa per l'autonomia funzionale dei due rapporti giuridici, solo dalla data del pagamento alla vittima inizia a decorrere l'ordinario termine prescrizionale per l'azione volta al recupero delle somme erogate dal fondo».
(FONTE: dirittoegiustizia.it) |