Sinistro causato da terzi, perdita della capacità lavorativa e indennizzi INPS: sì alla compensatio lucri cum damno

15 Luglio 2019

Nel caso di sinistro che provochi la perdita totale o parziale, temporanea o definitiva, della capacità lavorativa, la liquidazione integrale del danno patrimoniale deve essere decurtata in ragione di quanto eventualmente corrisposto dall'ente previdenziale, essendo, le due prestazioni, dirette a compensare la lesione dello stesso bene della vita (la capacità lavorativa) e, perciò, cumulabili. Il danneggiante resta esposto all'azione di recupero dell'ente previdenziale prevista dalla legge.

La compensatio lucri cum damno si applica in caso di indenizzi INPS per perdita di capacità lavorativa causata da terzi? La questione posta all'attenzione della Corte di Cassazione è se nella liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante derivante alla perdita della capacità lavorativa debbano decurtarsi gli indennizzi erogati al danneggiato dall'ente previdenziale conseguenza del sinistro.

Il tema è noto come quello della “compensatio lucri cum damno” - cioè del principio per cui «se l'atto dannoso porta, accanto al danno, un vantaggio, quest'ultimo deve essere calcolato in diminuzione dell'entità del risarcimento» (Cass. civ., Sez. Un. n. 12564/2018) - sui limiti di operatività e la portata del quale, dato il contrasto giurisprudenziale, si è reso necessario l'intervento delle Sezioni Unite.

Controversa era la delineazione dei limiti entro i quali la compensatio potesse applicarsi - dissero le Sezioni Unite - «soprattutto là dove il vantaggio acquisito al patrimonio del danneggiato in connessione con il fatto illecito derivi da un titolo diverso e vi siano due soggetti obbligati, appunto sulla base di fonti differenti» … «situazione che si verifica quando, accanto al rapporto tra il danneggiato e chi è chiamato a rispondere civilmente dell'evento dannoso, si profila un rapporto tra lo stesso danneggiato ed un soggetto diverso, a sua volta obbligato, per legge o per contratto, ad erogare al primo un beneficio collaterale» (Cass. civ., Sez. Un. n. 12564/2018).

Lo stesso giudizio de quo, rientrando il tema posto nell'ambito del detto contrasto giurisprudenziale, era stato rinviato ad altro ruolo, per poi esservi rimesso una volta giunta la decisione delle Sezioni Unite, la già citata n. 12564 del 2018.

Nessuna compensazione se le funzioni sono diverse e non è prevista surrogazione o rivalsa. La sentenza in commento prende dunque le mosse da quanto statuito nel 2018 dalle Sezioni Unite.

Il caso deciso dalle Sezioni Unite riguardava la questione «se il danno patrimoniale patito dal coniuge di persona deceduta, consistente nella perdita dell'aiuto economico offerto dal defunto, debba essere liquidato detraendo dal credito risarcitorio il valore capitalizzato della pensione di reversibilità accordata al superstite dall'Istituto nazionale della previdenza sociale» (Cass. civ., n. 12564/2018).

Le Sezioni Unite affermano la cumulabilità, in quel caso, dei due pagamenti in base alla “non omogeneità delle funzioni delle poste attive riscosse dal danneggiato” (Cass. civ., n. 18050/2019) (danno patrimoniale e pensione di reversibilità, di cui veniva negata la funzione risarcitoria e che assolve alla funzione di mantenere una promessa, quella di sostenere la famiglia al momento del suo decesso; promessa per la quale il lavoratore rinuncia a parte dello stipendio durante la vita lavorativa e che non è collegata all'illecito che eventualmente quel decesso ha provocato), nonché alla mancanza di sistemi di recupero per l'ente previdenziale, di quanto (verrà) corrisposto al superstite: detti sistemi consentono infatti di evitare che il danneggiante possa avvantaggiarsi del beneficio previdenziale corrisposto al danneggiato; onde ammettere la sottrazione del vantaggio, sempre necessario il rispetto di un principio di razionalità-equità, oltre che la coerenza con la polifunzionalità delle responsabilità civile (v. Cass. civ., Sez. Un. n. 16601/2017), che sostanzialmente vuole che tra danneggiato incolpevole e danneggiante colpevole debba sacrificarsi quest'ultimo (salvo un merito specifico).

Le stesse Sezioni Unite, per quanto qui interessa, escludono che in senso contrario possa militare l'orientamento, consolidatosi in giurisprudenza (e richiamato dall'ordinanza di rimessione), sulla non cumulabilità dello stipendio ed il risarcimento del danno da incapacità lavorativa temporanea: nel caso di perdita di capacità lavorativa temporanea per infortunio, in cui si continua a percepire la retribuzione, si nega si possa pretendere il risarcimento del danno da incapacità temporanea, sostanzialmente inesistente (salvo che non dia prova di avere perso occasioni specifiche, come straordinari o trasferte, o pregiudizi alla carriera per l'assenza dal lavoro).

Sì alla compensazione se le prestazioni assolvono ad una funzione omogenea e… A differenza del caso deciso dalle Sezioni Unite, nel caso in commento, riguardante l'indennità di malattia e la pensione di invalidità pagate al lavoratore in conseguenza di un sinistro causato da un terzo, queste, rileva la Corte, sono direttamente compensative del danno patrimoniale da lucro cessante: le due diverse prestazioni, il risarcimento del danno e le indennità previdenziali, in questo caso svolgono una funzione omogenea, hanno cioè entrambe la funzione di compensare il danneggiato della perdita dello stesso bene, quello della capacità lavorativa.

…se è previsto un sistema di recupero per l'ente previdenziale. Aggiungasi, osserva la Corte, che, nel caso in parola il sistema di recupero a favore dell'ente previdenziale esiste ed è previsto dal d.lgs. n. 209/2005 (il Codice delle assicurazioni private”, e, prima, dalla l. n. 990/1969, legge poi abrogata dal d.lgs. n. 209/2005) e dalla l. n. 222/1984 (“Revisione della disciplina della invalidità pensionabile”): trattasi di ipotesi specifiche di surroga delle più generali previsioni di cui agli artt. 1203 (“Surrogazione legale”) e 1916 (“Diritto di surrogazione dell'assicuratore”) c.c.

Indifferenza del risarcimento. Nel caso di specie si verifica dunque quella “indifferenza del risarcimento” per la quale, se da un lato il danneggiato non può ricevere una doppia compensazione della lesione del medesimo bene, al contempo, dall'altro lato, il danneggiante non può avvantaggiarsi della presenza dell'erogazione dell'ente previdenziale, essendo tenuto nei suoi confronti in ragione dell'azione di recupero prevista dalla legge: chiunque paghi il danneggiato, il costo finale dev'essere sostenuto dal danneggiante.

In conclusione, il ricorso è respinto, affermandosi in questo caso che deve applicarsi la compensatio lucri cum damno, ed enunciandosi il principio esposto sinteticamente in massima.

Le spese processuali sono compensate in ragione del consolidamento della giurisprudenza in merito ad una questione controversa – anche in seguito alla sentenza delle cit. Sezioni Unite n. 12564/2018 - successivamente alla proposizione del ricorso.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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