Se non risulta la rinuncia al mandato la notifica della sentenza al difensore è valida

16 Luglio 2019

La rinuncia al mandato non è soggetta a particolari forme e può dunque desumersi da elementi processuali che dimostrino l'abbandono da parte del procuratore delle sue funzioni, in coincidenza con l'assunzione di esse da parte di altro procuratore; trattasi di un giudizio affidato al Giudice del merito ed è sottratto al sindacato di legittimità.

Il caso. La Corte di cassazione accoglie, con assorbenza di tutti gli altri, il primo motivo di ricorso, attinente al rilievo dato dalla Corte d'appello alla rinuncia al mandato da parte del difensore in primo grado e, conseguentemente, alla negazione della idoneità della notifica, effettuata presso il suo domicilio, a far decorrere il termine breve per l'impugnazione della sentenza previsto dall'art. 325 c.p.c.

Era infatti successo che un primo difensore dell'attore (soccombente in primo grado) aveva rinunciato al mandato, ma ciò, secondo la controparte, ricorrente in Cassazione, le era stato reso noto solo con le memorie di replica in sede di gravame. Non potendo essere il notificante a conoscenza della rinuncia al mandato, doveva valere la decorrenza del termine breve per l'impugnazione della sentenza, che era stata notificata al difensore medesimo (e perciò da ritenersi tardiva l'impugnazione). Niente provava (nell'assenza del deposito telematico oltre che di timbri della cancelleria sugli atti richiamati) ciò che asseriva controparte, e cioè, che il deposito della rinuncia sarebbe avvenuto in primo grado.

Secondo il ricorrente la sentenza viola il divieto di nuove produzioni documentali in appello di cui all'art. 345 c.p.c. e le prescrizioni circa la notifica al procuratore costituito nel corso del procedimento di cui all'art. 170 c.p.c.

Ad avviso della Corte territoriale, invece, la rinuncia al mandato si era perfezionata durante lo svolgimento del primo grado di giudizio (e, dunque, non dovendosi considerare valida la notifica della sentenza al domicilio del detto difensore ai fini della decorrenza del termine breve, l'impugnazione era da ritenersi tempestiva) e l'incarico al secondo difensore (costituitosi in cancelleria successivamente al deposito della rinuncia al mandato cui la corte territoriale dava rilievo) era da ritenersi compiuto in sostituzione e non in aggiunta del primo.

Per il ricorrente vale il principio per cui anche il difensore non domiciliatario non può restare inerte. Secondo il ricorrente la questione va risolta con l'applicazione del principio secondo cui ove la parte sia costituita a mezzo di due procuratori con uguali poteri di rappresentanza e la notifica della sentenza sia effettuata ad entrambi, il termine per l'impugnazione decorre dalla prima notifica, anche se effettuata al procuratore non domiciliatario – sempre che questi non eserciti fuori dal circondario o non elegga domicilio ex art. 83, R.d. n. 37/1934 – dal momento che i poteri, oneri e facoltà non variano tra difensori domiciliatari e non e che il procuratore non domiciliatario non può restare inerte (principio affermato Cass. civ., n. 2774/2011 e Cass. civ., n. 5759/2004).

Prospettazione non condivisa dalla Corte d'appello, secondo cui il mandato al secondo difensore non è avvenuto in aggiunta, ma in sostituzione.

Afferma la Corte che la nomina di un secondo difensore si presume data in aggiunta al primo. Di diverso avviso la Corte di cassazione, che parte dal principio secondo cui, «in difetto di univoche espressioni contrarie», la nomina al secondo difensore va presunta data in aggiunta e non in sostituzione del primo e che entrambi siano muniti di pieni poteri di rappresentanza processuale, in ossequio al carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato ex art. 1716, comma 2, c.c. (menziona sul punto Cass. civ., n. 8525/2017 e n. 16709/2007).

Ebbene, osserva la Corte, nel caso de quo tale univoca espressione contraria non risulta, anzi: il secondo mandato è conferito, testualmente, «congiuntamente e disgiuntamente» al difensore già nominato.

L'atto di rinuncia del primo avvocato, a sua volta, non risulta prodotto in prime cure o con l'atto di appello (gli atti richiamati dalla sentenza di appello non recano l'attestazione di deposito in cancelleria), ma in memoria di replica (con conseguente preclusione dell'acquisizione processuale).

Non v'è dunque prova che la rinuncia sia avvenuta prima della data di notifica della sentenza di primo grado.

La rinuncia al mandato è rinvenibile anche da elementi di fatto. Non essendo prevista alcuna forma specifica, prosegue la Corte, detta rinuncia è rinvenibile anche in elementi che dimostrino l'abbandono delle funzioni in coincidenza con quelle assunte da altro difensore, giudizio questo affidato al giudice del merito (il richiamo è a Cass. civ., n. 2396/1973); la rinuncia può avvenire anche per facta concludentia, tra cui può annoverarsi anche l'assenza dalle udienze qualora, valutata unitamente ad altri elementi, induca il Giudice del merito a ritenere cessato il rapporto tra la parte ed il difensore.

Conclusivamente, la sentenza è cassata con rinvio al Giudice del merito che dovrà valutare se dai fatti potesse desumersi l'avvenuta rinuncia del primo difensore.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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