È legittima l'astensione del lavoratore nelle festività infrasettimanali

Gianluca Liguori
25 Luglio 2019

In occasione delle festività infrasettimanali sussiste un diritto soggettivo del lavoratore di astenersi dallo svolgimento della propria prestazione lavorativa. Tale diritto può essere derogato solo su espresso accordo delle parti individuali del contratto.

Il caso. Il Tribunale di Siracusa aveva rigettato la domanda proposta da un lavoratore diretta ad accertare e dichiarare l'illegittimità del licenziamento intimatogli per aver rifiutato di adempiere, in data 1° maggio 2010, ad un incarico lavorativo conferitogli il giorno precedente.

La Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza di prime cure, aveva convertito il recesso imposto al lavoratore in licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Il lavoratore ha adito la Corte Suprema per la cassazione della sentenza di appello.

L'astensione al lavoro nelle festività infrasettimanali è un diritto soggettivo pieno. Sul tema dello svolgimento della prestazione lavorativa in occasione delle ricorrenze festive, la Corte di cassazione, dando seguito ad un indirizzo giurisprudenziale già emerso al suo interno, afferma che il diritto del lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili è un diritto soggettivo pieno, avente carattere generale.

La normativa sulle festività infrasettimanali (l. n. 260 del 1949, modificata dalla l. n. 54 del 1977, dal d.P.R. n. 792 del 1985 e dalla l. n. 336 del 2000), diversa da quella del lavoro domenicale (art. 2109,c.c., art. 9, d.lgs. n. 66 del 2003), non stabilisce se l'effettuazione della prestazione lavorativa sia rimessa alla volontà del lavoratore, del datore di lavoro o di entrambi.

All'art. 5, l. n. 260 del 1949, viene solamente sancito che, in tali occasioni, i datori di lavoro sono tenuti a corrispondere ai lavoratori la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio e che, ai prestatori di lavoro che prestino la loro opera nelle suindicate festività, è dovuta una maggiorazione retributiva.

L'identificazione della condizione in questione come “diritto soggettivo pieno” del lavoratore, comporta, da un lato, che non possono avere alcun rilievo le ragioni soggettive che determinino l'assenza di prestazione e, dall'altro, che un eventuale provvedimento con cui il datore di lavoro imponga al dipendente di prestare l'attività lavorativa in violazione della l. n. 260 del 1949, sarebbe da considerarsi nullo, sicché ben potrebbe il lavoratore eccepire – ex art. 1460,c.c. – la prestazione (cfr. Cass. n. 27948 del 2017).

L'unica eccezione, come evidenziano i giudici di legittimità, sembra doversi riconoscere per il “personale di qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private”, per i quali la l. n. 520 del 1952 statuisce l'obbligo della prestazione lavorativa durante le festività in presenza di esigenze di servizio.

In conclusione, per la Corte di cassazione, il diritto del lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa in occasione delle festività infrasettimanali non può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, non potendo una sua scelta unilaterale, ancorché motivata da esigenze produttive, scalfirne il contenuto; corrispondentemente, la tutela del lavoratore non può estendersi fino al punto da obbligare la parte datoriale a riceverne la prestazione.

In aggiunta, gli ermellini ricordano come i contratti collettivi, non avendo la capacità di derogare in senso peggiorativo ad un diritto del singolo lavoratore, non possono prevedere l'obbligo dei dipendenti di lavorare nei giorni di festività infrasettimanali.

Ne deriva che la rinunciabilità al relativo riposo è rimessa al solo accordo delle parti individuali o ad accordi sindacali stipulati da OO.SS cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.

La Corte di cassazione cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Messina.

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