Istanza di indennizzo ex legge Pinto: l'inerzia del privato creditore dello Stato esclude l'irragionevole durata

Redazione scientifica
26 Luglio 2019

Nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo, da considerare unitariamente ai fini del riconoscimento del diritto all'indennizzo ex art. 2 l. n. 89/2001, non va considerato come “tempo del processo” quello intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l'inizio della fase esecutiva con la notifica dell'atto di pignoramento da parte del privato creditore allo Stato.

È il principio affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza con la quale è stato rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d'appello di Perugia che ha correttamente considerato unitariamente la fase del processo di cognizione e quella di esecuzione, escludendo che la durata del processo ulteriore a quella ragionevole superasse la soglia minima prevista dall'art. 2-bis l. n. 89/2001.

Il caso.Ripercorrendo la vicenda, risulta che la ricorrente aveva proposto ricorso ex art. 3 l. n. 89/2001 davanti alla Corte d'appello di Perugia invocando l'eccessiva durata di un giudizio di equa riparazione. La domanda (presentata il 29 settembre 2010) veniva inizialmente dichiarata inammissibile, finché la Corte di cassazione, con sentenza del 19 dicembre 2012, aveva condannato l'amministrazione al pagamento dell'equo indennizzo oltre interessi. La sentenza, munita di formula esecutiva, veniva notificata al Ministero della Giustizia. A fronte dell'inerzia di quest'ultimo, l'istante aveva notificato atto di precetto (l'11 dicembre 2013) cui era seguita l'esecuzione mobiliare, conclusasi con ordinanza di assegnazione definitiva il 17 luglio 2014.

Come premesso, però, la Corte d'appello di Perugia dichiarava inammissibile la domanda ritenendo non superata la soglia di ragionevole durata del procedimento, in quanto la sommaria delle due fasi non poteva contenere il periodo di tempo correlato all'inerzia del vincitore del giudizio di cognizione, prima dell'inizio di quello di esecuzione.

La questione è dunque giunta all'attenzione della Seconda Sezione Civile della Cassazione che, con un'articolata motivazione, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite.

Decorrenza del termine di decadenza e individuazione della ragionevole durata. Il Supremo Collegio ha ripercorso l'evoluzione giurisprudenziale in tema di legge Pinto, giungendo ad affermare che, al fine della decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso ex art. 4 l. Pinto, come modificato dall'art. 55 d.l. n. 83/2012 (conv. in l. n. 134/2012), «la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all'indennizzo a carico dello Stato-debitore va considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessità che essa venga iniziata nel termine di 6 mesi dalla definitività del giudizio di cognizione, decorrendo detto termine dalla definitività della fase esecutiva».

Conseguentemente, ai fini dell'individuazione della ragionevole durata del processo presupposto, l'eventuale fase esecutiva intrapresa dal creditore nei confronti dello Stato-debitore «inizia con la notifica dell'atto di pignoramento e termina allorché diventa definitiva la soddisfazione del credito indennitario».

Precisano poi i Giudici che «nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo, da considerare unitariamente ai fini del riconoscimento del diritto all'indennizzo ex art. 2 l. n. 89/2001, non va considerato come “tempo del processo” quello intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l'inizio della fase esecutiva, quest'ultimo invece potendo eventualmente rilevare ai fini del ritardo nell'esecuzione come autonomo pregiudizio, allo stato indennizzabile in via diretta ed esclusiva, in assenza di rimedio interno, dalla CEDU».

Infine, «il termine di 120 giorni di cui all'art. 14 d.l. n. 669/1996, conv. in l. n. 30/1997, non produce alcun effetto ai fini della ragionevole durata del processo esecutivo. Il giudizio di ottemperanza promosso all'esito della decisione di condanna dello Stato al pagamento dell'indennizzo di cui alla l. n. 89/2001 deve considerarsi sul piano funzionale e strutturale pienamente equiparabile al procedimento esecutivo, dovendosi considerare unitariamente rispetto al giudizio che ha riconosciuto il diritto all'indennizzo».

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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