Revisione in sede di divorzio delle condizioni economiche della separazione consensuale e nuovo orientamento delle SU
12 Agosto 2019
E' possibile in sede di divorzio invocare l'annullamento dell'assegno di mantenimento convenuto a favore della moglie in sede di separazione consensuale sulla base della sola sentenza n. 18287/2018 emanata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione?
In linea generale la circostanza per cui in sede di separazione consensuale sia stato pattuito un assegno di mantenimento in favore di un coniuge non esclude che il coniuge obbligato a corrisponderlo possa chiederne in divorzio la revoca invocando il nuovo orientamento delle Sezioni Unite qualora nella vicenda sottoposta alla cognizione del Tribunale non ricorrano i presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile. Ciò in quanto l'assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. riconosciuto in sede di separazione e l'assegno divorzile previsto dall'art. 5, l. n. 898/1970 hanno presupposti giuridici e finalità completamente differenti tra loro. La Suprema Corte ha affermato, infatti, che la determinazione dell'assegno divorzile è indipendente da quanto statuito in sede di separazione per il mantenimento del coniuge economicamente più debole, essendo le rispettive pronunce giudiziali fondate su diverse situazioni sostanziali, ed essendo differenti per natura, struttura e finalità (Cass. civ. n. 5140/2011). Occorre, tuttavia, precisare che il nuovo orienntamento delle S.U. (Cass. civ. S.U., sent. n. 18287/2018) in materia di assegno divorzile non potrà essere invocato nel caso in cui si intendesse ottenere la revoca dell'assegno di mantenimento concordato in sede di separazione fin dalla fase presidenziale del giudizio di divorzio. Ciò perché nella fase presidenziale il Giudice non è chiamato a formulare un'anticipazione del giudizio relativo alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dell'assegno di divorzio (che ha altri presupposti, e consegue al mutamento di status e quindi alla pronuncia di scioglimento degli effetti del matrimonio), ma solo a verificare se nelle more si siano verificati fatti nuovi, che consiglino di modificare le previsioni che erano state assunte in sede di separazione dei coniugi. Conseguentemente il richiamato indirizzo giurisprudenziale in tema di assegno divorzile delle Sezioni Unite potrà trovare applicazione solo con la sentenza che dichiara il divorzio, ma non prima. (cfr. Cass. civ., 10 dicembre 2008, n. 28990; App. Aquila 4 ottobre 2018). Il Presidente non può infatti, in fase presidenziale, pronunciarsi sulla debenza dell'assegno divorzile, perché tale decisione non può prescindere dalla sentenza divorzile e dall'accertamento dei presupposti oggi individuati dalla Cassazione a Sezioni Unite. Accertamento certamente complesso che deve essere demandato alla fase istruttoria, essendo precluso nella fase presidenziale a cognizione sommaria. Il contributo eventualmente determinato dal Presidente in favore del coniuge nell'ambito del giudizio di divorzio rimane tecnicamente ancora un assegno di mantenimento, e così fino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio. Solo in seguito si potrà propriamente parlare di assegno di divorzio (Cass. civ. sez. I, sent. 15 gennaio 2009, n. 813). Tuttavia il Presidente potrà sempre modificare, fin dalla fase presidenziale, i provvedimenti della separazione, ove siano intervenuti fatti nuovi significativi che escludono il diritto del coniuge a continuare a percepire l'assegno di mantenimento concordato in sede di separazione.
*Fonte: www.ilFamiliarista.it |