Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e revocatoria fallimentare
06 Agosto 2019
La disciplina dell'amministrazione straordinaria, che avrebbe dovuto avere natura eccezionale e temporanea, ha subito notevoli modifiche legislative: si pensi al D. Lgs. n. 270 del 1999, c.d. legge Prodi-bis, che ha ridotto notevolmente la durata della procedura aumentando e consolidando gli strumenti di tutela dei creditori, o al decreto-legge n. 347 del 2003 convertito con modificazioni in legge n. 39/2004, c.d. legge Marzano, nata per fronteggiare il crack Parmalat e più volte modificata per consentirne l'applicazione ad altri casi quali quello Alitalia ed ILVA. Spesso tali modifiche sono state introdotte per superare le censure di incompatibilità con le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato ripetutamente mosse dagli organi comunitari e sancite dalla Corte di giustizia della Comunità Europea. Ed infatti, uno dei problemi che l'istituto ha subito posto e che continua ancora oggi a porre sollecitando interventi sia legislativi che giurisprudenziali, riguarda la sua compatibilità con le norme comunitarie che vietano gli aiuti di Stato alle imprese ed in particolare con l'art. 87 (ex art. 92) del Trattato che istituisce la Comunità Europea del 25 marzo 1957. In base a tale articolo sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. La norma fa poi un'elencazione degli aiuti ritenuti compatibili con il mercato comune e di quelli che possono essere ritenuti compatibili, lasciando quindi all'interprete la soluzione.
Una recente Ordinanza della Corte di Cassazione (Sezione 1 civile n. 8974 del 29 marzo 2019) si è specificatamente occupata della revocatoria fallimentare ex art. 64 e seguenti l.fall. – di quello strumento, cioè, diretto alla ricostituzione del patrimonio del fallito e quindi al recupero dei beni indebitamente usciti dal patrimonio del debitore - nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ed ha sancito che il suo esercizio nell'ambito della predetta procedura non integra aiuto di Stato ex art. 87 del Trattato CE, “trattandosi di procedimento attivabile ordinariamente nel corso della procedura fallimentare, senza che rilevi la distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria, atteso che l'azione revocatoria, anche quando esercitata durante la fase conservativa, è diretta a produrre risorse da destinare alla espropriazione forzata a fini satisfattori, di tutela degli interessi dei creditori. Né rileva che il bene recuperato con l'azione revocatoria non sia destinato immediatamente alla liquidazione e al riparto tra i creditori, poiché è sufficiente che esso concorra con gli altri beni a determinare il patrimonio ripartibile al termine del tentativo di risanamento” (CED, Cassazione, 2019). Viepiù, nella parte motiva dell'Ordinanza, la Corte si spinge ancora oltre ritenendo, logicamente, che non costituisce aiuto di Stato la stessa apertura della procedura di amministrazione straordinaria, senza la quale non sarebbe neppure prospettabile l'esercizio dell'azione revocatoria. I supremi giudici hanno pertanto sancito, a chiare lettere, che l'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi non integra aiuto di stato ex art. 87 del trattato CE.
Per tale via, come si evince dalla parte motiva della sentenza, hanno logicamente dedotto che è la stessa apertura della procedura di amministrazione straordinaria a non costituire aiuto di Stato sostenendo, a ragione, che la continuazione dell'impresa, sebbene sia l'ipotesi normale, non è la conseguenza necessaria dell'apertura della procedura stessa. |