La cessione del ramo d'azienda illegittima non estingue l'obbligazione retributiva del cedente

David Satta Mazzone
08 Luglio 2019

In caso di cessione di ramo d'azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 2112, c.c., le retribuzioni in seguito corrisposte dal destinatario della cessione, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente alla messa a disposizione...

In caso di cessione di ramo d'azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 2112, c.c., le retribuzioni in seguito corrisposte dal destinatario della cessione, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente alla messa a disposizione di questi delle energie lavorative in favore dell'alienante, non producono un effetto estintivo, in tutto o in parte, dell'obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa. Così la Corte di cassazione 3 luglio 2019, n. 17784.

Gli emolumenti maturati per effetto del mancato ripristino del rapporto di lavoro hanno natura retributiva e non risarcitoria. Nel caso di cessione del ramo di azienda, ove si accerti l'illegittimità dell'operazione societaria, sussiste l'obbligo dell'azienda cedente di corrispondere le retribuzioni al lavoratore a far data dalla messa in mora del creditore della prestazione lavorativa, e quindi dal momento in cui viene offerta la prestazione lavorativa all'azienda cedente. Tale operatività è stata riconosciuta quale diritto vivente sopravvenuto mediante la sentenza di Corte costituzionale 28 febbraio 2018, n. 29.

La qualificazione retributiva dell'obbligazione del datore di lavoro moroso comporta l'onere il dell'azienda cedente di retribuire il lavoratore ceduto in caso di dichiarazione di nullità della cessione del ramo d'azienda.

Pertanto, in caso di domande risarcitorie svolte nei confronti del datore di lavoro per l'illegittimità del trasferimento del ramo d'azienda, non può applicarsi il principio della compensatio lucri cum damno in relazione al quale, secondo la prospettazione dell'azienda cedente, si dovrebbe detrarre l'aliunde perceptum dal risarcimento del danno spettante al dipendente.

Prima di tutto … il trasferimento del ramo d'azienda è legittimo? Solo il trasferimento legittimo è idoneo a traslare la titolarità del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro è in mora se rifiuta l'offerta della prestazione lavorativa.Innanzitutto, tenuto presente che solo il corretto trasferimento di ramo d'azienda comporta la continuità del rapporto di lavoro, ove ricorrano i presupposti dell'articolo 2112, c.c., resta legittima la sostituzione del lavoratore quale contraente ceduto anche senza il suo consenso. Pertanto, se si accerta l'invalidità del trasferimento del ramo d'azienda, il rapporto di lavoro col cessionario viene instaurato solo di fatto, così che le vicende risolutive di tale rapporto non sarebbero idonee ad incidere sul rapporto contrattuale in essere, ovvero su quello rimasto in vita col cedente.

In conclusione, in caso di invalidità della cessione e di insussistenza di qualsivoglia cessione negoziale del rapporto di lavoro, l'obbligazione iniziale non si trasferisce e resta nella titolarità dell'azienda cedente, anche nel caso in cui la prestazione di lavoro venga resa in favore dell'azienda cessionaria.

In sostanza il lavoratore, intimando all'impresa cedente di ricevere la prestazione lavorativa e costituendola quindi in mora, acquisisce il diritto alla controprestazione e quindi al pagamento della retribuzione, essendo la presenza rifiutata equiparata alla prestazione effettivamente resa per tutto il periodo di tempo in cui il datore di lavoro cedente l'abbia resa impossibile omettendo gli atti di cooperazione necessari.

Il pagamento degli emolumenti da parte dell'azienda cessionaria non costituisce adempimento del terzo: le retribuzioni corrisposte da cedente e cessionario sono cumulabili. Il nuovo datore di lavoro, ovvero il cessionario del trasferimento di ramo d'azienda dichiarato illegittimo, essendo l'utilizzatore effettivo dell'attività di lavoro, deve corrispondere la retribuzione dovuta adempiendo ad un'obbligazione propria, senza estinguere il debito retributivo dell'azienda cedente: non esiste quindi la possibilità di configurare un adempimento del terzo in capo all'azienda cessionaria.

In pari misura non si applicano le disposizioni del comma 2 dell'art. 27, l. n. 276 del 2003, ove si prevede che i pagamenti svolti dal somministratore in favore del lavoratore valgono a liberare il soggetto che ne ha utilizzato la prestazione dal debito corrispondente: le norme afferenti alla somministrazione e all'appalto non sono direttamente applicabili all'ipotesi di trasferimento d'azienda. Infatti, interposizione di manodopera, somministrazione irregolare e appalto illecito sono fattispecie ontologicamente incompatibili con l'istituto della cessione di ramo d'azienda, ancorché la cessione sia stata dichiarata illegittima nei confronti del lavoratore ceduto.

(Fonte: Diritto e Giustizia)