La procedura di allerta e i debiti previdenziali nel nuovo Codice della crisi d'impresa

08 Agosto 2019

Il nuovo Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato in Gazz. Uff. 14 febbraio 2019, n. 6) emanato in attuazione della Legge 19 ottobre 2017 n. 155 (Gazz. Uff. 30 ottobre 2017, n. 254) ha rappresentato per il nostro ordinamento un cambiamento significativo, anche in virtù dell'introduzione degli strumenti di allerta e di prevenzione della crisi.
Premessa

Il nuovo Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato in Gazz. Uff. 14 febbraio 2019, n. 6) emanato in attuazione della Legge 19 ottobre 2017 n. 155 (Gazz. Uff. 30 ottobre 2017, n. 254) ha rappresentato per il nostro ordinamento un cambiamento significativo, anche in virtù dell'introduzione degli strumenti di allerta e di prevenzione della crisi. Il nostro Legislatore ha così attuato i principi oggetto della Raccomandazione 2014/135/UE, promulgata con l'obiettivo di stimolare in tutta l'Unione Europea un quadro giuridico atto a garantire un preventivo intervento presso le imprese che attraversano un periodo di difficoltà finanziaria prima di un possibile e irreversibile default. Inoltre, il precetto europeo dovrebbe offrire agli imprenditori virtuosi una ulteriore opportunità promuovendone l'etica e la professionalità, gli investimenti, l'occupazione e contribuendo a ridurre gli ostacoli al funzionamento del mercato interno.

Con il nuovo Codice della Crisi d'Impresa si è tentato, pertanto, di definire una disciplina utile a tutelare in via preventiva i diritti dei creditori prima di dover agire nell'ambito di possibili procedure concorsuale conclamate. Per conto si vuol offrire uno strumento operativo che possa in un certo qual modo sostenere le imprese e gli imprenditori prima di un intervento più profondo e spesso drammatico quale ad esempio il fallimento.

Questi obiettivi sono perseguiti con la regolamentazione dell'intervento di ben definiti attori terzi e istituzionali tramite le nuove procedure d'allerta attribuendo nuovi ruoli in particolari all'Agenzia delle Entrate, all'Agente della Riscossione e all'Istituto Nazionale della Prevenzione Sociale.

Crisi dell'impresa e insolvenza

Prima di addentrarci nella disciplina delle neo introdotte procedure di allerta è opportuno soffermarci sinteticamente – demandando ad ulteriori e più approfonditi interventi – sui due concetti principi regolamentati dal CCI: la “crisi” dell'impresa e lo stato di “insolvenza”.

Il Legislatore, infatti, nell'ambito delle due fattispecie sopra citate ha inteso stabilire puntali e precisi ruoli agli attori a loro volta coinvolti: sia nei confronti di quelli identificabili come “interni” e detentori della governance aziendale (amministratori, collegio sindacale, referenti alla revisione etc), sia rispetto a quei soggetti definiti come “esterni” o meglio, come creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate, Agente della Riscossione, Inps).

Evidenziato quanto sopra il nuovo CCI definisce come “crisi economica” quello stato di difficoltà economico-finanziaria a seguito del quale potrebbe scaturire una probabile l'insolvenza del debitore. Per l'imprenditore – e la sua azienda – verrebbe così a manifestarsi una inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.

Per contro l'imprenditore può essere definito “insolvente” quando lo stesso, alla luce dei manifestati inadempimenti o altri fattori esteriori, non sia più in grado di far fronte e soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Ecco che il nuovo dettato normativo – tramite l'introduzione delle procedure di allerta - tenta di far emergere preventivamente quelle situazioni classificabili come “rischiose” per la salute aziendale, cercandole di curarle prima di ogni altro possibile intervento dell'autorità giudiziaria poiché divenute ormai irreversibili.

La nuova procedura di allerta

Come premesso, gli strumenti di allerta introdotti dall'art. 12 e segg. del CCI risultano essere estremamente ampi circa lo spettro di applicabilità. Tali procedure coinvolgono generalmente tutti quei debitori che svolgono una attività d'impresa.

Di particolare interesse è il coordinamento con i novellati artt. 2086 e 2477 del codice civile, tramite i quale vengono sanciti nuovi assetti organizzativi per quelli imprese costituite in forma collettiva senza dimenticare che, con la nuova normativa, neanche gli imprenditori strutturati individualmente sfuggono all'applicazione di tali procedure.

art. 2086 c.c. (come da art. 375 CCI) – Gestione dell'impresa

Comma 2 (nuovo)

L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

art. 2477 c.c. (come da art. 379 CCI) – Nomina organi di controllo

Coma 2 e 3 (nuovi)

La nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:

  • è tenuta alla redazione del bilancio;
  • controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
  • ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10 unità.

Infatti, seppur in seno ad una impresa individuale risulta mancante un organo dedicato al controllo, l'art. 14 del CCI pone in capo ai c.d. creditori pubblici qualificati (Art. 15 CCI) il compito di monitoraggio e prevenzione rispetto ad una possibile crisi.

Stabilito che le procedure di allerta possono applicarsi alla generalità degli imprenditori, sussistono, per espressa previsione normativa, alcune tipologie di eccezione stante la particolare tipologia di impresa.

Sono, pertanto, escluse dall'applicazione degli strumenti di allerta quelle aziende che per tipo di organizzazione interna, trasparenza e precisione delle informazioni, sistema gestionale e procedurale interno non dovrebbero necessitare di ulteriori sistemi di controllo. Tali soggetti sono:

  • le grandi imprese o quelle che alla data di chiusura del bilancio annuale superano due dei tre seguenti criteri: 1) Stato patrimoniale per un totale di 20 milioni di euro; 2) recavi netti delle vendite e delle prestazioni per un totale di 40 milioni di euro, c) numero medio dipendenti occupati nell'esercizio pari a 250;
  • gruppi di imprese di rilevante dimensione, o gruppi di imprese strutturati con il sistema di madre e figlie e bilancio tra loro consolidato e che, complessivamente, alla data di chiusura del bilancio della impresa madre superano due dei tre seguenti criteri: 1) Stato patrimoniale per un totale di 20 milioni di euro; 2) recavi netti delle vendite e delle prestazioni per un totale di 40 milioni di euro, c) numero medio dipendenti occupati nell'esercizio pari a 250;
  • società con azioni quotate;
  • società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante secondo i criteri stabiliti dalla Consob.

L'art. 15 del CCI al comma 5 esclude, altresì, dalle procedure di allerta quelle realtà aziendali nei confronti delle quali sono applicabili le procedure di liquidazione coatta amministrativa e in particolare:

  • le banche, le società capogruppo di banche e le società componenti il gruppo bancario;
  • gli intermediari finanziari iscritti nell'albo di cui all'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n.385;
  • gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento;
  • le società di intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, le società di investimento a capitale variabile e fisso, le società capogruppo di società di intermediazione mobiliare e le società componenti il gruppo;
  • i fondi comuni di investimento, le succursali di imprese di investimento e di gestori esteri di fondi di investimento alternativi; i depositari centrali;
  • le fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153;
  • la Cassa depositi e prestiti di cui al decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
  • i fondi pensione;
  • le imprese di assicurazione e riassicurazione di cui al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.
  • le società fiduciarie di cui all'articolo 199 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58; le società fiduciarie, le società fiduciarie e di revisione e gli enti di gestione fiduciaria disciplinati dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966; le società di cui all'articolo 2 del decreto-legge 5 giugno 1986, n. 233, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 1986, n. 430; le società fiduciarie di cui all'articolo 60, comma 4, deldecreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415.

E' opportuno precisare che le imprese sottoposte a liquidazione coatta amministrativa diversa da quelle sopra elencate rimango soggette alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi (es: cooperative di produzione e lavoro, cooperative sociali).

Infine, l'art. 12, comma 7 del D.lgs 14/2019 include, tra le imprese destinatarie dei sistemi di allerta, anche le “imprese minori” e le imprese agricole tenendo però conto della loro struttura organizzativa. La gestione successiva all'attivazione delle procedure interne ed esterne prevede, pertanto, l'intervento diretto dell'organismo di composizione delle crisi da sovraindebitamento (OCC).

Per imprese minori si intendono tutte le realtà che hanno un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300.000 euro, ricavi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200.000 euro nei tre esercizi di mandato antecedenti, debiti, anche non scaduti, non superiori a 500.000 euro.

Procedure “interne” ed “esterne”

Il codice descrive precisamente le modalità e gli obblighi conseguenti alle procedure di allerta attivabile sia internamente o esternamente all'impresa.

La fase “interna”

Per quanto riguarda la prima fattispecie di constatazione interna di una possibile crisi questa può schematicamente, essere riassunta nelle seguenti fasi:

a) incubazione della crisi e attivazione interna della procedura di allerta a seguito della verifica dei consuntivi contabili (bilanci, flussi di cassa etc). Questo scaturisce, il più delle volte, dall'obbligo di verifica amministrativa di competenza dell'organo di controllo societario che dovrà assumere le conseguenti ed idonee iniziative qualora non adottate dalla governance aziendale;

b) vera e propria maturazione della crisi e pertanto apertura della procedura di allerta interna: in tale contesto, poiché la prima fase non risulta sanata, gli organi di controllo societario o i referenti della revisione - ai sensi dell'art. 14 del CCI - dovranno verificare che l'organo amministrativo abbia intrapreso azioni atte a risolvere la crisi segnalando, nel caso, a quest'ultimo l'esistenza di fondati indizi della crisi. Tale segnalazione, motiva e prodotta per iscritto, dovrà contenere un congruo termine – non superiore però a 30 giorni – entro il quale l'organo amministrativo dovrà riferire in merito alle soluzioni adottate.

c) situazione di crisi conclamata: questa si verifica quando le azioni sopra descritte non riescono a produrre effetti utili e pertanto si accede alla vera e propria situazione di crisi in senso giuridico (incapacità prospettica a far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni). In tal caso la procedura di allerta “interna” sfocerà verso “l'esterno” tramite l'informazione da parte degli organi nei confronti dell'OCRI da fornirsi trascorsi ulteriori 60 giorni rispetto al precedente termine di 30 giorni concesso per l'adozione delle soluzioni.

La procedura “esterna”

La procedura esterna ha luogo quando risultino specifiche evidenze dell'inadempienza dell'impresa e la condizione dell'azienda è riscontrabile dai creditori terzi esterni.

Questa fase, quasi sempre successiva alla fase “interna”, si afferma con evidenza oggettiva, ed è collegata a comportamenti tipici, sintomatici di un malessere finanziario, quali ritardi nei pagamenti, evidenza di solleciti, diffide, per poi peggiorare con omissione del versamento dei contributi previdenziali, dei tributi, delle imposte o mancato pagamento dei fornitori “essenziali” per l'impresa. Tale procedura è, pertanto, attivata a cura dei c.d. creditori pubblici qualificati.

Il ruolo degli attori istituzionali

Il comportamento degli attori c.d. “istituzionali” è descritto dal Codice all'art. 15 del CCI. Gli stessi sono, rispetto alla crisi dell'impresa, denominati creditori pubblici qualificati.

Questi soggetti sono:

  • l'Agenzia delle Entrate;
  • l'Agente della Riscossione delle imposte;
  • l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS).

Essi hanno l'obbligo di segnalare preliminarmente al debitore, in forma scritta, che l'esposizione dei debiti nei confronti degli istituti stessi risulta superiore a determinate soglie, anch'esse stabilite dalla normativa come di seguito descritto:

a) per l'Agenzia delle Entrate quando l'ammontare totale del debito scaduto e non versato per l'imposta sul valore aggiunto sia pari ad almeno il 30% dei volume d'affari del medesimo periodo e non inferiore a € 25.000 per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente fino a € 2.000.000; non inferiore a € 50.000 per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente fino a € 10.000.000; non inferiore a € 100.000, per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente oltre € 10.000.000;

b) per l'Agente della Riscossione quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione auto-dichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre 90 giorni superi la soglia di € 500.000 per le imprese individuali e, la soglia di € 1.000.000 per le imprese collettive;

c) per l'INPS quando il debitore è in ritardo di oltre 6 mesi nel versamento di contributi previdenziali per un ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell'anno precedente e superiore alla soglia di € 50.000

A seguito di tale segnalazione al debitore è concesso un periodo di 90 giorni all'interno del quale dovrà attivarsi tentando di attuare una delle seguenti soluzioni:

a) estinzione complessiva di ogni debito;

b) raggiungimento di un accordo con l'ente segnalatore come ad esempio un piano di rateazione della contribuzione Inps omessa;

c) richiesta di accesso alla composizione assistita della crisi o ad altra procedura concorsuale.

Agenzia delle Entrate, Agente della Riscossione e INPS – in caso di inerzia del debitore nel termine sopra descritto di 90 giorni – avranno l'obbligo di inoltrare senza indugio la segnalazione all'OCRI. Tale segnalazione dovrà essere effettuata, inoltre, anche in tutte quelle situazioni in cui il debitore sia decaduto da eventuali rateazioni concesse.

È opportuno sottolineare l'importanza di tale procedura: in difetto, infatti, il Legislatore dispone l'inefficacia del titolo di prelazione spettante ai crediti dell'Agenzia delle Entrate e dell'INPS, nonché l'inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione per quanto concerne l'Agente della Riscossione.

Nei casi in cui i gli stessi creditori pubblici qualificati ricevano informazione, da parte del debitore, circa crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni, questi non devono procedere alla segnalazione, purché tali crediti documentati non siano inferiori inferiore alla metà del debito verso il singolo creditore pubblico qualificato.

L'Ocri

L'art. 16 del CCI istituisce l'Organismo di composizione assistita della crisi (OCRI), costituiti presso ciascuna Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura al quale è affidato il compito di:

  • ricevere le segnalazioni sui fondati indizi di crisi dell'impresa, così come comunicati dagli organi di controllo societario o dai creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate; INPS; Agente per la riscossione), (art. 14 e 15);
  • gestire la fase di allerta per tutte le imprese;
  • assistere l'imprenditore, su sua istanza, nel procedimento di composizione assistita della crisi per le imprese diverse da quelle minori (o imprese «sotto soglia»).

La competenza territoriale dell'OCRI a cui devono essere indirizzate le segnalazioni o l'istanza del debitore, è determinata sulla base della sede legale dell'impresa.

Destino dei rapporti di lavoro e debiti contributivi

Analizzati i percorsi procedurali di allerta in caso di constata situazione di crisi o insolvenza del debitore risulta necessario considerare quali riflessi possano scaturire, ad esempio, in capo ai rapporti di lavoro in essere presso l'azienda oggetto della segnalazione e, in questa sede, in tema di debiti contributivi.

Per quanto concerne i rapporti di lavoro in essere nulla dovrebbe conseguire poiché nella fase di allerta non risultano ancora attivate le eventuali procedure concorsuali (concordato preventivo o liquidazione giudiziale) e pertanto le prestazioni lavorative – in particolare dei lavoratori subordinati – risultano proseguire normalmente.

In caso l'azienda, proprio per rispondere alle esigenze di risoluzione e composizione della crisi potrà eventualmente attingere agli appositi agli ammortizzatori sociali normativamente vigenti (es: Cigs, Fondi di solidarietà, contratti di solidarietà etc). con l'intento di calmierare i costi e garantire un sostegno al reddito a beneficio dei lavoratori.

Potrà, inoltre, essere valutata – nella peggiore delle ipotesi – l'adozione di procedure di risoluzione individuale o collettiva dei rapporti di lavoro con la fattiva assistenza delle organizzazioni Sindacali e/o datoriali.

È qui opportuno puntualizza come il Legislatore, anche nel voler garantire una fattiva tutela dell'occupazione, ha chiaramente previsto all'art. 12 comma 3 del CCI come l'attivazione della procedura di allerta da parte dei soggetti preposti (nonché la presentazione da parte del debitore dell'istanza di composizione assistita della crisi), non costituisce di per sé stessa causa di risoluzione dei contratti pendenti. E ciò sta a significare che l'attivazione di tali procedure non può essere invocata quale giusta causa di risoluzione dei rapporti di lavoro (quali contratti pendenti): eventualmente l'intimazione di eventuali licenziamenti potrà essere giustificata da motivazioni oggettivamente individuabili nella situazione di crisi e difficoltà economico – finanziaria dell'impresa.

Inoltre, come ben analizzato sopra e per quanto riguarda i debiti contributi, la procedura di allerta è promossa dall'INPS.

Prima di tutto si pone immediatamente all'attenzione come il Legislatore non abbia ricompreso tra i soggetti legittimati altri enti previdenziale ed assistenziali potenzialmente creditori di ulteriori somme contributive (es: Inail, Enasarco, Inpgi, Enapia etc).

Questa scelta del Legislatore dovrà necessariamente essere vagliata – in particolare dalla giurisprudenza – poiché nulla vieta che debiti contributi omessi ad esempio nei confronti dell'Inail (per importi superiori a 50.000 euro) non possano comunque annoverarsi tra le obbligazioni non assolte e quindi far scattare le procedure di allerta.

Certo si può qui già considerare che la contribuzione omessa nei confronti dell'Inps - e che computerà alla definizione del limite dei 50.000 euro annui - atterrà a tutte le gestioni obbligatorie dell'Istituto (gestione dipendenti, gestione separata, gestione autonomi artigiani e commercianti etc). Diverso sarà, invece, definire il concetto di “annuali” quale intervallo riferibile ad un periodo precisamente dato (es. dal 1.1. al 31-12) o ad un arco temporale in cui siano susseguite le scadenze di pagamento (es: dal 16.2 al 16.1).

Per quanto riguarda poi i debiti contributi scaduti si dovrà chiarire se il limite di 50.000 dovrà considerarsi solo per le somme contestate in fase amministrativa o anche per quelle divenute oggetto di recupero tramite l'Agente della Riscossione (Avvisi di debito). Per quest'ultimo, infatti, le procedure di allerta scattano a soglie notevolmente più alte (500.000 o 1.000.000 di euro).

Stante le indicazioni inserite all'art. 15 del CCI le somme per debiti contributi richieste a rateazione non concorrono alla determinazione del limite di 50.000 euro.

Infine vi sarà da capire come il dettato normativo della procedura di allerta – nei casi di debito contributivi Inps – potrà coordinarsi con le disposizioni di cui all'art. 2, comma 2 del D.Lgs 81/2016 regolamentanti le fattispecie sanzionatorie legate al valore dell'omissione compiuta dal datore del datore di lavoro.

Come ormai ben consolidato (cfr anche Corte di Cassazione Sentenza Sez. Unite del 18 gennaio 2018, n. 10424 e Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 7 gennaio 2018 n. 34) è connaturata come “reato” l'omissione contributiva (delle trattenuta a carico lavoratore) per somme annuali superiori a 10.000 euro a cui consegue la sanzione penale della reclusione fino a tre anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 euro.

Depenalizzazione omissioni contributive

Limiti omissione

Sanzioni

Sino a 10.000 euro/anno

Sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro

Oltre 10.000 euro/anno

Reclusione sino a 3 anni e multa sino a 1.032 euro

Va da sé che se il debitore dovesse aver omesso il versamento di contributi trattenuti ai lavoratori per importi superiori a 10.000 euro, di certo la totalità della contribuzione non assolta (carico ditta e carico dipendente) si avvicinerà inevitabilmente alla soglia dei 50.000 euro, rischiando così di incappare in una duplice situazione: da un lato la possibile sanzione a carattere penale e dall'altro l'attivazione della procedura di allerta.

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