Il tribunale di Roma esclude l'applicabilità dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015 ai collaboratori outbound

Francesco Meiffret
19 Luglio 2019

Ai sensi del comma 2 dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, le tutele previste nel rapporto di lavoro subordinato non si applicano ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonostante sussista il requisito dell'eterorganizzazione se il trattamento economico e normativo è già regolato da un accordo collettivo...
Massima

Ai sensi del comma 2 dell'art. 2,d.lgs.n. 81 del 2015, le tutele previste nel rapporto di lavoro subordinato non si applicano ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonostante sussista il requisito dell'eterorganizzazione se il trattamento economico e normativo è già regolato da un accordo collettivo.

La scelta da parte del lavoratore della collocazione oraria all'interno del quale eseguire la prestazione comporta l'esclusione della natura subordinata del rapporto di lavoro.

Il caso

Una società che gestiva in appalto un servizio di assistenza call center outbound per una nota compagnia telefonica aveva presentato ricorso contro alcuni suoi ex collaboratori per far per far accertare la corretta qualificazione dei rapporti come collaborazioni coordinate.

La società aveva deciso di agire per far accertare la legittimità della qualificazione dei rapporti di lavoro intercorsi dopo che i convenuti avevano chiesto tramite raccomandata la riqualificazione del rapporto in contratto di lavoro subordinato ed il versamento delle conseguenti differenze retributive.

La ricorrente sosteneva che i resistenti dal 2016 al 2018 avevano collaborato mediante contratti di collaborazione più volte reiterati. L'oggetto della collaborazione consisteva principalmente nella verifica che i clienti della società telefonica che avevano chiesto l'assistenza tecnica fossero soddisfatti del servizio a loro reso. In aggiunta i collaboratori dovevano proporre nuove tipologie di contratti ai clienti contattati.

Deduceva, inoltre, che i collaboratori non avevano vincoli di orario in quanto era a loro concessa la scelta, con cadenza settimanale, di quali turni svolgere. L'assenza di subordinazione era confermata dall'assenza di potere disciplinare da parte del committente in caso di assenze ingiustificate dei collaboratori.

In merito alle differenze retributive la società ricorrente insisteva per la legittimità del proprio operato poiché quanto corrisposto a titolo di compenso ai collaboratori era parametrato all'accordo collettivo siglato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

I resistenti si costituivano insistendo in via principale per l'accertamento della natura subordinata del rapporto. In subordine chiedevano l'applicazione delle tutele del lavoro subordinato in base all'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015.

Evidenziavano, infatti, di aver lavorato con reiterati contratti di collaborazione senza alcun progetto. Oltre a tale elemento che deponeva per la natura subordinata, rimarcavano il fatto che non vi fosse alcun margine di autonomia nell'esecuzione della prestazione. La stessa, infatti, era totalmente eterodiretta dai c.d. team leader della società resistente. Ad abundantiam le prestazioni dagli stessi svolte erano speculari a quelle eseguite dai lavoratori subordinati dell'impresa di telecomunicazioni.

Per quanto riguarda i turni di lavoro eccepivano che, se è vero che questi venivano scelti dai lavoratori, la possibilità di non effettuare il turno prescelto era subordinata al fatto che il c.d. team leader riuscisse a trovare un sostituto. La rigidità temporale nell'esecuzione della prestazione era andata rafforzandosi dal mese di maggio 2018 in quanto, a partire da tale data, i team leader imponevano le tabelle dei turni, di fatto imponendo i giorni nei quali presenziare a lavoro e quelli in cui assentarsi.

In ultimo censuravano l'applicazione dell'accordo collettivo poiché questo era rivolto ai collaboratori che svolgevano un'attività di vendita di beni o servizi, mentre la loro prestazione aveva come oggetto quello di accertare la soddisfazione dei clienti che avevano usufruito del servizio di assistenza. A differenza di quanto stabilito nel contratto di collaborazione, mai i resistenti si erano occupati di fornire beni o servizi ai clienti.

Le questioni

Il fatto che il lavoratore sia libero o meno di accettare l'offerta di svolgere il turno costituisce un elemento esterno rispetto alla qualificazione del rapporto di lavoro oppure è un indice sintomatico nella natura autonoma della prestazione lavorativa?

L'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, ha ampliato i confini del lavoro subordinato o ha creato una nuova tipologia di rapporto distinta da quest'ultimo e dal lavoro autonomo?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Roma accoglie il ricorso della società datrice di lavoro accertando la corretta qualificazione dei rapporti di lavori come collaborazioni coordinate.

Richiamandosi ad un precedente della Suprema Corte (Cass.,sez. lav., 26 febbraio 2002, n. 2842), il Giudice esclude la subordinazione evidenziando la volontarietà della prestazione. Il Giudice ritiene, infatti, appurato che i resistenti erano liberi di scegliere quali turni svolgere al servizio della società. La scelta e la volontarietà di candidarsi o meno per i turni predisposti dal datore comporta l'esclusione della natura subordinata del rapporto.

Il Giudice prosegue escludendo anche l'applicazione del comma 1 dell'art. 2, d.lgs.n. 81 del 2015.

Nel caso di specie sussiste un accordo collettivo nazionale stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che regola il trattamento economico e normativo dei collaboratori outbound. Per questo motivo si rientra nella prima ipotesi, stabilita dal comma 1 dell'art. 2, d.lgs n. 81 del 2015, di esclusione dell'applicazione della disciplina del lavoro subordinato ad un rapporto di collaborazione.

Non meno interessante dal punto di vista dogmatico è il ragionamento del Giudicante che lo porta a ritenere che l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, non abbia esteso la fattispecie di cui all'art. 2094, c.c.

Il Giudice sul punto avvalla le conclusioni della Corte d'appello di Torino in merito al noto caso dei Riders di Foodora (Corte appello Torino, sez. lav., 4 febbraio 2019, n. 26) seppur con argomentazioni parzialmente diverse.

Contrariamente a quanto effettuato nelle sentenze di primo grado dei Tribunali di Milano e di Torino (TribunaleTorino, sez. lav., 7 maggio 2018, n.778; Tribunale Milano, sez. lav., 10 settembre 2018, n.1853) il Giudice ribadisce la natura precettiva dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, non solo quando prevede l'applicazione delle tutele del lavoro subordinato, ma anche quando le esclude.

L'unico modo affinché l'ipotesi di esclusione delle tutela del lavoro subordinato di cui all'art. 2 comma 1 possa avere rilevanza pratica è ritenere che le co.co.org siano dal punto di vista della qualificazione distinte dal lavoro subordinato.

Diversamente opinando i sindacati di categoria non potrebbero disporre delle tutele mediante gli accordi collettivi, così come i contratti collettivi non possono derogare alle tutele stabilite dal lavoro subordinato.

L'interpretazione opposta sarebbe foriera di due censure: la prima è che si attribuirebbe al sindacato un'estensione dal punto di vista quantitativo e qualitativo della contrattazione addirittura superiore di quello previsto dall'art. 8, d.l. n. 138 del 2011. Il secondo punto critico costituisce una violazione dell'art. 3, Cost., in quanto si avrebbero lavoratori subordinati che, protetti dall'art. 2094, c.c., vedrebbero intangibili i loro diritti mentre altri, appartenenti alla medesima categoria grazie all'art. 2, potrebbero vedersi ridotti i loro diritti a causa degli accordi collettivi.

Anche dal punto di vista letterale la locuzione “accordo collettivo” in luogo di contratto collettivo depone per la natura non subordinata delle co.co.org.

Per tutti questi motivi il Giudice ribadisce quanto affermato dalla Corte d'appello di Torino nel caso dei fattorini di Foodora ovvero che le co.co.org. ex art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, siano una nuova tipologia di rapporto di lavoro il cui elemento distintivo è l'eterorganizzazione del committente che ha il potere di determinare le modalità di esecuzione della prestazione sia dal punto di vista temporale che spaziale senza tuttavia poter esercitare un potere disciplinare tipico del lavoro subordinato.

Osservazioni

La sentenza esaminata esclude l'applicabilità della tutela prevista dal comma 1 dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, sul presupposto che ai rapporti autonomi eterorganizzati presi in esame si applichi l'accordo collettivo del 31 luglio 2017 il quale, come previsto dal comma 2 del medesimo art. 2, specifica il trattamento economico e normativo.

Il Giudice evidenzia come detto accordo collettivo sia stato sottoscritto dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e in base a particolari ragioni economiche e produttive.

Lascia al sottoscritto perplesso come il Giudicante abbia apoditticamente ritenute sussistenti le particolari esigenze economico e produttive così come abbia ritenuto pacifica la sussistenza di una specifica disciplina economica e normativa.

Partendo dal primo requisito, ovvero le finalità economico produttive, non risulta un richiamo a tali esigenze nel più volte citato accordo del 2017, c.c. e neppure in quello precedente del 2013, c.c. al quale il primo si richiama.

Ciò, a sommesso parere dello scrivente, dovrebbe comportare l'inapplicabilità dell'accordo collettivo come motivo di esclusione dell'applicazione del comma 1, art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, ai collaboratori outbound.

Resta da capire se, ad esclusione del caso di specie, laddove si richiamino nell'accordo le esigenze produttive ed organizzative, quale possa essere il sindacato del Giudice sull'esistenza o meno di detti presupposti.

Da una parte coloro che sono più orientati ad una tutela delle ragioni datoriali potrebbero effettuare un richiamo all'art. 30 del collegato lavoro. A tale argomentazione si potrebbe obbiettare che nel campo di applicazione dell'art. 30,l. n. 183 del 2010, non rientra la contrattazione collettiva. Cionondimeno la formula scelta dal legislatore è così generica (esigenze organizzative e produttive) da permettere facilmente il rispetto con un richiamo quasi solamente formale nell'accordo collettivo.

Posto che non risultano esigenze tecnico e produttive, l'accordo del 2017 - così come quello precedente del 2013 - nasce dal meritevole presupposto di fornire una tutela ai collaboratori outbound. Tuttavia dalla contrattazione collettiva non sono scaturite tutele nemmeno lontanamente avvicinabili a quelle dei lavoratori subordinati. Non solo dal punto di vista qualitativo, ma anche da quello quantitativo. Chi scrive si interroga, quindi, se effettivamente possa dirsi sussistente quell'analiticità nel regolamentare il rapporto sotto l'aspetto economico e normativo richiesta agli accordi collettivi affinché non siano estese le tutele dirette ed indirette del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni eterodirette.

Conclusioni

Pare evidente come l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, stia causando dubbi interpretativi così come i nuovi rapporti di lavoro, con o senza piattaforme digitali, stiano mettendo in crisi il concetto “classico” di subordinazione.

Nel caso qui commentato il Giudice fa leva sul concetto di volontarietà della prestazione per escludere la natura subordinata del rapporto di lavoro.

Lo scrivente, richiamandosi a quanto argomentato nella nota alla sentenza della Corte a'appello di Torino avente oggetto la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dei fattorini di Foodora (L'appello di Torino sul caso dei riders di Foodora: la terza via tra autonomia e subordinazione) non può fare altro che sottolineare come il concetto di volontarietà rilevi solo nella fase genetica del rapporto. Successivamente i lavoratori del call center sono sottoposti al potere direttivo dei team leader.

Il Giudice, infatti, omette, a parere di chi scrive, di analizzare un altro elemento dirimente: se nell'esecuzione della prestazione sussisteva un minimo di autonomia oppure questa veniva completamente decisa da lavoratori gerarchicamente superiori, i c.d. team leader. Dalla lettura della ricostruzione del fatto sembrerebbe che questi effettuassero un potere direttivo non distante da quello tipico del lavoro subordinato. La prestazione, meramente esecutiva e ripetitiva (chiamare gli utenti che avevano usufruito del servizio assistenza su una base di lista di nomi presentati dal committente), non lasciava spazio ad una minima discrezione del collaboratore. Questa deduzione trova ulteriore conferma se si considera che sembra che i team leader stabilissero la durata minima e massima di ogni chiamata, stabilendone il contenuto.

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