Il codice identificativo degli immobili destinati alle locazioni brevi

31 Luglio 2019

L'art. 13-bis del “decreto crescita” introduce il codice identificativo degli immobili destinati alle locazioni brevi. La norma prevede l'istituzione di una banca-dati delle strutture ricettive e degli alloggi destinati alle locazioni brevi e dispone che, nella promozione e pubblicizzazione degli immobili così identificati, debba essere sempre indicato il codice anzidetto. La norma appare formulata, però, in modo non razionale e dà luogo a molti problemi interpretativi: da un lato, non si comprende perché essa consideri le locazioni brevi e non invece le locazioni turistiche; d'altro lato, non è chiaro il rapporto tra la previsione della norma e la fattispecie delle locazioni transitorie, né è chiaro quale debba essere il rapporto tra la nuova norma e le disposizioni contenute in materia nelle leggi regionali. E' auspicabile che, con il decreto che sarà emanato per l'attuazione della norma, i profili critici ora segnalati verranno almeno in parte eliminati.
Il quadro normativo

L'art. 13-bis, d.l. n. 34/2019, c.d. decreto crescita, introduce una nuova disposizione diretta ad istituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo una banca dati delle “strutture ricettive” e degli “immobili destinati alle locazioni brevi” ai sensi dell'art. 4, d.l. 24 aprile 2017, n. 50, da identificarsi “secondo un codice alfanumerico di seguito denominato “codice identificativo”, da utilizzare in ogni comunicazione inerente l'offerta e la promozione dei servizi dell'utenza”.

La norma sembra richiamare - con una previsione però di portata più ampia perché adottata da una legge statale - le disposizioni relative al “codice identificativo” che alcune leggi regionali (si vedano, tra le altre, le leggi in materia delle Regioni Toscana, Lombardia, Piemonte e Veneto) hanno introdotto da qualche tempo con riguardo agli immobili oggetto di locazioni turistiche. Da ricordare che recentemente la Corte Costituzionale ha preso in esame le disposizioni dettate al proposito dalla Regione Lombardia e con la sentenza n. 84/2019 ha dichiarato infondate le questioni di costituzionalità sollevate relativamente a tali disposizioni dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Vi è però da dire che la previsione del nuovo art. 13-bis presenta numerosi aspetti specifici che appaiono diversi o comunque non pienamente coincidenti con quelli propri delle disposizioni delle leggi regionali ora ricordate, aspetti che è opportuno qui di seguito considerare.

L'aspetto di divergenza di maggiore rilievo è costituito dal fatto che la nuova norma, nell'individuare l'ambito di applicazione della disposizione in tema di codice identificativo, fa riferimento - oltre che alle “strutture ricettive” - anche agli “immobili destinati alle locazioni brevi”. E' su questa seconda fattispecie che è opportuno concentrare l'attenzione.

Locazioni turistiche e locazioni brevi

Ciò che è importante osservare è che la nuova disposizione richiama l'ipotesi delle locazioni brevi e non già -come le leggi regionali cui si è fatto cenno supra - l'ipotesi delle locazioni turistiche.

Come è noto, la locazione turistica - la cui nozione si ricava dall'art. 1, l. n. 431/1998 - è la locazione di un alloggio che sia stipulata “esclusivamente per finalità turistiche”. A questa specie di locazione - che può riguardare immobili siti in ogni località (“in qualsiasi luogo ubicati” precisa l'art. 53, d.lgs. n. 79/2011, Codice del turismo) - si applicano le norme del codice civile in materia di locazione (v. sempre l'art. 53 cit.) e non si applicano né le norme della l. n. 431/1998, né le norme della l. n. 392/1978.

Di contro, la locazione cd. “breve” - quale prevista e disciplinata dall'art. 4, d.l. n. 50/2017 (disposizione che peraltro ha finalità di natura fiscale) - è la locazione di un alloggio di durata non eccedente i 30 giorni.

Le due fattispecie non coincidono non soltanto con riguardo alle loro finalità, ma nemmeno con riguardo agli elementi che le caratterizzano. Ciò trova conferma nella considerazione che:

a) da un lato, possono esservi locazioni turistiche che non siano locazioni brevi (considerato che la durata - più o meno lunga - del rapporto locatizio è elemento indifferente rispetto alla configurazione della locazione turistica non è affatto escluso che le locazioni turistiche - anche se solitamente hanno durata di pochi giorni o di poche settimane - possano avere durata assai più lunga, di più mesi o addirittura di più anni);

b) d'altro lato, ben possono esservi locazioni brevi che non siano locazioni turistiche (si pensi per esempio all'ipotesi delle locazioni transitorie di cui all'art. 5, l. n. 431/1998: locazioni cui si applicheranno non soltanto le norme ad esse relative della legge n. 431, ma anche le disposizioni ancora vigenti per le locazioni abitative della l. n. 392/1978).

Non è facile comprendere perché la norma in esame richiami la fattispecie della locazione breve e non invece la fattispecie della locazione turistica: da notare che lo stesso testo normativo in esame nell'indicare le finalità dell'introduzione del codice identificativo elenca una serie di ragioni che attengono espressamente al mondo ed alle esigenze del turismo. Vengono infatti indicati - quali obiettivi dell'introduzione del codice identificativo - il “fine di migliorare la qualità dell'offerta turistica”, il fine di “assicurare la tutela del turista” e il fine di “contrastare forme irregolari di ospitalità, anche ai fini fiscali”: come si vede, si tratta di scopi che sembrano tutti richiedere un provvedimento che concerna le locazioni turistiche (e non un provvedimento che riguardi le locazioni brevi).

Da ricordare che del resto anche l'esperienza maturata da parte di alcune Regioni relativamente all'adozione di un codice identificativo ha avuto riguardo specificamente e solamente alle locazioni turistiche. La stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 84/2019 - che ha ritenute infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti dell'art. 1, l. 25 gennaio 2018, n. 7, comma 1, lett. a), b) e c) della Regione Lombardia - ha affrontato il tema rivolgendo l'attenzione esclusivamente alle locazioni turistiche.

Da sottolineare poi - quale ulteriore elemento di incongruenza della previsione in esame - che le locazioni brevi postulano che tanto il locatore quanto il conduttore abbia la veste di persona fisica (si veda in questo senso la Circolare n. 24/E del 12 ottobre 2017 dell'Agenzia delle Entrate): ciò fa pensare che la norma in esame non si applichi nel caso di locazioni pur di breve durata che siano stipulate da società immobiliari o commerciali quali locatori o anche quali conduttori. Il che appare contraddittorio: quelli indicati, infatti, sono proprio i casi nei quali è più evidente l'opportunità di perseguire le finalità sopradette.

Le locazioni transitorie

Un aspetto assai delicato è quello che concerne le locazioni transitorie.

E' certo che, come si è già detto, tra le locazioni brevi - così come sono disciplinate dal d.l. n. 50/2017 - possono esservi anche locazioni transitorie. Come noto, queste sono previste dal comma 1 dell'art. 5,l. n. 431/1998 che consente appunto la stipulazione di locazioni di durata più breve di quella (di almeno quattro anni più quattro) fissata dall'art. 2 della l. n. 431 citata per le locazioni libere e di quella (di almeno tre anni più la proroga di due anni) fissata dallo stesso art. 2 per le locazioni c.d. “agevolate”. Condizione per la stipulazione di questa specie di contratto è la presenza di un'esigenza transitoria dell'una o dell'altra delle parti contraenti (la norma concerne, infatti, i “contratti di natura transitoria … per soddisfare particolari esigenze delle parti”).

La disciplina delle locazioni transitorie (e più specificamente “le condizioni e le modalità per la stipula” di tali contratti) è affidata dall'art. 5, l. n. 431/1998 al decreto ministeriale previsto dal comma 2 dell'art. 4 della stessa legge (decreto da emanarsi dopo la conclusione della Convenzione nazionale tra le organizzazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori o quando si sia constatato il mancato accordo tra tali organizzazioni).

Vi è da dire che il decreto ministeriale che attualmente regola la materia (il d.m. 16 gennaio 2017) contiene una specifica disposizione diretta a fissare la durata delle locazioni transitorie: si tratta del comma 1 dell'art. 2 del decreto (che recita: “i contratti di locazione di natura transitoria di cui all'art. 5, comma 1, legge 9 dicembre 1998, n. 431, hanno durata non superiore a diciotto mesi”). La disposizione, come si vede, prevede che le locazioni transitorie debbano avere una durata massima di 18 mesi ma non fissa una durata minima (ciò a differenza del precedente d.m. 31 dicembre 2002, che stabiliva invece una durata minima di 30 giorni): attualmente dunque possono essere stipulate locazioni transitorie di durata anche inferiore ai 30 giorni. E' chiaro che queste ultime locazioni rientreranno nel novero delle “locazioni brevi” di cui al d.l. n. 50/2017 e saranno soggette pertanto alla disciplina fiscale prevista da questo.

Il richiamo alle locazioni brevi operato dalla norma in esame fa dunque ritenere che la previsione che impone il codice identificativo concerna anche le locazioni transitorie che abbiano una durata fino a un massimo di 30 giorni (esattamente così come le locazioni turistiche di durata fino a 30 giorni). Anche per gli immobili destinati a tali locazioni dunque dovrà aversi il codice identificativo previsto dalla nuova norma.

Vi è però da dire che - fermo restando quanto ora detto - sembra possibile che il decreto attuativo previsto dal comma 5 dell'articolo in esame disciplini eventualmente in modo differenziato - sul piano concreto degli adempimenti prescritti - le due fattispecie.

Da osservare - per inciso - che i problemi ora considerati non si potranno porre invece con riguardo alle locazioni per studenti universitari di cui al comma 2 dell'art. 5, legge n. 431/1998. Per questi infatti il d.m. 16 gennaio 2017 ha previsto che la durata minima sia di almeno 6 mesi: il che significa che di tali contratti non potrà in ogni caso mai prospettarsi la riconducibilità alla fattispecie della locazione breve.

Rapporti tra adempimenti e stipulazione del contratto di locazione

Quanto alla materiale applicazione della previsione indicata - per la quale viene disposto che debba essere emesso entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione un decreto attuativo da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo – deve notarsi, considerando appunto le modalità concrete da seguire per gli adempimenti finalizzati all'istituzione della banca dati relativa agli immobili oggetto di locazione breve, che sarebbe irragionevole che la segnalazione e la presentazione delle comunicazioni relative all'utilizzazione dell'immobile per la stipulazione di un contratto di locazione breve dovessero essere formulate dall'interessato anticipatamente rispetto alla stipulazione del contratto di locazione.

Sarebbe assai più ragionevole che tali comunicazioni venissero effettuate nel momento in cui la locazione breve fosse stipulata.

Si consideri infatti che di regola la decisione circa la specifica tipologia della locazione da stipularsi viene assunta solamente al momento del reperimento in concreto del conduttore ed in base alle intese che siano raggiunte dalle parti anche in relazione alle esigenze che emergano al momento della stipulazione del contratto. Si tratta di una situazione concreta che si presenta con frequenza ed in modo evidente anche con riguardo alle locazioni transitorie: dal momento che queste sono consentite - come si è detto - in presenza di un'esigenza transitoria di una delle parti contraenti, è assai probabile che il locatore, in tutti i casi in cui l'esigenza transitoria riguardi il conduttore, venga a conoscenza di tale esigenza (da cui dipende appunto la durata del contratto transitorio non eccedente i 30 giorni: elemento questo da cui deriva a sua volta la stessa natura di locazione breve del contratto) solamente nel momento in cui il contratto venga stipulato o comunque solamente in prossimità immediata della stipulazione del contratto.

In questo caso, sarebbe davvero irragionevole pretendere che il locatore desse preventivamente notizia di un evento (la futura stipulazione di un contratto della durata massima di 30 giorni) che egli nei casi ora indicati non può ancora conoscere.

Del resto - anche in relazione a quanto ora detto - è la stessa definizione (utilizzata dalla norma) di “immobili destinati alla locazione breve” che appare incongrua e non aderente alla realtà. Di norma non si prospetta mai, sul piano concreto, la destinazione a priori di un immobile alla (sola) locazione breve: tutt'al più potrà parlarsi di immobili destinati alla locazione (ma anche questa condizione in moltissimi casi non è sempre certa a priori: è ben possibile infatti che un immobile che sia utilizzato solitamente in via diretta dal proprietario venga in qualche momento e per un periodo di tempo - in relazione a vicende ed esigenze sopravvenute e non prevedibili in anticipo - utilizzato quale immobile da locarsi a terzi: è evidente che in questi casi non è certo appropriato considerare quell'immobile come “destinato” a priori alla locazione), ma la decisione circa la natura - breve o non breve - della locazione in molti casi non è assunta in anticipo dal proprietario.

Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe ragionevole che la comunicazione ai fini del codice identificativo e della banca dati previsti dalla norma che stiamo considerando fosse fornita dal proprietario solo nel momento della stipulazione del contratto di locazione, che è il primo momento in cui può constatarsi obiettivamente e con certezza che l'immobile venga ad essere utilizzato nel senso previsto dalla norma.

Tale soluzione - che appare ragionevole ed idonea sul piano pratico a dare applicazione alla regola che stiamo esaminando - potrebbe essere adottata in via generalizzata quanto meno con riguardo alla prima locazione della natura prevista che fosse stipulata relativamente al singolo immobile (come è stato disposto, per esempio, dal regolamento attuativo della legge in materia emanata dalla Regione Piemonte).

Rapporti tra strutture ricettive ed immobili oggetto di locazione breve

Da osservare poi che la norma dà luogo a numerosi e delicati problemi interpretativi con riguardo al rapporto che viene a configurarsi tra la fattispecie delle strutture ricettive e la fattispecie degli immobili che siano oggetto di contratto di locazione breve.

Si noti, infatti, che:

a) il comma 4, nell'indicare il significato del codice identificativo, fa menzione dei dati “delle strutture ricettive nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi”: l'espressione usata e soprattutto l'utilizzo del “nonché” rende evidente che gli immobili destinati alle locazioni brevi sono considerati cosa del tutto distinta dalle strutture ricettive;

b) nel comma 5, alla lett. d), si dice che il codice identificativo dovrà essere composto sulla base della tipologia e delle caratteristiche “della struttura ricettiva”: il che - considerato che nel comma precedente, come si è visto, è detto con chiarezza che gli immobili oggetto di locazione breve non sono strutture ricettive (e non possono confondersi con queste) - potrebbe lasciare spazio a qualche incertezza;

c) nel comma 7 si dice che i “soggetti titolari delle strutture ricettive” sono “tenuti a pubblicare nelle comunicazioni inerenti l'offerta e la promozione il codice identificativo”: non è chiaro però se questa previsione riguardi anche il caso degli immobili oggetto delle locazioni brevi (e dunque anche i proprietari degli immobili che siano oggetto di locazione di tale specie) o riguardi invece solamente l'ipotesi delle strutture ricettive.

Ancorché l'interpretazione ed il coordinamento delle disposizioni ora considerate non siano agevoli, sembra che la loro lettura non possa ignorare la fondamentale distinzione tra struttura ricettiva ed alloggio oggetto di un contratto di locazione (distinzione che è affermata con tutta chiarezza - come si è visto - proprio dalla disposizione del 4° comma): sembra corretto ritenere che i problemi di interpretazione e di coordinamento tra le norme ora segnalati debbano essere risolti proprio alla luce di questa distinzione.

Consideriamo in questo senso - per esempio - la previsione di cui alla lett. d) del comma 5: essa, come si è detto, fa menzione solamente della struttura ricettiva. Orbene: sulla scorta dell'opinione che sopra si è considerata che deriva dall'univoca previsione del comma 4 dell'articolo, la disposizione in questione potrebbe interpretarsi nel senso che essa preveda che gli elementi relativi alla “tipologia” ed alle “caratteristiche” dell'immobile debbano utilizzarsi ai fini della composizione del codice identificativo ove questo riguardi una struttura ricettiva (e non anche ove esso riguardi un immobile oggetto di locazione breve), mentre l'aspetto relativo all'“ubicazione a livello comunale” (per cui non viene indicata la limitazione alle sole strutture ricettive) potrebbe essere tenuto presente anche nel caso dell'alloggio destinato a locazione breve.

Rapporti tra la norma statale e le leggi regionali

Altro aspetto da sottolineare è quello che concerne i rapporti della nuova norma con le disposizioni delle leggi regionali. La questione si presenta complessa e delicata.

Ricordato che la disciplina della materia del turismo è oggetto della competenza residuale delle Regioni (art. 117 Cost.) e che proprio questo principio è stato determinante nell'orientare la decisione della Corte Costituzionale relativa alle disposizioni della legge n. 7/2018 della Regione Lombardia in tema di codice identificativo di riferimento (CIR) per gli alloggi locati per finalità turistiche, va notato che la nuova norma nulla dice circa le norme già emanate dalle Regioni a proposito del codice identificativo degli immobili.

Così stando le cose, è dubbio che si possa sostenere che l'entrata in vigore della nuova disposizione abbia determinato l'abrogazione delle norme regionali in tema di codice identificativo degli immobili. Ciò si potrebbe forse sostenere se l'ambito di applicazione ed il contenuto delle nuove disposizioni della legge statale e delle leggi regionali fossero pienamente coincidenti, ma nel caso in cui questi elementi non coincidessero pienamente sarebbe assai difficile sostenere l'abrogazione delle leggi regionali.

Peraltro, un primo aspetto di divergenza tra l'ambito di applicazione delle due normative potrebbe vedersi proprio nel profilo cui si è fatto cenno supra: le norme regionali concernono, come si è detto, le locazioni turistiche mentre la norma statale concerne le locazioni brevi. Da notare però che la portata di questo profilo di divergenza potrebbe forse essere ridotta ove vi fossero disposizioni che legassero le due ipotesi (come si ha, per esempio, nel caso della legge della Regione Piemonte che dispone che il codice identificativo - con l'obbligo conseguente per gli interessati di curare i relativi adempimenti - concerna le locazioni turistiche che abbiano una durata fino a 30 giorni: si ha così, come si vede, una parziale coincidenza delle due fattispecie).

Certo è che ove non vi sia coincidenza del loro ambito di applicazione, entrambe le disposizioni dovrebbero ritenersi vigenti con la conseguenza che i proprietari degli immobili interessati sarebbero tenuti a dare esecuzione sia agli adempimenti previsti dalla disposizione regionale sia a quelli previsti dalla normativa statale.

Tanto più che gli stessi adempimenti previsti dalle due distinte normative finalizzate all'attribuzione agli immobili del codice identificativo potranno essere diversi: l'oggetto della comunicazione, le modalità di formulazione e di trasmissione, lo stesso contenuto dell'informativa e la sede cui la stessa dovrà essere indirizzata saranno diversi. Con la conseguenza, dunque, che - in difetto di un'espressa disposizione di abrogazione della disciplina regionale - questa continuerà ad essere vigente accanto e contemporaneamente alla disciplina statale.

Da osservare che in relazione a tutto ciò potrà accadere che il medesimo immobile verrà a possedere più codici identificativi, diversi a seconda delle diverse disposizioni che li imponessero.

In conclusione

Quanto agli aspetti operativi, il comma 5 dell'articolo prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo dovrà adottare entro 30 giorni un decreto che fissi:

- le norme di attuazione e di organizzazione della banca dati;

- le modalità di accesso alle informazioni della banca dati;

- le modalità per la messa a disposizione della banca dati all'utenza e alle autorità e per la comunicazione al sito del Ministero;

- “i criteri che determinano la composizione del codice identificativo, secondo la tipologia e le caratteristiche della struttura ricettiva e l'ubicazione a livello comunale”.

Si tratterà dunque di attendere l'emanazione del decreto per conoscere in modo preciso i concreti profili operativi delle nuove disposizioni.

E' peraltro possibile che con l'emanazione del decreto in questione almeno una parte degli aspetti di contraddizione che si sono segnalati potrà essere oggetto di correzione: per esempio con il decreto in questione potrebbero adottarsi - come già si è detto - modalità operative differenziate per le diverse fattispecie attraverso le quali potrebbero essere almeno parzialmente introdotte misure di razionalità.

Guida all'approfondimento

Cuffaro,Locazioni brevi, locazioni transitorie, locazioni turistiche, in Corr. giur., 2017

Pennarola, Alloggi per finalità turistiche e strutture ricettive “case per vacanze” (CAV): locazioni nella legislazione regionale della Lombardia, in Riv. giur. edil., 2018, III

Scalettaris, Primi appunti sulle disposizioni in tema di locazione contenute nel nuovo Codice del Turismo, Arch. loc. e cond., 2012

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