Escluso dal passivo del fallimento il credito del membro del collegio sindacale in presenza di atti censurabili

Federico Clemente
15 Luglio 2019

Deve essere accolta l'eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c. formulata dal Curatore e deve, pertanto, essere escluso dal passivo del fallimento il credito di un membro del collegio sindacale, laddove il consiglio di amministrazione abbia commesso gravi irregolarità e sia rilevabile l'inerzia del collegio sindacale nel porre in essere la sua attività di vigilanza volta ad evitare il dissesto della società, per violazione dell'obbligo di diligenza professionale.
Massima

Deve essere accolta l'eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c. formulata dal Curatore e deve, pertanto, essere escluso dal passivo del fallimento il credito di un membro del collegio sindacale, laddove il consiglio di amministrazione abbia commesso gravi irregolarità e sia rilevabile l'inerzia del collegio sindacale nel porre in essere la sua attività di vigilanza volta ad evitare il dissesto della società, per violazione dell'obbligo di diligenza professionale.

Il caso

Nell'ambito della gestione di una società pervenuta al dissesto ed al fallimento, i curatori rilevano una serie di atti ritenuti censurabili, tra cui:

- il conferimento in prossimità della chiusura di un esercizio di ramo d'azienda in una società neocostituita che, poco dopo il conferimento, svaluta in modo significativo gli attivi conferiti, pervenendo subito ad un patrimonio netto negativo, cosicché il conferimento potrebbe essere stato finalizzato a non ridurre i valori di attività in capo alla conferente poi fallita;

- l'ottenimento di anticipazioni bancarie tramite la presentazione di fatture gonfiate, e quindi con ricorso abusivo al credito;

- il conferimento di altro ramo d'azienda in neocostituita società, con una non corretta indicazione dei crediti conferiti per commesse in corso di esecuzione, a svantaggio della conferente che quindi ha subito un danno causato dai minori ricavi contabilizzati.

Il presidente del collegio sindacale, in sede di fallimento, presenta domanda di ammissione al passivo del proprio credito per il compenso maturato per la carica rivestita e non pagato dalla società.

Il credito viene escluso con decreto del giudice delegato, condivisa integralmente la proposta del collegio dei curatori così articolata:

il collegio dei curatori tenuto conto: che l'Avvocato… è stato presidente del collegio sindacale per numerosi mandati (ininterrottamente dal 2003 alla data di dichiarazione del fallimento); che dall'esame dei bilanci della contabilità sociale, con specifico riferimento agli anni immediatamente precedenti all'accesso della società alla procedura di concordato preventivo sono emerse irregolarità; propone di escludere l'importo richiesto pari ad euro… comprensivo di Iva e cpa, al netto della ritenuta d'acconto del 20%, impregiudicata ogni valutazione in ordine all'attività svolta dal professionista”.

Nel corso del giudizio di opposizione, l'opponente sottolinea come la motivazione di esclusione sia generica nel richiamo alle irregolarità, che non vengono esplicitate e dettagliate e per la parte in cui è stata disposta una illegittima compensazione tra il credito del componente del collegio, credito certo e liquido, ed un credito eventuale e non accertato della fallita verso l'opponente, credito che potrebbe essere definito solo all'esito di un azione di responsabilità ex art. 146 l.f., azione peraltro non esperita.

Asserisce altresì l'opponente che il procedimento andrebbe sospeso ex art 295 c.p.c. in attesa dell'esito del procedimento penale avviato a carico del sindaco istante per le medesime condotte in esame e che, essendo stato certificato il bilancio da una società di revisione cui spettavano i controlli contabili, a questa pertanto sarebbe spettato in via esclusiva il dovere di rilevare le violazioni commesse.

La procedura svolge le proprie difese esplicitando invece che le ragioni dell'esclusione non poggiano su una (tra l'altro inespressa) compensazione, ma sulla eccezione di inadempimento contrattuale ex art. 1460 c.c.per omessa vigilanza su condotte poste in essere dagli amministratori della società in violazione dei doveri imposti dalla legge e dall'atto costitutivo che hanno causato gravi danni alla società fino a condurla al fallimento”.

Le valutazioni dell'Organo giudicante

L'Organo giudicante ha preliminarmente escluso la necessità di sospensione in relazione agli aspetti penali, ritenendo non pendente il procedimento penale in assenza del provvedimento di rinvio a giudizio.

Inoltre, il Giudice ha rilevato che l'ambito della responsabilità civile che potrebbe essere fonte di richiesta risarcitoria – comprendendo anche condotte meramente colpose – è più esteso di quello oggetto dell'indagine penale.

Superata l'eccezione processuale, il Collegio ha posto l'accento sull'aspetto contrattuale del rapporto, sostenendo come “nell'ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, fra i quali rientrano i contratti per prestazioni professionali, come quello di presidente del collegio sindacale della società fallita, può essere sempre opposta l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. nel caso in cui sia stato violato l'obbligo di diligenza professionale ed il professionista si sia reso inadempiente ai suoi doveri professionali”, con la conseguenza che dalla controparte possa essere rifiutato il pagamento della prestazione.

Il Collegio ha quindi richiamato la responsabilità dei sindaci in via solidale con gli amministratori ex art 2407 c.c. per i fatti e le omissioni degli amministratori stessi, nonché ex art. 2403 c.c. per gli obblighi di vigilanza sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo, sulla corretta amministrazione, sulla adeguatezza dell'assetto amministrativo.

Posti i principi giuridici, il Tribunale ha esaminato le violazioni emerse dal procedimento, ritenendo provata, in base alla documentazione in atti, la non corretta rappresentazione delle poste di bilancio, tale da ingannare i creditori, e “la grave inerzia del collegio sindacale nel porre in essere la sua attività di vigilanza che avrebbe dovuto essere volta ad evitare il dissesto o quanto meno a non aggravare la situazione debitoria della società”.

Quanto alla ripartizione dei compiti tra il revisore e il collegio sindacale, il Tribunale ha ritenuto assorbente l'obbligo del Collegio sindacale di vigilanza sull'adeguatezza dell'assetto contabile societario “al fine di poter riconoscere immediatamente eventuali violazioni della legge e dello statuto poste in essere dagli amministratori”.

Ritenuto pertanto che le attività poste in essere dagli amministratori abbiano condotto al dissesto economico e finanziario della società, senza essere state censurate dal collegio sindacale, il Tribunale ha respinto l'opposizione allo stato passivo.

Osservazioni

Il provvedimento del Tribunale di Bergamo è particolarmente ricco di spunti giuridici.

Tra i principi enunciati, spicca quello della inadempienza contrattuale ex art 1460 c.c.. L'applicazione di tale principio al percorso fallimentare, specie con riferimento ad amministratori e sindaci, costituisce un sentiero poco esplorato ed apre a scenari di sicura prospettiva.

Ci si pone sovente, in sede di verifica del passivo del fallimento, la domanda di come fronteggiare richieste di ammissione al passivo portate da amministratori, sindaci e professionisti il cui operato sia ritenuto censurabile, tanto più laddove abbia contribuito al dissesto societario.

Una via talvolta percorsa è quella della esclusione del credito portatandolo in compensazione con il maggior credito risarcitorio che si ritiene vantato dalla società, ancorché non cristallizzato dall'esito di un giudizio. Tuttavia, l'impostazione offre il fianco alla facile obiezione che il credito maturato dall'amministratore o dal professionista può essere di norma ritenuto certo ed esigibile, tanto più se il compenso è stato deliberato dall'assemblea come per amministratori e sindaci, o comunque espressamente contrattualizzato, e in ogni caso iscritto in contabilità.

Di converso, è certo che il presunto credito risarcitorio della procedura non possa essere portato in compensazione con il compenso rivendicato dal sindaco, atteso che la contestazione dell'esistenza e dell'ammontare del danno da parte di quest'ultimo si risolve, in ogni caso, in un difetto non solo di certezza ma anche di liquidità (in tema: Cass. 27 giugno 2016, n.13244).

Ben diversa l'angolatura prospettata nel contenzioso in esame, dove è la prestazione ad essere motivatamente messa in discussione, con la conseguenza che il credito non si ritiene maturato per inadempienza.

La decisione trova fondamento nella giurisprudenza della Suprema Corte a parere della quale - innanzi alla formulazione di un'eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c. - è il soggetto invocante il credito a dover dimostrare di aver agito conformemente a legge e di aver correttamente adempiuto al fine di evitare l'operatività dell'eccezione, idonea come tale a paralizzare la sua pretesa creditoria (di recente: Cass. ord. 13 giugno 2018, n.15424; Cass. ord. 31 ottobre 2018, n.27758).

Da rimarcare anche il richiamo all'obbligo del collegio sindacale di tempestivo e costante controllo dei dati contabili, pur in presenza di un revisore esterno al collegio, al fine di “riconoscere immediatamente eventuali violazioni della legge e dello statuto poste in essere dagli amministratori”.

In altri termini, pare di poter affermare che, sebbene la veridicità dei dati contabili faccia capo al revisore, il collegio non possa esentarsi dal loro vaglio continuativo, al fine di trarre le debite conseguenze in ordine all'andamento societario ed alla corretta amministrazione.

Ed ancora, viene posta a carico del collegio la non corretta rappresentazione societaria offerta dal bilancio, pur in presenza di un revisore. Il principio appare condivisibile, specie ove la falsità del bilancio sia conseguente ad operazioni ritenute di mala gestione non censurate, quali nel caso di specie conferimenti ritenuti finalizzati a migliorare la situazione di bilancio, facendo emergere plusvalori ovvero aventi la finalità di trasferire ad un altro soggetto giuridico attività che, diversamente, avrebbero dovuto essere svalutate.

Conclusioni

Il Tribunale di Bergamo, dunque, ricorda la possibilità, sovente lasciata in un angolo, che in sede di verifica del passivo le prestazioni professionali possano essere oggetto di contestazione ed eccezione da parte del Curatore in termini di adempimento, tanto più a fronte di condotte che abbiano contribuito al dissesto societario ed anche al di fuori dell'azione di responsabilità che pure il curatore può esperire. Vi saranno nel caso due giudizi aventi ad oggetto il medesimo mandato professionale: uno volto all'esclusione del credito dal passivo laddove richiesto, l'altro legato all'esercizio dell'azione di responsabilità ex art. 146 l.f. mirato ad ottenere un ristoro dei danni a favore della Massa dei Creditori.

Di sicuro interesse anche la configurazione del rapporto tra collegio sindacale e revisore. La presenza di quest'ultimo, secondo il Tribunale di Bergamo, non esclude un tempestivo e continuo controllo dei dati contabili, necessaria premessa alle attività di cui all'art. 2403 c.c.. Corretto prevedere dunque, quantomeno con periodicità trimestrale, che il collegio debba acquisire ed analizzare un bilancio periodico, o quantomeno una situazione contabile aggiornata.

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