Estensione del divieto di compensazione anche ai crediti scaduti acquistati dopo la dichiarazione di fallimento

Sergio Sisia
29 Luglio 2019

Il terzo in bonis non può eccepire, ex art. 56, comma 2, l. fall., la compensazione tra un proprio debito verso il fallito con un credito, scaduto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, di cui, però, il primo sia divenuto titolare, per atto di cessione tra vivi, dopo l'apertura del concorso.
Massima

Il terzo in bonis non può eccepire, ex art. 56, comma 2, l. fall., la compensazione tra un proprio debito verso il fallito con un credito, scaduto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, di cui, però, il primo sia divenuto titolare, per atto di cessione tra vivi, dopo l'apertura del concorso.

Il caso

Il Tribunale di Reggio Emilia emetteva a favore di una società fallita decreto ingiuntivo nei confronti di una società in bonis e, proposta da quest'ultima opposizione ex art. 645 c.p.c., revocava l'ingiunzione. Avverso la sentenza del 14 maggio 2013, n. 650, reiettiva del gravame proposto dalla curatela e con la quale, tra l'altro, la Corte d'Appello di Bologna aveva: (i) dichiarato compensato, ex art. 56 l. fall., il credito azionato da quest'ultima con quello invocato nei suoi confronti dalla società in bonis per acquisto fattone successivamente alla dichiarazione di fallimento e, (ii) considerato manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale del predetto articolo, la curatela ricorreva per Cassazione denunciando la “omessa pronuncia in punto di applicabilità dell'art. 2917 c.c. e violazione e falsa applicazione dell'art. 56 l.f..

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione, disattesa la pregiudiziale eccezione di giudicato per essere stato notificato il ricorso presso il domicilio eletto in primo grado piuttosto che in appello, ha ritenuto fondato nel merito il motivo di gravame, considerando inammissibile l'eccezione sollevata dal terzo in bonis ai sensi dell'art. 56 l. fall. di compensazione del proprio debito verso il fallito con il proprio credito scaduto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, di cui il primo è divenuto titolare, per atto di cessione tra vivi, dopo l'apertura del concorso. Così facendo, il Supremo Collegio si è schierato a favore di quella lettura giurisprudenziale, innovativa e diretta a superare l'interpretazione letterale e restrittiva della norma (sotto il profilo della deroga al regime del concorso consentendo al creditore-debitore del fallito di sottrarsi alla falcidia e di soddisfare le proprie ragioni sino alla concorrenza del debito), che sostiene l'inammissibilità della compensazione prevista dal co. 2 dell'art. 56 l. fall. anche per i crediti scaduti alla data di dichiarazione di fallimento e non solo, come previsto dalla predetta disposizione, ai soli crediti non scaduti.

Infatti, come ricordato alle pagg. 5 e 6 dell'ordinanza in commento, secondo un primo orientamento (in questo senso, nella giurisprudenza di merito, possono essere lette App. Torino, 20 gennaio 2010, in Il Fallimento, 2010, 6, 701; Trib. Mantova, 14 marzo 2006, in www.ilcaso.it, Trib. Genova, 7 febbraio 2002 con commento di L. Ponti e M.P. Ferrari, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 536 e la sentenza del Trib. Monza, sez. I del 12 ottobre 2015, n. 2519 in ilfallimentarista.it, dicembre 2015, la quale ultima, pur ribadendo il dato letterale della norma e ritenendo pienamente legittima la lettura fornita dalla sopra citata sentenza della Corte di Appello di Torino, ha tuttavia precisato che la compensazione deve escludersi quando il diritto e l'operatività della stessa è oggetto di abuso), l'acquisto post-fallimentare del credito scaduto al momento del fallimento non osta alla compensazione, sia perché, argomentando a contrario, il co. 2 della norma non è applicabile ai crediti scaduti (secondo M. Costanza, Cessione del credito e compensazione, in Il Fallimento, 2010, 705, “…il regime attuale dell'art. 56 l. fall. lascia pochi spazi a censure di coerenza costituzionale o ad estensioni interpretative, essendosi radicalizzata la scelta del legislatore di stabilire dei limiti all'operatività della compensazione in sede fallimentare, limiti la cui ratio l'interprete non ha facoltà di superare per accedere all'analogia, ampliando il perimetro delle fattispecie espressamente disciplinate”), sia perché la Corte Cost. 20 ottobre 2000, n. 431 (tra le altre, in Foro it, 2000, I, 3381 con commento di A. Scalera, La corte costituzionale assolve la compensazione "fraudolenta" con crediti scaduti verso il fallito acquistati nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in Dir. fall., 2001, II, 5) “…ha giustificato il diverso trattamento tra crediti scaduti e non scaduti in ragione del fatto che, soltanto per i primi, l'effetto estintivo proprio della compensazione…deve intendersi realizzato anteriormente alla dichiarazione di fallimento” e, ancora, perché è indiscussa in giurisprudenza la possibilità “…che i presupposti della compensazione ex art. 56 l.fall., in particolare liquidità ed esigibilità, abbiano a verificarsi anche dopo la dichiarazione di fallimento” (in punto si veda Cass. S.U., 16 novembre 1999, n. 775 e, a seguire, conformi, Cass. 24 luglio 2000, n. 9678, Cass. 10 giugno 2005, n. 12327, Cass. 27 aprile 2010, n. 10025 e Cass. 31 agosto 2010, n. 18915).

Tuttavia, secondo altra tesi (in questo senso già Trib. Milano, 29 ottobre 1984, con commento di G. Tarzia, Una soluzione controversa in tema di compensazione fallimentare, in Dir. Fall., 1986, 2, 61, richiamata dal più recente decr. Trib. Milano, sez. II, 25 giugno 2016, con nota di E. Cerisoli, La compensazione di crediti scaduti post fallimento, in ilfallimentarista.it, novembre 2016; sent. Trib. Mondovì, 12.1.2005, in Giur. it., 2006, 771, decr. Tribunale Alba, 7 marzo 2006, in Il Fallimento, 2007, 2, 207 con commento di G. Bettazzi, I presupposti di operatività della compensazione in sede fallimentare) l'art. 56, co. 2, l.fall. è estensibile analogicamente e l'acquisto post fallimentare del credito scaduto, ammissibile come lecita manifestazione di autonomia negoziale, è inidoneo, al pari di quello non scaduto, all'esercizio della compensazione in quanto lesivo del principio di cristallizzazione della massa attiva al tempo della dichiarazione di fallimento (in particolare le ultime pronunce citate concludono nel senso che l'art. 56 co. 2 l. fall. non è suscettibile di estensione analogica per la parte che concerne l'acquisto nell'anno anteriore al fallimento, mentre è norma superflua, in quanto ribadisce altro principio, per quanto concerne l'acquisto post fallimentare del credito, che dovrebbe quindi ritenersi ammissibile, ma inidoneo all'esercizio della compensazione in quanto lesivo del principio di cristalizzazione della massa attiva al tempo della dichiarazione di fallimento).

Infatti, secondo la S. Corte, “…l'inammissibilità della compensazione per crediti sorti o acquistati dopo la dichiarazione di fallimento trova fondamento nell'effetto di pignoramento generale prodotto dal fallimento stesso (cfr. artt. 42 e ss. l.fall.) e, specificamente, nell'art. 2917 cod. civ., che rende insensibile il credito del fallito a cause estintive sopravvenute” e tale principio “… trova applicazione indifferentemente a crediti scaduti e non scaduti alla data del concorso, pur essendo menzionato dall'art. 56, comma 2, l.fall. soltanto per quanto concerne i secondi” (così a pag. 11 dell'ordinanza in commento).

Questioni giuridiche

Premesso (così a pag. 7 dell'ordinanza in commento) che la facoltà di compensazione nel fallimento si attua attraverso condizioni semplificate rispetto all'art. 1243 c.c. non essendo richiesti i requisiti dell'omogeneità e dell'esigibilità dei due debiti, per cui “la giurisprudenza di legittimità ammette la compensazione giudiziale, ed altresì riconosce che la compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il controcredito del fallito divenga liquido od esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell'obbligazione sia anteriore alla corrispondente dichiarazione, con la conseguenza che è sufficiente che i requisiti di cui all'art. 1243 cod. civ. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia” (si vedano ancora da ultimo Cass. 27.10.2015, n. 21784 e Cass. 20.1.2105, n. 825), secondo la Suprema Corte “…occorre domandarsi se il requisito della reciprocità tra i crediti/debiti (art. 1241 cod. civ.) debba preesistere al fallimento, come la radice causale dell'obbligazione, o possa verificarsi anche in corso di procedura, come per la loro liquidità ed esigibilità” (pag. 8 dell'ordinanza in commento).

La risposta è negativa giacché “…anche la reciprocità non sfugge al requisito della necessaria anteriorità al fallimento, in ragione dei limiti alla compensazione ordinaria non derogati dall'art. 56 l.fall.” (pag. 8 dell'ordinanza in commento). E uno di questi limiti è individuato nell'art. 2917 c.c., secondo cui se oggetto del pignoramento è un credito, la sua estinzione, per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento, non ha effetto in pregiudizio del ceto creditorio, per cui, “In definitiva, il debitore del debitore (o del fallito) può eccepire la compensazione soltanto se la coesistenza dei reciproci crediti e debiti si è verificata prima del pignoramento. Non può, per contro, eccepirla se la stessa si è verificata dopo (cfr. Cass. n. 10683 del 2014)” (pag. 9 dell'ordinanza in commento). Peraltro, tale coesistenza, non solo non può verificarsi quando il credito del terzo non è ancor nato al momento del pignoramento (fallimento) ma anche quando il credito, pur esistendo, appartiene ad altri, avendone il terzo acquistato la titolarità soltanto dopo il pignoramento (fallimento): riferire l'anteriore coesistenza soltanto alle contrapposte partite obbligatorie, e non anche ai soggetti di essi portatori (creditori), significherebbe “…non considerare che l'eccezione di compensazione implica la reciprocità (art. 1241 c.c.), e, quindi, necessita che le obbligazioni non soltanto esistano, ma intercorrano anche tra gli stessi soggetti” (pag. 10 dell'ordinanza in commento). Infatti, “Non può aversi intuitivamente coesistenza - sia pure nella forma semplificata richiesta dalla giurisprudenza, che prescinde dalle qualificazioni di certezza liquidità ed esigibilità - se non dal giorno in cui entrambi gli interessati alla vicenda estintiva/compensativa siano titolari del credito, l'uno nei confronti dell'altro. Pertanto, non può darsi coesistenza se non dal momento in cui il terzo in bonis abbia acquistato il credito nei confronti del fallito o, secondo altra possibile ricostruzione, dal momento in cui ha notificato la cessione. Se questo momento cade prima della notifica del pignoramento (o della pubblicazione della sentenza di fallimento), il ceto creditorio è tenuto a rispettare la vicenda estintiva/compensativa anteriore, altrimenti l'eccezione non ha effetto, non potendo pregiudicare il diritto acquisito dal ceto creditorio a realizzare il credito così come esisteva nel patrimonio del debitore” (pag. 10 dell'ordinanza in commento).

Attraverso il richiamo del dato normativo e la riproposizione di alcuni principi acquisiti dalla giurisprudenza, la Cassazione arriva così a delineare “… un sistema coerente che abbraccia cessione, pignoramento e fallimento” in cui in ciascuna di queste fattispecie l'eccezione di compensazione è conservata al debitore del cedente, dell'esecutato o del fallito soltanto per i crediti di cui già era titolare prima della notifica della cessione o del pignoramento o prima della (pubblicazione della)dichiarazione di fallimento e non compete per i crediti che sono venuti a esistenza o di cui ha acquistato la titolarità dopo” (pag. 10 dell'ordinanza in commento). Né vale, a smentita, richiamare la citata sentenza della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi dal citato Tribunale di Milano 29 ottobre 1984 con specifico riguardo, tuttavia, alla fattispecie dell'acquisto di un credito scaduto nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento e non con riguardo al caso dell'acquisto post-fallimentare, non potendosi verificare alcuna coesistenza e reciprocità anteriore al fallimento tra un debito preesistente verso il fallito e un credito nei suoi confronti di cui il debitore si sia reso cessionario dopo la sentenza di fallimento (anche in proposito, come si dirà, si era già espressa Tribunale di Torino, sez. VI, 5 agosto 2016, in ilfallimentarista.it, settembre 2016).

Conclusioni

La pronuncia in commento documenta il progressivo superamento dell'interpretazione letterale e restrittiva dell'art. 56 l. fall., iniziato con l'affermazione, quale unico limite alla operatività della compensazione in sede fallimentare, dell'anteriorità del fatto genetico all'apertura del concorso, da cui è scaturita, dapprima, l'applicabilità della norma anche all'ipotesi in cui il credito del fallito non fosse scaduto prima della sentenza dichiarativa, per passare poi all'ammissibilità della stessa compensazione giudiziale, ancorché in tal caso l'effetto estintivo non avvenisse ex tunc, ma in conseguenza dell'accertamento e della declaratoria giudiziali. Si è detto: “Di fatto, dai presupposti per la compensazione, ne sono venuti meno prima il requisito della reciproca esigibilità alla data del fallimento, e poi anche quello della reciproca liquidità” (così G. Tarzia, Compensazione e pegno irregolare nel fallimento, in Dir. Fall., 1986, 2, 61, richiamato in nota 19 da G. Bettazzi, I presupposti di operatività della compensazione in sede fallimentare, cit. in Il Fallimento, 2007, 2, 210) per sostenere infine che la reciprocità di cui all'art. 1241 c.c. non sfugge al requisito della necessaria anteriorità al fallimento in ragione dei limiti della compensazione ordinaria, non derogati dall'art. 56 l. fall. e alla luce del coordinamento tra detta norma e l'art. 2917 c.c. (in verità, già la citata sentenza Cass. S.U., 16 novembre 1999, n. 775, annotava: "...parte della dottrina (ha) ravvisato un difetto di coordinamento tra l'art. 56 della legge fallimentare e l'art. 2917 c.c., il collegio in realtà non ravvisa tale difetto, perché ritiene più persuasiva la tesi secondo cui non sussiste contraddizione tra le due norme, in quanto l'art. 2917 c.c. si riferisce all'ipotesi in cui il controcredito omogeneo sorga dopo il pignoramento, e non anche nell'ipotesi in cui credito e controcredito, esistenti a quell'epoca, acquistino dopo i caratteri per potersi fare luogo alla compensazione"). Del resto, già nell'ordinanza del Tribunale di Torino, 5 agosto 2016, in ilfallimentarista.it, settembre 2016, si evidenziava come, alla luce di un sistema coerente che abbraccia cessione, pignoramento e fallimento, deve essere letto il co. 2 dell'art. 56 l. fall. nella parte in cui esclude la possibilità di compensare crediti acquistati per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento, per i quali alla data del fallimento non è evidentemente soddisfatta la condizione di coesistenza e reciprocità. Anche in quell'occasione, come poi nell'ordinanza della Cassazione in commento, si metteva in evidenza la ratio legis di questo sistema diretta ad “…evitare che l'attività esecutiva del creditore pignorante possa essere resa vana dall'attività del debitore esecutato (o del debitor debitoris) di porre nel nulla l'azione del pignorante tramite condotte finalizzate ad estinguere il debito dopo il pignoramento” e si avvertiva che, “Al contempo sistematicamente – id est come manifestazione del sistema e non deroga ad esso – deve essere letto anche l'art. 56 cpv. l. f. nella parte in cui esclude la possibilità di compensare crediti acquistati per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento: crediti per i quali alla data del fallimento non è evidentemente soddisfatta la condizione di coesistenza e reciprocità”.

Il ricorso alla figura dell'abuso del diritto, richiamato nella citata sentenza del Tribunale di Monza, è così sostituito dalla lettura sistematica dell'art. 56 l. fall. per precisare che, nonostante l'equivoco tenore letterale della norma e la mescolanza nel co. 2 di due ipotesi (acquisto nell'anno anteriore; acquisto-post fallimentare) del tutto eterogenee nella ratio e nell'ambito applicativo, la disposizione in questione, testualmente riferita al solo credito "non scaduto" deve estendersi anche al credito scaduto, in "...evidente osservanza della ratio legis di questo sistema, perspicuamente enunciata da Cass. sez. un. 16.11.1999 n. 775" (pag. 11 dell'ordinanza in commento).

Guida all'approfondimento

G. Bettazzi, I presupposti di operatività della compensazione in sede fallimentare, cit. in Il Fallimento, 2007, 2, 210; E. Cerisoli, La compensazione di crediti scaduti post fallimento, in ilfallimentarista.it; M. Costanza, Cessione del credito e compensazione, in Il Fallimento, 2010, 705; F. Lamanna, Compensazione in sede di fallimento, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio, Bologna, 2007; G. Tarzia, Compensazione e pegno irregolare nel fallimento, in Dir. Fall., 1986, 2, 61.

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