Trasferimento d’azienda e intervento del fondo di garanzia Inps per TFR a favore di lavoratore trasferito “in continuità”

Alessandro Corrado
23 Luglio 2019

Con sentenza dell'11 febbraio 2019, la Corte d'appello di Milano ha condannato l'Inps al pagamento delle quote di TFR maturate da due lavoratori durante la vigenza del rapporto di lavoro con la datrice di lavoro poi fallita: intervenuta la cessione definitiva del ramo d'azienda dal fallimento alla società aggiudicataria dell'asta giudiziaria, l'accordo sindacale concluso ex art. 47, legge n. 428/90 aveva escluso – in deroga all'art. 2112, comma 2, c.c – la responsabilità solidale della cessionaria.

Con sentenza dell'11 febbraio 2019, la Corte d'appello di Milano ha condannato l'Inps al pagamento delle quote di TFR maturate da due lavoratori durante la vigenza del rapporto di lavoro con la datrice di lavoro poi fallita: intervenuta la cessione definitiva del ramo d'azienda dal fallimento alla società aggiudicataria dell'asta giudiziaria, l'accordo sindacale concluso ex art. 47, legge n. 428/1990 aveva escluso – in deroga all'art. 2112, comma 2, c.c – la responsabilità solidale della cessionaria. Pertanto, la Corte, riformando la sentenza di primo grado, ha stabilito che il TFR dei lavoratori rimasto in carico al fallimento debba essere pagato dal fallimento e come tale anticipato dal Fondo di garanzia Inps, secondo quanto previsto dalla legge, nonostante il rapporto di lavoro sia proseguito con la cessionaria e non sia ancora cessato.

L'art. 368 del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 stabilisce una serie di previsioni normative finalizzate a coordinare le norme del Codice con la disciplina di diritto del lavoro introducendo le seguenti rilevanti modificazioni all'art. 47, legge n. 428/1990.

Viene infatti data possibilità di avviare la procedura di consultazione sindacale anche a chi intenda proporre offerta di acquisto dell'azienda o proposta di concordato preventivo concorrente con quella dell'imprenditore in crisi (come dispone il comma 1 bis dell'art. 47).

Viene riscritto il comma 4 bis dedicato alle procedure concorsuali finalizzate al risanamento (concordato preventivo in continuità indiretta, accordi di ristrutturazione, amministrazione straordinaria), rendendolo più conforme alle previsioni della Direttiva europea n. 2001/23/CE del 12 marzo 2001 in tema di mantenimento dei diritti dei lavoratori nei trasferimenti di azienda: l'accordo sindacale raggiunto all'esito delle consultazioni sindacali “con finalità di salvaguardia dell'occupazione” può infatti limitare la portata dell'art. 2112 c.c. solamente “per quanto attiene alle condizioni di lavoro”, fermo il trasferimento al cessionario dei rapporti di lavoro.

Viene poi stabilito (nuovo comma 5 bis) che “nelle ipotesi di trasferimento di azienda riguardante imprese nei confronti delle quali vi sia stata apertura della liquidazione giudiziale o di concordato preventivo liquidatorio, ovvero emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata” l'art. 2112, comma 2 c.c. non si applica. Con la conseguenza che il trattamento di fine rapporto diviene immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell'azienda.

Pertanto, in tal caso, il Fondo di garanzia Inps, in presenza delle condizioni previste dall'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, interviene anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell'acquirente e – come recita la norma – “la data del trasferimento tiene luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro, anche ai fini dell'individuazione dei crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto anche in caso di trasferimento in continuità di rapporto, i crediti per TFR, così come i crediti di lavoro “diversi dal TFR” (vale a dire le ultime tre mensilità da corrispondere ai sensi dell'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 80/1992) verso l'impresa in crisi divengono esigibili verso questa (e quindi verso il Fondo di garanzia INPS, nel caso di insolvenza) al momento del trasferimento del rapporto di lavoro al cessionario, e non più al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Al medesimo risultato è giunta, come si è detto, la Corte d'Appello di Milano argomentando che “nel caso in cui l'accordo sindacale abbia previsto che il TFR dei lavoratori maturato alle dipendenze della cedente rimanga in capo alla sola impresa fallita cedente, il Fondo di garanzia è tenuto a corrispondere tale trattamento”: l'insolvenza (requisito indispensabile ai sensi dell'art. 2, legge 29/05/1982, n. 297) cui fare riferimento ai fini del pagamento della quota di TFR difatti non può essere che quella dell'impresa fallita cedente, unica obbligata al pagamento di quella quota in forza dell'accordo sindacale ex art. 47, legge n. 428/90.

Con tale pronuncia, pertanto, la Corte d'Appello di Milano anticipa di fatto l'entrata in vigore delle norme previste sul punto dal Codice della crisi e dell'insolvenza assicurando l'intervento del Fondo di garanzia nel frequentissimo caso in cui il rapporto di lavoro continui con il cessionario, ma non sia ancora giunto a cessazione.

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