Responsabilità solidale negli appalti: il termine biennale di decadenza opera solo per i crediti retributivi e non per quelli contributivi

La Redazione
17 Luglio 2019

Per la Corte di cassazione il termine biennale di decadenza per far valere la responsabilità solidale negli appalti opera solo per i crediti retributivi e non per quelli contributivi soggetti soltanto al termine prescrizionale.

Massima. Per la Corte di cassazione il termine biennale di decadenza per far valere la responsabilità solidale negli appalti opera solo per i crediti retributivi e non per quelli contributivi soggetti soltanto al termine prescrizionale.

L'obbligo contributivo nel regime dell'appalto. Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte scaturisce da un accertamento INPS per mancato versamento di contributi da parte dell'azienda committente, rispetto ad obblighi non adempiuti da parte dell'appaltatrice. L'istituto previdenziale aveva avanzato la propria pretesa nell'ambito di una difesa in via riconvenzionale proposta oltre il termine decadenziale di due anni, previsto dall'art 29, d.lgs. n. 276 del 2003. Secondo la Corte d'appello adita in secondo grado, la pretesa dell'INPS era da ritenersi infondata a causa del decorso del termine di decadenza, posto che detto termine poteva essere interrotto solo dall'attività giudiziale e non con la semplice notificazione del verbale di accertamento.


La questione giungeva sino agli Ermellini chiamati a precisare se il termine biennale di decadenza previsto dalla normativa sull'appalto possa essere applicabile anche a soggetti terzi (quali gli enti previdenziali ed assistenziali) oppure ai soli lavoratori. La questione giuridica assume particolare rilevanza alla luce di un consolidato orientamento giurisprudenziale (tra le molte Cass., n. 996 del 2007) secondo cui l'INPS, nell'esercizio dei poteri d'ufficio, non può mai ritenersi decaduto.

La ratio della co-obbligazione. Il comma 2 dell'art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003, viene considerato nel caso di specie nella sua formulazione ante riforma 2012: ”nel caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”.


La norma si ispira alla massima garanzia per il lavoratore che ha speso le proprie energie lavorative nell'ambito di un appalto in cui sono – naturalmente – coinvolti più soggetti, volendo così evitare che la “polidatorialità” o la “polidirezione” della prestazione lavorativa comporti confusione nella determinazione degli obblighi retributivi e contributivi causando vuoti di responsabilità. In particolare, nella sua formulazione ante 2012, la norma in oggetto prevedeva un'obbligazione solidale (non una sussidiarietà) del committente con l'appaltatore ed i successivi subappaltatori.


La norma quindi tende alla protezione del lavoratore e bilancia l'elevato rischio imprenditoriale stabilendo un termine decadenziale di due anni dalla cessazione dell'appalto, cosicché il committente sia, sì, obbligato, ma entro il biennio.

Le due ipotesi interpretative. Chiarita la struttura e la ratio della norma, bisogna chiedersi se il bilanciamento degli interessi inerisca il solo rapporto di lavoro, in senso stretto oppure anche le sue implicazioni previdenziali ed assistenziali.


Sul punto, la Corte di cassazione offre due interpretazioni.

Da un lato, il termine decadenziale biennale potrebbe estendersi anche all'INPS in quanto esclusivo legittimato alla pretesa contributiva: il lavoratore, infatti, non può direttamente ricevere i contributi. Pertanto i trattamenti contributivi, oggetto di obbligazione solidale o sussidiaria, non possono che essere pretesi nei due anni dalla cessazione dell'appalto dal legittimato, INPS, verso committente e verso l'appaltatore.


Dall'altro lato, però, l'art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003, nulla specifica in ordine all'obbligazione contributiva, che si distingue da quella retributiva per sua natura, sicché, in assenza di specifiche previsioni varrebbe la regola sistematica per cui l'azione di accertamento dell'obbligo contributivo è soggetta solo al termine prescrizionale e non a quello decadenziale, comunque espresso.

Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione aderisce a quest'ultima interpretazione: l'obbligazione contributiva derivante dalla legge e che fa capo a INPS, ha natura indisponibile ed è distinta rispetto a quella retributiva benché ad essa commisurata. Non sarebbe quindi coerente con questo distinguo la possibilità (implicita) che a seguito della tempestiva azione del lavoratore venga corrisposta una retribuzione, la quale però rimarrebbe sprovvista della collegata misura contributiva per il solo fatto che l'ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell'appalto.


Detta interpretazione rivela quindi un'ampia tutela anche a INPS, che a differenza di altri soggetti, può legittimamente agire senza limiti temporali, causando un aumento del rischio imprenditoriale.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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