Interruzione del processo e tardiva riassunzione

Francesco Bartolini
30 Luglio 2019

La questione posta all'esame della Corte di legittimità nella pronuncia in commento riguarda gli effetti interruttivi della morte (o della perdita di capacità) della parte costituita, i poteri del suo difensore dopo l'evento e i tempi della riassunzione del processo utili ad evitarne l'estinzione.
Massima

Il decesso della parte costituita cagiona l'interruzione automatica del processo dal momento in cui il suo difensore ne dà notizia o notifica alla controparte; da quella data si estingue il mandato ed inizia a decorrere il termine per la riassunzione del processo, pena la sua estinzione.

Il caso

All'udienza del 9 gennaio 2014 fissata davanti alla Corte di appello per la precisazione delle conclusioni i difensori della parte appellata depositarono l'atto notificato il 15 dicembre 2008 con il quale avevano dato alla controparte comunicazione dell'avvenuto decesso del loro assistito. La Corte dichiarò con ordinanza l'interruzione del processo. L'appellante chiese udienza per la riassunzione e con atto di citazione notificato all'erede del deceduto riassunse il giudizio: controparte oppose la sopraggiunta estinzione per la tardività dell'atto riassuntivo e in questo senso fu la decisione pronunciata con sentenza.

Lo stesso appellante propose ricorso per cassazione deducendo un unico motivo di gravame. A seguito della morte del loro patrocinato, si assume nell'atto, i difensori dell'appellato avevano perduto il potere sostanziale e processuale di rappresentarlo in conseguenza dell'estinzione del loro mandato. Non avrebbero dunque potuto compiere validamente le attività processuali di precisazione delle conclusioni e di spedizione a sentenza nella situazione di intervenuta interruzione del processo. La successiva pronuncia di estinzione del giudizio, si afferma, è illegittima perché nel frattempo il processo era stato regolarmente riassunto dalla parte interessata. Inoltre, si sostiene, una volta riassunto il processo non potrebbe essere dichiarata l'estinzione del giudizio per omessa riassunzione perché il giudice può dichiararla solo se eccepita dalla parte interessata nel medesimo giudizio in cui si sono verificati i fatti che l'hanno cagionata.

La questione

La questione posta all'esame della Corte di legittimità riguarda gli effetti interruttivi della morte (o della perdita di capacità) della parte costituita, i poteri del suo difensore dopo l'evento e i tempi della riassunzione del processo utili ad evitarne l'estinzione. Nel ricorso si assume che l'effetto interruttivo è automatico e priva il difensore del suo potere di rappresentare la parte scomparsa nonchè di compiere a suo nome atti processuali. Contrariamente a questa regola, e nonostante non fossero più muniti del potere rappresentativo, i procuratori della deceduta avevano effettuato attività difensiva (la precisazione delle conclusioni e l'eccezione di estinzione): della quale non dovevasi tener conto per considerare, invece, ritualmente eseguita la riassunzione del processo.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha respinto il ricorso e confermato l'avvenuta estinzione del processo per la mancata riassunzione nei termini di tempo stabiliti dall'art. 305 c.p.c., computati a decorrere dal momento in cui era stata ufficializzata la morte della parte appellata. Si è ricordato nella decisione che la morte e la perdita di capacità della parte costituita interrompono ex art. 300, comma 2, c.p.c. il processo con effetto automatico dal momento della dichiarazione in udienza o della notificazione dell'evento alla controparte e ciò indipendentemente dalla data nella quale è emanato o conosciuto il provvedimento giudiziale che, nel prenderne atto, dichiara l'interruzione. Nella motivazione si precisa che, nell'ipotesi di morte o perdita di capacità della parte costituita, la dichiarazione dell'evento interruttivo può essere validamente effettuata dal difensore della parte che ne è colpita, ai sensi del combinato disposto degli artt. 170 e 300 c.p.c., ed il termine per la riassunzione decorre da tale data, nella quale si realizza la conoscenza legale dell'evento interruttivo, e non da quella della formale dichiarazione di interruzione del processo. Poichè il decesso era stato comunicato in data 15 dicembre 2008, l'estinzione (sub specie temporis) si era verificata sin dal 15 giugno 2009 per la tardività dell'atto riassuntivo (notificato soltanto nel marzo 2014).

Correttamente, dunque, la Corte di merito, dopo aver assunto la causa in decisione all'udienza del 9 gennaio 2014, già fissata per la precisazione delle conclusioni, di fronte alla comparizione del difensore del ricorrente ed a quella dei difensori del de cuius, ritenne irrilevante l'istanza di costoro volta alla dichiarazione di estinzione del giudizio essendo venuto meno il loro jus postulandi, in quanto era venuta a cessare la c.d. ultrattività del mandato dal 15 dicembre 2008 e cioè dalla data di notifica alla controparte del decesso del loro assistito e, dando rilievo a tale notifica, dichiarò con ordinanza il processo interrotto sin dal 15 dicembre 2008. Altrettanto correttamente lo stesso giudice dichiarò estinto il giudizio una volta che, a seguito della notifica del ricorso per riassunzione, il difensore dell'attuale controricorrente eccepì, nel costituirsi, tale estinzione per la tardività della riassunzione.

Non rispondeva, infine, a quanto realmente avvenuto nei fatti l'osservazione secondo cui l'eccezione di estinzione deve essere formulata solo nel giudizio in cui avviene l'evento che la cagiona. Il principio così richiamato è conforme alle pronunce della giurisprudenza («L'estinzione è dichiarata dal giudice solo se eccepita dalla parte interessata prima di ogni sua altra difesa o istanza nel medesimo grado di giudizio in cui si sono verificati i fatti che le hanno dato causa e non può, pertanto, essere dedotta e rilevata in sede di impugnazione») ma nel caso di specie il decesso della parte e la proposizione dell'eccezione difensiva erano avvenuti nel contesto del medesimo giudizio di appello.

Osservazioni

La pronuncia della Suprema Corte riafferma principi conosciuti ma che nella causa erano stati in parte disattesi. É affermazione costante in giurisprudenza che la morte della parte costituita, così come la perdita della sua capacità, determina l'interruzione del processo per l'ovvia ragione del venir meno di uno dei protagonisti della controversia. Esigenze di tutela del contraddittorio e di intuitiva trasparenza richiedono, però, che di quell'evento incisivo sul corso del processo sia data conoscenza formale e inequivoca. Il codice di rito dispone giustamente che l'effetto giuridico di interruzione si verifichi nel preciso momento in cui la conoscenza è acquisita al processo e non già quando l'evento naturale ha avuto occasione di verificarsi, circostanza in genere non conoscibile dalla controparte. Altrettanto rispondente a logica è che dalla conoscenza ufficiale inizi a decorrere il termine per la riassunzione del processo: ricevuta la notizia dell'ostacolo sopraggiunto alla prosecuzione del giudizio, chi ha interesse al suo esito deve attivarsi per impedire che l'inerzia conduca alla dichiarazione di estinzione.

Attorno a questi chiari principi se ne sono evidenziati altri che da esso discendono direttamente. In difetto della dichiarazione o della comunicazione del decesso o della perdita della capacità l'interruzione non si verifica: l'evento non esiste per il processo e il difensore conserva i suoi poteri di rappresentanza e di azione. Si accenna in proposito alla così detta ultrattività del mandato, per la quale l'incarico fiduciario prosegue come se il mandante fosse ancora in vita o avesse conservato la sua capacità di agire. Ultrattività che non è priva di limiti. Essa vale per il solo grado nel quale si è verificato il fatto determinante l'interruzione non dichiarata ed al quale si riferisce la procura (Cass. I, 19 marzo 2009, n. 6701); nello stesso processo e non in altri connessi, collegati o pregiudiziali (Cass. II, 28 maggio 2012, n. 8494). Costantemente si è negato al difensore il potere di impugnare la decisione se il suo mandato era riferito al solo grado di giudizio nel quale è accaduto l'evento interruttivo non esplicitato (si vedano, ad esempio, Cass. civ., Sez. Un., 4 luglio 2014, n. 15295; Cass. civ., sez. VI, 20 ottobre 2015, n. 21287; Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2003, n. 15323).

La giurisprudenza ha ravvisato nella dichiarazione del difensore che comunica l'evento interruttivo alcune caratteristiche di particolare importanza. Il potere di fornire la notizia da cui discende ex lege l'interruzione del processo è, per il difensore, del tutto discrezionale. Rientra nel suo compito professionale valutare se procedervi oppure se soprassedere; e comunque lo scegliere il momento adatto per la comunicazione. Tutto ciò nell'interesse della parte già rappresentata, venuta meno, e degli eventuali successori (di recente, Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2018, n. 20809). L'unico soggetto legittimato a dare nel processo la conoscenza ai fini interruttivi è il difensore della parte colpita, non essendo l'evento a danno di questa rilevabile d'ufficio o deducibile dalla controparte (decisioni conformi da Cass. civ., sez. II, 17 aprile 1981, n. 2326, a Cass. civ., sez. lav., 4 agosto 2009, n. 17913). Ma alla dichiarazione che rivela la notizia interruttiva viene attribuita natura non soltanto di mero atto di scienza ma soprattutto natura negoziale vera e propria (Cass. civ., 19 maggio 2015, n. 10210) in quanto per produrre quell'effetto processuale la stessa deve esservi specificamente rivolta. Non si verifica, infatti, l'interruzione del processo, se la dichiarazione è effettuata ad altro scopo, ad esempio per fornire solo un aggiornamento in fatto mentre contestualmente si precisano le conclusioni (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2003, n. 6985; Cass. civ., sez. III, 25 ottobre 2002, n. 15080; Cass. civ., sez. I, 23 novembre 2000, n. 15131) o si propongono richieste istruttorie (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015, n. 19139).

Agli effetti interruttivi la comunicazione dell'evento effettuata mediante posta elettronica certificata dal difensore della parte che ne è colpita a quello della controparte è equivalente, ai sensi dell'art. 48, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 82/2005, alla notificazione a mezzo posta e ne produce i medesimi effetti (Cass. civ., sez. VI, 15 settembre 2017, n. 21375).

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