Ingiunzione fiscale emessa dal concessionario della riscossione: quale giudice è competente?
08 Luglio 2019
Nella sentenza n. 158/2019 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 32, comma 2, d.lgs. n. 150/2011 (recante “Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69”), nella parte in cui dopo le parole «È competente il Giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento opposto» non prevede le parole «ovvero, nel caso di concessionario della riscossione delle entrate patrimoniali, del luogo in cui ha sede l'ente locale concedente».
La disciplina censurata nell'esegesi della Suprema Corte. Con riguardo alle controversie in materia di opposizione all'ingiunzione di cui all'art. 3, R.d. 14 aprile 1910, n. 639 (“Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato”), l'art. 32, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2011 sancisce la competenza del giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento opposto per l'opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici. Secondo la giurisprudenza di legittimità, tale norma si applica anche nel caso in cui l'ingiunzione sia stata emessa dal concessionario al quale l'ente pubblico locale ha affidato il servizio di riscossione delle proprie entrate patrimoniali: ne consegue che per la determinazione della competenza territoriale deve farsi riferimento al luogo sede dell'ufficio del concessionario, che può ricadere in un circondario diverso da quello in cui ricade la sede dell'ente locale concedente. Ad esempio, nelle ordinanze nn. 23110 e 15417/2017 la Corte di cassazione ha affermato che, in tema di opposizione alla ingiunzione fiscale, il criterio di competenza previsto dall'art. 32, comma 2, d.lgs. n. 150/2011 trova applicazione, per identità di ratio, sia nell'ipotesi di provvedimento emesso dalla Pubblica Amministrazione che in quella di provvedimento emesso dal suo concessionario del servizio di riscossione e, in tale caso, il «luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emanato il provvedimento» non coincide con la sede legale del concessionario bensì con il luogo in cui ha sede l'articolazione territoriale di questo che ha materialmente predisposto e notificato l'ingiunzione, atteso che il termine “ufficio”, sul piano semantico, deriva dal latino officium, forma contratta di opificium, che indica colui che realizza l'opera, e, sul piano sistematico, è utilizzato dalla legge per indicare una carica o gli interna corporis di una più vasta organizzazione, rilievi ai quali deve aggiungersi la considerazione che, nel diritto amministrativo, il medesimo lemma non risulta mai usato dal legislatore come sinonimo di sede della persona giuridica.
La Consulta ravvisa una condizione di sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione. La Corte costituzionale ritiene la questione fondata in relazione all'art. 24 Cost., comportando la norma censurata la lesione del diritto di azione. Il Collegio richiama le argomentazioni enunciate nella sentenza n. 44/2016, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 546/1992:
Nell'arresto richiamato, la Consulta ha ritenuto che, «poiché l'ente locale non incontra alcuna limitazione di carattere geografico-spaziale nell'individuazione del terzo cui affidare il servizio di accertamento e riscossione dei propri tributi, lo “spostamento” richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione, garantito dal parametro evocato, è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di “sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione” […] o comunque a “rendere ‘oltremodo difficoltosa' la tutela giurisdizionale”». Anche con riferimento al criterio di determinazione della competenza indicato nella disciplina esaminata nella sentenza in commento è ravvisabile la medesima condizione di sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione.
La Consulta individua un criterio alternativo di competenza. Nel caso di concessionario della riscossione delle entrate patrimoniali, la Corte Costituzionale identifica il criterio alternativo di competenza nel luogo in cui ha sede l'ufficio dell'ente locale concedente. A tale conclusione il Collegio giunge valorizzando il rapporto esistente tra l'ente locale e il soggetto cui è affidato il servizio di accertamento e riscossione: ferma la plurisoggettività del rapporto, tale rapporto comporta che «il secondo costituisca una longa manus del primo, con la conseguente imputazione dell'atto di accertamento e riscossione a quest'ultimo».
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it |