Tributario

Effetti della scadenza del termine per opporsi o impugnare un atto della riscossione coattiva

Paola Rossi
18 Luglio 2019

L'articolo evidenzia come l'attività dell'agente della riscossione sia scandita da un termine di decadenza per la notifica della cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo a cui segue un termine di prescrizione, nella generalità dei casi ordinaria. La differenza tra i due termini potrebbe esporre il più lungo termine decennale a censure di incostituzionalità.
Premessa

Aderendo alla propria consolidata giurisprudenza, la Suprema Corte ha di recente ribadito come la scadenza del termine perentorio per opporsi o comunque per impugnare un atto di riscossione produca l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito, ma non consente anche di fare applicazione dell'art. 2953 c.c. tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

La giurisprudenza di legittimità in tema di effetti prodotti dalla definitività di un atto della riscossione coattiva

Con la sentenza n. 23397/2016 le Sezioni Unite, richiamando la propria precedente giurisprudenza (cfr., per tutte, Cass. Civ. n. 6628/2006; n. 1650/2014 e n. 3987/2016), hanno affermato che la scadenza del termine perentorio per opporsi o impugnare l'atto di riscossione mediante ruolo, o comunque un atto di riscossione coattiva, produce l'effettosostanziale dell'irretrattabilità del credito (quindi la sua definitività), ma non effetti ditipo processuale, e quindi non anche “la c.d. conversione del termine di prescrizione breve […] in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.

A tale principio viene attribuita, sempre dalle Sezioni Unite, portata generale, in quanto applicabile a tutti gli atti (comunque denominati) di riscossione, tramite ruolo o meno, quindi agli atti di riscossione coattiva dei crediti degli enti previdenziali, dei crediti relativi alle entrate dello Stato (tributarie ed extratributarie), dei crediti delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative.

Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre opposizione e/o impugnare l'atto di riscossione coattiva non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c. tranne che in presenza di un “titolo giudiziale divenuto definitivo” [ossia nel caso di sentenza passata in giudicato, oppure di decreto ingiuntivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale, o anche nell'ipotesi di decreto o di sentenza penale di condanna divenuti definitivi (ove si tratti di fattispecie anche penalmente rilevanti) (c.d. prescrizione decennale da “actio judicati” prevista dall'art. 2953 c.c.)], ma non nel caso di cartella esattoriale o di avviso di addebito la cui omessa impugnazione non può far acquistare a tali provvedimenti efficacia di giudicato, in quanto trattasi di provvedimenti “espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A.” [A questo proposito la Sezione lavoro della Suprema Corte (cfr. Cass., n. 9944/1991; n. 10269/1991 e n. 11421/1991) ha individuato la categoria dei “c.d. titoli esecutivi paragiudiziali” (accanto a quella dei titoli giudiziali) aventi l'attitudine a diventare, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, definitivi e il diritto di credito (da essi recato) incontrovertibile] che cumulano le caratteristiche di titolo esecutivo e di precetto, ma sono privi dell'attitudine ad acquistare l'efficacia di cosa giudicata (Così Cass., n. 8335/2003; n. 24449/2006 e n. 12263/2007).

L'art. 2953 c.c., infatti, è una norma speciale che non può applicarsi a fattispecie diverse dalla sentenza (nel senso che l'art. 2953 c.c. non possa essere applicato per analogia oltre i casi in essa stabiliti, ex multis Cass., n. 285/1968 e n. 5710/1999.) e, nel caso di un atto di riscossione non opposto, non esiste alcun atto di formazione giudiziale dotato di autonomia, non determinandosi alcun effetto novativo delle obbligazioni originarie per effetto del ruolo e dell'emissione della cartella.

Da ciò consegue che il termine di prescrizione applicabile a seguito dell'intervenuta definitività resta quello per natura previsto per il credito portato dalla cartella, quindi quello decennale ordinario dell'art. 2946 c.c., salvo termini di prescrizione più brevi previsti dalla normativa speciale per le diverse imposte e/o contributi.

Stesso termine deve, altresì, ritenersi applicabile alle sanzioni, parimenti oggetto dell'atto di riscossione resosi definitivo per mancata impugnazione, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione principale e quella accessoria non può che essere unitario (Cosi Cass., SS.UU., n. 25790/2009 e Cass., n. 8814/2008).

A tale indirizzo si è uniformata la successiva giurisprudenza di legittimità (conformi le ordinanze n. 11800/2018; n. 27184/2018 e n. 31817/2018.), quella di merito (conformi CTR Roma, sez. XII, 7 marzo 2017, n. 1050; CTR Abruzzo, sez. II, 12 giugno 2017, n. 558; CTR Piemonte, sez. VI, 7 marzo 2018, n. 497; CTR Campania, sez. XVII, 9 marzo 2018, n. 2252) e diverse Corti di Appello – Sez. Lavoro.

In evidenza
Così Corte di Appello di Torino, Sez. Lavoro, 25 settembre 2017, n. 769; Corte di Appello di Bologna, Sez. Lavoro, 7 febbraio 2019, n. 103; Corte di Appello di Cagliari, Sez. Lavoro, 11 marzo 2019, n. 220. In particolare nella sentenza della Corte di Appello di Torino è stata respinta l'eccezione, promossa dall'Agenzia delle Entrate – Riscossione, che sosteneva che il termine di prescrizione del rapporto obbligatorio scaturente da un titolo esecutivo non opposto deve esser ritenuto decennale in assenza di un'espressa previsione per l'azione di riscossione, ed ha fondato la sua ricostruzione sul disposto dell'art. 20, comma 6 D.Lgs. n. 112/1999 (articolo che, nel prevedere la possibilità per l'ente creditore di riaffidare in riscossione i crediti, successivamente al discarico, qualora individui significativi elementi reddituali o patrimoniali riferibili al debitore, sottopone tale possibilità alla condizione che “non sia trascorso il termine di prescrizione decennale”). L'eccezione è stata respinta dalla Corte, in quanto il D.Lgs. n. 112/1999 è un decreto che si applica prevalentemente all'attività amministrativa di riscossione in materia fiscale in cui il termine sostanziale decennale è quello ordinariamente applicabile, mentre nel D.Lgs. n. 241/1997 è dettata una specifica regolamentazione in materia di riscossione, applicabile a tutti gli enti previdenziali a decorrere dal 1999 (art. 28) che non prevede “il discarico per inesigibilità”, ma una diversa disciplina per sanzionare eventuali ritardi e/o errori del concessionario (art. 26).

Da ultimo le ordinanze nn. 10547 e 10459 del 15 aprile 2019 si sono occupate del termine di prescrizione nel caso di mancata impugnazione nei termini di una cartella di pagamento avente ad oggetto crediti erariali (IRPEF e relative addizionali).

Anche in quest'ultimo caso, la Corte, aderendo alla propria consolidata giurisprudenza (così Cass., n. 2941/2007; n. 22977/2010; n. 24322/2014 e n. 16713/2016), ha ribadito che il credito erariale scaturente da atti della riscossione definitivi per mancata impugnazione nei termini è soggetta non già al termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art 2948, n. 4 c.c. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, bensì all'ordinario termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c., “in quanto la prestazione tributaria, attesa l'autonomia dei singoli periodi di imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi” (il termine di prescrizione ordinario decennale è, pertanto, applicabile a tutte le principali imposte dirette: IRPEF, IRES ed IRAP ed indirette: IVA, registro e successioni).

Natura dei termini cui è soggetta l'attività dell'agente della riscossione

Da quanto precede discende che, una volta che l'ente creditore ha reso esecutivo il ruolo, l'attività dell'agente della riscossione è scandita da termini di decadenza e, a seguire, di prescrizione.

Ai sensi dell'art. 25, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 602/1973 (nella versione della norma risultante dalle modifiche apportate dall'art. 37, comma 40 D.L. n. 223/2006 a seguito della sentenza della Corte costituzionale (n. 280/2005) che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 25 d.P.R. n. 602/1973 nella parte in cui non prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario doveva notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate al sensi dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973.), infatti, per le somme dovute in base agli accertamenti dell'ufficio, l'agente della riscossione notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, apena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.

Una volta notificata la cartella di pagamento, e decorso inutilmente il termine per impugnarla, comincia a decorrere un nuovo termine, questa volta di prescrizione, nella generalità dei casi ordinaria (di cui all'art. 2946 c.c.), salvo che la normativa speciale dettata per le singole imposte e/o contributi preveda termini di prescrizione più brevi (di quello decennale).

In conclusione

Data la scadenza assai più breve del termine di decadenza rispetto a quello di prescrizione (rispettivamente di due e dieci anni), potrebbero riproporsi per il termine decennale le stesse censure mosse più volte dalla Corte costituzionale (così Corte Cost., ord. n. 107/2003; ord. n. 352/2004 e sent. n. 280/2005) in relazione alla mancata previsione di un termine per la notifica al contribuente della cartella di pagamento per le imposte liquidate ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973.

Anche in questo caso, infatti, in mancanza di un'espressa previsione di un termine per l'esercizio dell'azione di riscossione (e conseguente applicazione del termine per natura previsto per il credito portato dal titolo esecutivo), il contribuente rischia di essere nuovamente “assoggettato all'azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato”, tempo che, anche se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, sicuramente risulta “eccessivo ed irragionevole”, essendo irragionevole attribuire all'Amministrazione (latu sensu intesa) un termine così lungo per compiere delle mere attività di liquidazione (trattandosi di crediti ormai quantificati e consolidati da tempo).

Infine, nel caso in cui la notifica della cartella risultasse nulla, qualsiasi atto successivo di intimazione e/o di esecuzione (intimazione di pagamento, iscrizione ipotecaria) potrà essere impugnato dinanzi al giudice tributario, anche per far valere l'eventuale intervenuta prescrizione.

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