La disciplina transitoria del Codice della crisi

Niccolò Nisivoccia
10 Luglio 2019

Viviamo un tempo di mezzo, di passaggio: a metà strada tra vecchio e nuovo diritto fallimentare, tra una riforma già approvata e la sua entrata in vigore. Per dirla tutta, non possiamo davvero dare per scontato che la riforma entri in vigore come previsto, che non accada ancora qualcosa, perché troppe cose sono successe in questi anni, troppi colpi di scena si sono succeduti per esserne certi fino in fondo.
Premessa

Viviamo un tempo di mezzo, di passaggio: a metà strada tra vecchio e nuovo diritto fallimentare, tra una riforma già approvata e la sua entrata in vigore. Per dirla tutta, non possiamo davvero dare per scontato che la riforma entri in vigore come previsto, che non accada ancora qualcosa, perché troppe cose sono successe in questi anni, troppi colpi di scena si sono succeduti per esserne certi fino in fondo.

La riforma doveva farsi, poi sembrava non si sarebbe fatta più, poi di nuovo, e così via: fino a quando in effetti non è stata approvata. Approvata, ma non ancora entrata in vigore. O meglio: alcune norme sono già entrate in vigore, a partire dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto in cui la riforma è contenuta, e cioè a partire dal 16 marzo scorso (essendo stato il decreto pubblicato il 14 febbraio), ma in generale il nuovo Codice della crisi entrerà in vigore solo una volta decorsi diciotto mesi dalla medesima data di pubblicazione, e cioè solo nell'agosto 2020, salvo il fatto che altre norme ancora entreranno in vigore in momenti ancora diversi. Evidentemente il legislatore ha voluto lasciare a tutti il tempo di organizzarsi: tanto agli uffici quanto agli operatori.

Di più: a ciascuno in funzione delle singole novità. A ciascuno il tempo di prendere confidenza con una legge tutta nuova, per quanto meno rivoluzionaria rispetto alle attese. Ma insomma viviamo in una specie di confuso sogno, come diceva una poesia di Sandro Penna; e questo confuso sogno investe e riguarda anche la stessa entrata in vigore del nuovo Codice e, più in generale, la disciplina transitoria. Vale a dire la disciplina a cui dobbiamo riferirci per capire quali norme del nuovo Codice debbano essere già applicate, e a quali procedure, e quali altre invece andranno applicate solo a partire dall'anno prossimo o da un momento ancora diverso, di volta in volta, e di nuovo a quali procedure. Se ci pensiamo, proprio questo è il primo problema davanti al quale il nuovo Codice ci pone, in questo tempo di mezzo che stiamo attraversando: capire quale sia la disciplina applicabile, caso per caso, procedura per procedura, alle singole questioni che ci troviamo e ci troveremo ad affrontare.

La disciplina transitoria

Ora verrebbe naturale andare a cercare le norme sull'entrata in vigore e sulla disciplina transitoria nella parte del Codice contenente appunto le disposizioni finali e transitorie, che è la parte quarta del Codice stesso ed è peraltro molto folta, e circoscrivere l'indagine alle norme che la compongono, gli articoli 389 e 390. Ma non è così: le norme che riguardano l'entrata in vigore del Codice e la disciplina transitoria sono contenute anche altrove, e bisogna andare a rintracciarle qua e là dove sono collocate. E questo del resto è uno sforzo che il Codice richiede all'interprete in generale, non solo con riguardo alle norme sulla sua entrata in vigore e sulla disciplina transitoria ma anche con riguardo ad altre norme; tanto è vero che da parte della dottrina è stata già notata una certa irrazionalità del Codice proprio per il modo in cui è stato concepito, per il fatto che le norme che lo compongono non vi sono state inserite unitariamente, bensì spesso risultano sparse qua e là, disseminate al suo interno.

E dunque: la prima delle norme aventi natura di disciplina transitoria, aldilà della loro collocazione al di fuori della parte quarta, è contenuta nell'art. 349, il quale prevede la conformazione di tutte le disposizioni vigenti al nuovo lessico fallimentare: tutte le volte in cui le disposizioni vigenti parlano di “fallimento”, “procedura fallimentare” e “fallito”, queste parole dovranno intendersi sosituite dalle parole “liquidazione giudiziale”, “procedura di liquidazione giudiziale” e “debitore assoggettato a liquidazione giudiziale”. Sappiamo che questa è la prima delle novità contenute nel Codice: una novità potremmo dire di carattere culturale prima ancora che lessicale. Ed è una novità che non incide sullo svolgimento delle procedure, com'è evidente. Ma giustamente l'art. 349 ne prevede l'entrata in vigore, comunque, non prima dell'entrata in vigore del Codice nella sua interezza, nell'agosto 2020, perché solo a partire da questo momento dovremo parlare di “liquidazione giudiziale” anziché di “fallimento” e di “debitore assoggettato a liquidazione giudiziale” anziché di “fallito”.

La seconda delle norme aventi natura di disciplina transitoria al di fuori di un richiamo espresso nella parte quarta è contenuta nell'art. 352, intitolato “Disposizioni transitorie sul funzionamento dell'OCRI”, cioè sul funzionamento degli organismi di composizione della crisi d'impresa che hanno il compito di ricevere le segnalazioni di allerta e di gestire la fase d'allerta o di composizione assistita della crisi. Bene: il combinato disposto degli articoli 17, 356 e 57 prevede che i componenti dell'OCRI debbano essere scelti tra quelli iscritti all'apposito albo che verrà istituito presso il Ministero della Giustizia; ed è vero che gli articoli 356 e 357 sono due di quelle norme, queste sì, alle quali la parte sulla disciplina transitoria propriamente detta, la parte quarta, fa espresso riferimento, prevedendone l'entrata in vigore fin dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto di riforma, con la conseguenza che in teoria questo albo speciale dovrebbe risultare già istituito fin da marzo. Ma nei fatti occorrerà del tempo, ed è questo il motivo per cui l'art. 352 si preoccupa di disciplinare le modalità di individuazione dei componenti dell'OCRI fino a quando l'albo non sarà stato effettivamente istituito. Fino a questo momento, ci dice l'art. 352, i componenti dell'OCRI andranno individuati tra i soggetti iscritti all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili o all'albo degli avvocati i quali abbiano svolto funzioni di commissario giudiziale o di attestatore o abbiano assistito il debitore nella presentazione della domanda di accesso in almeno tre procedure di concordato preventivo che abbiano superato la fase dell'apertura o tre accordi di ristrutturazione dei debiti che siano stati omologati. Insomma: in mancanza di un riconoscimento formale, chi aspiri a far parte dell'OCRI dovrà quantomeno dimostrare di averlo meritato, diciamo così, sul campo.

Una terza norma riguardante l'entrata in vigore del Codice e la disciplina transitoria collocata al di fuori della parte quarta è contenuta nell'art. 353, il quale a sua volta prevede l'istituzione, da parte del Ministero della Giustizia (di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con quello per lo sviluppo economico), non di un albo in questo caso, ma di un osservatorio permanente sull'efficienza delle misure d'allerta e delle procedure di composizione assistita della crisi d'impresa, che sono due delle grandi novità del Codice (la disciplina dell'allerta rappresenta anzi l'unica vera grande novità, probabilmente, e nello stesso tempo la grande scommessa della riforma). Questo osservatorio, precisa l'art. 352, andrà istituito entro un anno dall'entrata in vigore del Codice; e poiché il Codice entrerà in vigore nell'agosto 2020, come abbiamo già detto, l'ossevatorio dovrà essere stato istituito entro l'agosto dell'anno seguente, cioè entro l'agosto 2021, e potrà già valutare l'impatto reale sull'economia delle misure d'allerta e delle procedure di composizione assissitita della crisi nel loro primo anno di operatività. Un anno non sarà certo un periodo ancora sufficiente per tirare somme, considerato anche che qui parliamo di novità con le quali bisognerà prendere confidenza (e di nuovo mi riferisco in particolare alle misure d'allerta), ma potrebbe essere sufficiente per raccogliere se non altro le prime sensazioni.

Del resto il legislatore dà atto di essere consapevole del fatto che ogni riforma necessita di un tempo di digestione, aldilà della sua formale entrata in vigore; e del fatto che niente deve essere dato per scontato. L'art. 355, dunque, ed è questa un'ulteriore norma di carattere in senso lato transitorio collocata altrove rispetto alla parte quarta, aggiunge che, entro due anni, il Ministro per la Giustizia dovrà presentare al Parlamento una relazione dettagliata sull'applicazione del Codice, alla luce dei dati che saranno stati elaborati dall'osservatorio sulle misura d'allerta. La relazione che l'art. 355 chiama il Ministro a compiere dovrà riguardare, sembra di capire, l'applicazione del Codice tout court, non solo rispetto alle misure d'allerta; e questo legittimerebbe a ritenere che i due anni entro i quali andrà presentata al Parlamento debbano essere fatti decorrere dall'agosto 2020, cioè dal momento in cui il Codice entrerà in vigore, come sembrerebbe lasciar intendere anche la relazione illustrativa. Ma l'art. 355 sembra comunque legare tra loro le due cose: la relazione del Ministro e la prima elaborazione dei dati da parte dell'osservatorio; e potrebbe allora essere altrettanto corretto ritenere che i due anni debbano essere fatti decorrere almeno dall'insediamento dell'osservatorio, e quindi dall'agosto 2021.

Una quinta norma sempre transitoria in senso lato e sempre collocata al di fuori del suo contesto naturale è contenuta nell'art. 361, il quale prevede che, fino all'effettiva istituzione da parte del Ministero per lo sviluppo economico dell'area web riservata prevista dall'art. 359, quando la notificazione telematica prevista dall'art. 40, e cioè la notificazione telematica al debitore della domanda di accesso a una procedura proposta da un creditore, da coloro che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull'impresa o dal pubblico ministero, non abbia esito positivo, dovranno essere applicate le disposizioni di cui allo stesso art. 40, settimo comma. Vale a dire: se non abbia esito positivo per causa non imputabile al destinatario, la notificazione potrà essere eseguita esclusivamente di persona a cura del ricorrente (presso la residenza o la sede del destinatario); oppure, se anche la notificazione di persona risultasse impossibile, mediante deposito dell'atto nella casa comunale della sede o della residenza (in più, con avviso per raccomandata nel caso in cui il destinatario sia una persona fisica che non abbia l'obbligo di dotarsi di domicilio digitale).

Una sesta norma transitoria fuori dal contesto è contenuta nell'art. 365, dedicato alle “Informazioni sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi”. Gli articoli 363 e 364 prevedono che, di tali debiti, l'INPS, l'INAIL, l'Agenzia delle entrate e tutti gli uffici dell'Amministrazione finanziaria in generale debbano rilasciare un certificato unico, su richiesta del debitore o del tribunale, che ne attesti l'esistenza e dia atto di eventuali contestazioni; e l'art. 389 prevede a sua volta l'immediata entrata in vigore di tale obbligo. O meglio, per l'esattezza: l'art. 389 prevede l'entrata in vigore degli articoli 363 e 364 a partire dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto contenente la riforma, e ciò significa, come abbiamo già detto, che tali articoli sono già entrati in vigore da marzo. Ma l'assolvimento dell'obbligo previsto dagli articoli 363 e 364 presuppone la preventiva adozione di un modello di certificazione, che nel caso dell'INPS e dell'INAIL dovrà anche essere approvato dal Ministero del lavoro; e l'art. 365 allora si premura di precisare che, anche in assenza di questo modello, fino a quando non sarà stato adottato, le cancellerie dei tribunali saranno comunque autorizzate ad acquisire dagli uffici competenti un'idonea certificazione, in qualunque forma. E se si vuole è ovvio: perché la necessità di acquisire le informazioni prescinde dal modo in cui vengano fornite.

Una settima norma transitoria fuori dal contesto è contenuta nell'art. 367, che disciplina le “Modalità di accesso alle informazioni sui debiti risultanti da banche dati pubbliche”. Si tratta di quelle informazioni che le cancellerie hanno diritto di acquisire una volta aperte le procedure di liquidazione giudiziale e/o di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 42. L'art. 367 disciplina le modalità di acquisizione, di natura telematica; ma precisa che le proprie disposizioni su queste novità entreranno in vigore solo “a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia … attestante la piena funzionalità del collegamento telematico”, che dovrà essere adottato a sua volta entro un anno dall'entrata in vigore del Codice, e cioè entro l'agosto 2021. Diciamo che anche a questo riguardo, come si vede, il Codice vuole lasciare il tempo al sistema, nel suo complesso, di organizzarsi in funzione delle novità.

Altre tre norme transitorie fuori dal contesto sono contenute negli articoli 369, 370 e 371, che introducono alcune novità nelle norme sulla liquidazione coatta amministrativa quali contenute nel Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, nel Codice delle assicurazioni private e nelle disposizioni attuative del codice civile. Si tratta di novità in parte solo formali, di adeguamento al nuovo lessico del Codice, per altra parte più sostanziali. Diciamo che le novità sostanziali sono riassumibili nel fatto che, tutte le volte in cui le norme contenute nel Testo Unico e nel Codice delle assicurazioni fanno riferimento alla sede legale della banca, questo riferimento andrà sostituito da quello al “luogo in cui la banca ha il centro degli interessi principali”. Diciamo dunque, in sintesi, che la nozione sostanziale di “centro degli interessi principali” sostituirà quella formale di “sede legale”, in linea con la previsione generale contenuta nell'art. 27 del Codice, che per tutte le procedure prevede la competenza territoriale del tribunale nel cui circondario il debitore abbia, per l'appunto, il centro dei suoi interessi principali. E come l'art. 390 prevede, in generale, l'applicazione del Codice solo alle domande di accesso alle procedure presentate dopo la sua entrata in vigore, così anche gli articoli 369 e 370 prevedono l'applicabilità delle nuove norme sulla competenza contenute nel Testo Unico e nel Codice delle assicurazioni solo in relazione alle “liquidazioni coatte amministrative disposte per effetto di domande depositate o iniziative comunque esercitate successivamente all'entrata in vigore del presente decreto”. Forse la precisazione è superflua, proprio perché la norma generale sarebbe bastata anche da sola; ma certo non si può dire che in questo caso la previsione non sia chiara.

Ancora, un'altra norma transitoria è contenuta nell'art. 372, che introduce alcune novità nel Codice dei contratti pubblici. E forse tra queste novità la più importante, come sembra suggerire anche la relazione illustrativa, è quella che chiarisce che il deposito di una domanda di accesso al concordato preventivo, seppure in bianco, non osta alla partecipazione a procedure di affidamento. Questo al fine di evitare che, paradossalmente, la domanda di concordato, da strumento a tutela dell'imprenditore, si trasformi in ostacolo alla prosecuzione dell'attività. L'art. 372, nel suo ultimo comma, precisa che questa nuova norma, come del resto tutte le altre che introduce, si applicherà comunque alle sole procedure in cui il bando o l'avviso che indicono la gara siano pubblicati successivamente all'entrata in vigore del Codice, e cioè successivamente all'agosto 2020, oppure, nel caso di contratti non preceduti dalla pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure in cui alla stessa data non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare offerte.

Infine, un'ultima norma in senso lato transitoria collocata al di fuori della parte quarta è contenuta nell'art. 384, che prevede l'abrogazione dell'art. 2221 del codice civile, vale a dire della norma che contiene l'indicazione dei soggetti fallibili, a partire dall'entrata in vigore del Codice, e quindi dall'agosto 2020. Questo è ovvio e giusto, possiamo aggiungere, perché fino ad allora i presupposti soggettivi del fallimento rimarranno invariati rispetto ad oggi, e quindi i soggetti fallibili rimarranno quelli indicati ora dall'art. 2221.

Qui finiscono le norme riguardanti l'entrata in vigore del Codice e la disciplina transitoria quali collocate fuori dal loro contesto naturale, costituito – come abbiamo detto – dalla parte dedicata specificamente a tali norme, che è la parte quarta, composta a sua volta da due articoli, come pure abbiamo già detto: gli articoli 389 e 390. Parliamo adesso di questi tre articoli, allora: tre articoli molto compatti, nel senso che sono molto brevi, ma anche molto folti.

Il primo comma dell'art. 389 ci dice che, in linea generale, il Codice entrerà in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della pubblicazione del decreto che contiene la riforma, e cioè nell'agosto 2020. Anche questo lo abbiamo già detto. Ma il secondo comma introduce subito una fittissima serie di deroghe a questa regola generale, ulteriori a quelle contenute nelle singole norme di cui abbiamo parlato fino a qui, perché rinvia a ben sedici articoli, dei quali prevede l'entrata in vigore immediata, dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto. Il che significa che questi articoli sono già entrati in vigore da marzo: si tratta degli articoli 27, primo comma, 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388. E diciamo, supportati in questo senso ancora una volta dalla relazione illustrativa, che si tratta di tutte quelle disposizioni del Codice caratterizzate dal fatto di poter agevolare fin da subito una miglior gestione delle procedure, a prescindere dalle variazioni delle discipline dell'una o dell'altra procedura, oppure che in qualche modo appaiono funzionali a tali variazioni, nel senso di essere preparatorie. Il che, se ci pensiamo, è ciò che caratterizza anche molte delle singole norme transitorie diverse da quelle cui fa riferimento l'art. 389 di cui abbiamo parlato fino a qui.

L'art. 27, primo comma, attribuisce alla competenza del tribunale specializzato in materia di imprese la competenza su tutti i procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione. E coerentemente con questa regola generale l'art. 350 stabilisce a sua volta la sostituzione, anche all'interno delle leggi sull'amministrazione straordinaria, di tutti i riferimenti alla sede legale dell'impresa, previsti ai fini della competenza, con il riferimento al “tribunale sede delle sezioni specializzate”.

Gli articoli 356 e 357 prevedono l'istituzione di un apposito albo presso il Ministero della Giustizia, al quale dovranno risultare iscritti tutti i soggetti “destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore”. Ne abbiamo già parlato a proposito delle modalità di individuazione dei componenti dell'OCRI.

L'art. 359 prevede l'istituzione di un'area web riservata. Anche di questo abbiamo già parlato, a proposito delle notificazioni telematiche.

Gli articoli 363 e 364 prevedono l'obbligo di certificazione dei debiti contributivi, per premi assicurativi e tributari. E anche di questo abbiamo già parlato, a proposito del diritto delle cancellerie di acquisire comunque le informazioni su tali debiti anche prima che gli enti preposti abbiano adotatto la relativa modulistica.

L'art. 366 prevede che, in caso di revoca della liquidazione giudiziale, le spese della procedura, compreso il compenso del curatore, siano poste a carico del creditore istante, anche se non condannato ai danni, se il suo comportamento ha dato causa all'apertura della procedura. Per effetto della norma transitoria, questa disposizione sarà dunque applicabile anche al caso della revoca del fallimento.

Gli articoli 375, 377, 378 e 379 riguardano gli assetti organizzativi dell'impresa in forma societaria (e non anche dell'impresa individuale, quindi) e stabiliscono, nell'ottica di favorire l'emersione tempestiva della crisi, l'obbligo dell'imprenditore di istituire un assetto adeguato sotto ogni profilo – organizzativo, amministrativo, contabile – e “di attivarsi senza indugio”, di fronte alla crisi, “per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Inoltre, l'art. 379 amplia le ipotesi in cui, nelle società a responsabilità limitata, è obbligatoria la nomina degli organi di controllo interni e dei revisori, attraverso la riduzione dei limiti dimensionali in presenza dei quali l'obbligo possa dirsi sussistente, e distingue tra società a responsabilità limitata già costituite e società a responsabilità limitata di nuova costituzione, cioè di costituzione successiva all'entrata in vigore di queste nuove disposizioni. Queste ultime saranno tenute fin da subito a rispettare i nuovi obblighi; le prime avranno invece nove mesi di tempo, a partire dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni, e quindi dal marzo 2019, per adeguare i propri statuti.

Gli articoli 385, 386, 387 e 388 contengono una serie di novità in materia di tutela degli acquirenti di immobili da costruire, destinate in particolare, come sottolinea la relazione illustrativa, ad “apprestare tutela sostanziale all'acquirente per il caso di inadempimento del costruttore all'obbligo legale di rilascio della polizza assicurativa indennitaria decennale”. Viene quindi previsto che la fideiussione a favore dell'acquirente debba garantire la restituzione delle somme versate anche nel caso di recesso dal preliminare dell'acquirente che abbia ottenuto dal notaio l'attestazione di non aver ricevuto la polizza assicurativa. La relazione illustrativa è molto chiara al riguardo, nello spiegare il senso della novità: “poiché la mancanza della polizza assicurativa determina la nullità del contratto, qualora il mancato rilascio della polizza sia accertato dal notaio deve essere consentito all'acquirente di recedere dal contratto ricevendo tutela delle proprie ragioni restitutorie relative ai corrispettivi versati”; quindi la fideiussione perderà efficacia “solo nel momento in cui il fideiussore riceva dal costruttore o comunque da uno dei contraenti copia dell'atto di trasferimento che contenga menzione degli estremi della polizza decennale e della sua conformità”.

Conclusioni

Infine, la disciplina transitoria vera e propria, alla quale pure abbiamo già fatto dei riferimenti. Il principio dettato dall'art. 390 è chiaro e semplificante, a questo proposito: la disciplina attuale continuerà a regolare sia i procedimenti, sia le procedure pendenti alla data di entrata in vigore del Codice, sia le procedure aperte successivamente all'entrata in vigore del Codice ma per effetto di domande presentate prima. Come si vede, si tratta di un principio, in sé e per sé considerato, terso e categorico.

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