Il rilascio dell'immobile locato prima dell'udienza di convalida di sfratto per morosità: cui prodest?
13 Agosto 2019
Il quadro normativo
Il Tribunale di Catania, in ordine ad un'identica fattispecie, ha adottato soluzioni differenti che possono compendiarsi come segue. La richiesta di concessione del termine di grazia proposta dal conduttore convenuto in un giudizio di sfratto per morosità implica una volontà incompatibile con quella di opporsi alla convalida, e legittima l'ingiunzione al pagamento dei canoni scaduti e a scadere oltre alle somme dovute per oneri e utenze sino all'effettivo pagamento (Trib Catania 10 gennaio 2019). La consegna dell'immobile al locatore nel corso della procedura di sfratto per morosità comporta la cessazione della materia del contendere con la conseguente declaratoria di non luogo a provvedere sulla richiesta convalida dell'intimato sfratto, e l'accoglimento della richiesta di ingiunzione per i soli canoni scaduti e a scadere fino all'esecuzione dello sfratto con esclusione degli oneri condominiali o di altra natura (Trib Catania 13 giugno 2018). La mancata comparizione della parte intimata in un procedimento di sfratto per morosità, comporta la convalida di quest'ultimo, con la separata ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti e a scadere fino all'esecuzione dello sfratto (Trib Catania 12 dicembre 2018). La particolarità delle tre recenti decisioni in materia di sfratto per morosità e contestuale richiesta di ingiunzione di pagamento, sta nel fatto che in tutti i procedimenti il conduttore aveva rilasciato spontaneamente l'immobile dopo la notifica dello sfratto per morosità e prima dell'udienza, senza pagare i canoni arretrati e gli oneri accessori. All'udienza, il procuratore dell'intimante ha quindi dichiarato che la morosità persisteva ma che l'immobile era stato rilasciato, per cui non insisteva nella convalida dell'intimato sfratto per morosità ma solo nella richiesta di emissione del separato decreto ingiuntivo per i canoni scaduti e a scadere e per gli oneri accessori. A questo punto, si pone la seguente questione: il rilascio spontaneo dell'immobile da parte del conduttore dopo la notifica dello sfratto per morosità e prima dell'udienza, senza pagare i canoni arretrati e gli oneri accessori, consente - persistendo la morosità dichiarata in giudizio dal procuratore del locatore - la convalida dell'intimato sfratto per morosità e l'emissione di separato decreto ingiuntivo? Le diverse soluzioni del Tribunale etneo
Tale questione è stata risolta - come anticipato sopra - in modo diverso dai tre giudici della quinta sezione dello stesso Tribunale di Catania. Nel primo provvedimento, il giudice dichiara «non luogo a provvedere sulla richiesta di convalida dell'intimato sfratto per morosità» concedendo il decreto ingiuntivo soltanto per i canoni di locazione scaduti e a scadere, dichiarando di non potere concedere la richiesta ingiunzione per gli oneri condominiali o di altra natura, stante la previsione dell'art. 664, comma 1, c.p.c. Nel secondo provvedimento, il giudice adito, rilevato il rilascio spontaneo dell'immobile, ha «convalidato lo sfratto per morosità e dichiarato la cessazione della materia del contendere in merito alla domanda di rilascio», concedendo il decreto ingiuntivo sia per i canoni scaduti e a scadere sia per gli oneri accessori e le utenze non pagate. Nel terzo provvedimento, il giudice etneo ha ritenuto di non considerare l'intervenuto rilascio spontaneo dell'immobile, convalidando lo sfratto per morosità ed emettendo il richiesto decreto ingiuntivo, sia per i canoni scaduti e a scadere che per gli oneri accessori. La risoluzione del contratto di locazione
Il locatore che agisce in giudizio al fine di ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, costituito dal mancato pagamento dei canoni dovuti e non corrisposti, e la condanna del conduttore al pagamento delle suddette somme, è unicamente tenuto, in quanto creditore, a provare la fonte negoziale o legale del suo diritto, a tale fine, potendo limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento. Un tale onere deve ritenersi assolto con l'allegazione del contratto di locazione, costituente il titolo nel quale trova fondamento la richiesta di adempimento dell'obbligazione di pagamento dei canoni e la successiva richiesta di convalida di sfratto per morosità. In ordine alla questione riguardante la convalida dello sfratto per morosità nonostante l'avvenuta riconsegna dell'immobile dopo la notifica ma prima dell'udienza, l'art. 658 c.p.c. nel disciplinare l'intimazione di sfratto per morosità, enuncia al comma 1 che il locatore può intimare al conduttore lo sfratto con le modalità stabilite nell'art.657 c.p.c. anche in caso di mancato pagamento del canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti. Ciò premesso, l'art. 663 c.p.c., al comma 3, dispone che se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. Conseguentemente, al fine di convalidare l'intimato sfratto per morosità è sufficiente l'attestazione del procuratore dell'intimante che la morosità persiste, essendo quest'ultima riferita al pagamento dei canoni (scaduti e a scadere) in forza del quale viene chiesta la convalida dello sfratto intimato al conduttore. In altre parole, stando al dettato normativo sopra richiamato, la convalida dello sfratto per morosità non esige necessariamente la mancata riconsegna dell'immobile oggetto della locazione, bensì la morosità nel pagamento dei relativi canoni da parte del conduttore, atteso che in tale ipotesi, a chiare lettere l'art. 663 c.p.c., al citato comma 3, testualmente prevede che la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. Allo stesso modo, l'art. 663 c.p.c. al comma 1 prevede che se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto, essendo allora evidente che la concessione del termine di grazia da parte dell'intimato per sanare la morosità non può essere in alcun modo assimilata ad una forma di opposizione (Trib. Bari 14 giugno 2016, n.3305; Cass. civ., sez. III, 5 aprile 2012, n.5540; Cass. civ., sez.III, 7 ottobre 2008, n.24764; Cass. civ., sez.III, 24 marzo 2006, n.6636). L'art. 658 c.p.c., al comma 1, dispone che il locatore può intimare al conduttore lo sfratto anche in caso di mancato pagamento del canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti. L'anzidetta norma va letta in simbiosi con l'art. 664 c.p.c. che, al comma 1, testualmente dispone che nel caso previsto nell'art. 658 c.p.c., il giudice adito pronuncia separato decreto d'ingiunzione per l'ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all'esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all'intimazione. Il mancato pagamento degli oneri accessori
Pertanto, né la norma da ultimo citata, nè l'art.658 c.p.c. prevedono che l'ingiunzione di pagamento di cui trattasi possa riguardare anche gli oneri accessori della res locata. La suddetta impostazione è stata seguita nel corso degli anni fin da una risalente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 1986, n.7745), laddove si è affermato che il procedimento per convalida di sfratto non è applicabile al mancato pagamento degli “oneri accessori” della locazione, quali solo le “spese condominiali” poste a carico del conduttore ex art. 9 della l. n. 392/1978. Il procedimento di convalida di sfratto per morosità qui considerato, invero, si è ritenuto essere predisposto per i casi di mancato pagamento del canone di affitto ex art. 658 c.p.c., e attiene ai rimedi offerti dal legislatore all'inadempimento dell'obbligazione principale del conduttore, il cui fine è dunque di compensare il locatore del fare godere all'altro la res locata. In buona sostanza, secondo la suddetta impostazione seguita in passato dalla giurisprudenza, il procedimento di convalida di sfratto per morosità non dovrebbe riguardare i casi di mancato assolvimento degli “oneri accessori” gravanti sul conduttore (in tale senso, nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Monza 11 febbraio 2003; Trib. Cagliari 8 marzo 1985), i quali non si traducono in compensi per il locatore. Nella richiamata pronuncia di legittimità, si è altresì osservato che l'estensione della procedura al pagamento degli oneri accessori comporterebbe un adattamento del rito speciale alla particolarità propria della fattispecie, inglobata per analogia - operazione di plastica legislativa che non sarebbe consentita alla giurisdizione - rendendosi necessaria, da parte del giudice, una verifica che eccede dal ristretto ambito documentale del contratto di locazione per estendersi ad altre fonti probatorie, quali ad esempio, le delibere sulle spese e sui criteri di ripartizione, la comunicazione fatta al conduttore e la richiesta di pagamento ex art. 9 della citata l. 27 luglio 1978, n.392, condizioni tutte attinenti alla liquidità del credito fatto valere dal locatore. Un argomento decisivo contrario all'opinione espressa dai giudici di legittimità in relazione al suesposto orientamento, si riteneva non emergesse neppure dall'art. 55 della stessa l. n. 392/1978, circa la concedibilità del termine di grazia per il pagamento dei canoni e degli oneri accessori, atteso che la corrispondente assegnazione può avvenire anche in ordinario procedimento di cognizione per la risoluzione del contratto e il rilascio della res locata, quando la morosità attenga al pagamento di quegli oneri accessori (in senso contrario, però, il successivo orientamento di legittimità: Cass. civ., sez. III, 28 luglio 1987, n.6535, secondo cui il legislatore avrebbe invece accomunato nella medesima norma - art. 55 della l. n. 392/1978 - i canoni scaduti e gli oneri accessori maturati sino alla data della prima udienza, prevedendo per entrambi, nonostante la loro diversa natura, la stessa procedura per la sanatoria della morosità e ricollegando per entrambi al mancato pagamento, la stessa conseguenza della risoluzione del contratto, che deve dunque per entrambi ritenersi perseguibile attraverso tutti gli strumenti processuali, fra essi compreso il procedimento sommario). In seguito, si è affermato l'orientamento contrario, per il quale, anche la morosità per i soli oneri accessori può essere dedotta in giudizio con lo speciale procedimento di convalida disciplinato dall'art. 658 c.p.c. sulla scorta della parificazione sostanziale operata dalla l. n. 392/1978 fra canone e oneri accessori relativamente alla gravità dell'inadempimento, alla previsione per entrambi della possibilità di una sanatoria giudiziale e alla concessione del relativo termine di grazia (Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 2000, n. 247).
In conclusione
Nulla quaestio, invece, nell'ulteriore ipotesi contemplata dall'art. 5 della l. n. 392/1978, riguardante il mancato pagamento degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, che costituisce in ogni caso motivo di risoluzione del contratto di locazione, ai sensi dell'art. 1455 c.c. (Trib. Pisa 4 maggio 2017, n.537). Infatti, ove ricorra l'anzidetta fattispecie, sul piano della gravità dell'inadempimento ex art. 1455 c.c., si realizza una sorta di equiparazione fra canone di locazione ed oneri accessori, con la conseguenza che anche la morosità per i soli oneri accessori può essere dedotta in giudizio con lo speciale procedimento di convalida ex art. 658 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 19 novembre 1994, n.9805; Cass. civ., sez. III, 18 aprile 1989, n.1835; Cass. civ., sez.III, 4 febbraio 1987, n.1066, in cui si precisa che il mancato pagamento degli oneri accessori nella misura prevista, al pari del mancato pagamento del canone stesso, per effetto del disposto dell'art. 5 della l. n.392/1978 costituisce senz'altro motivo di risoluzione del contratto, senza che sia consentito al giudice sia nell'uno che nell'altro caso la valutazione sull'importanza dell'inadempimento). Invero, in tale ipotesi, ai sensi dell'art. 5 della l. n. 392/1978, la valutazione riguardante la morosità nel pagamento dei canoni o degli oneri accessori, circa l'importanza o la gravità dell'inadempimento, in relazione all'interesse del locatore insoddisfatto, non è più rimessa, ai fini della risoluzione, all'apprezzamento discrezionale del giudice, ma è effettuata in via automatica dalla stessa norma, mediante la previsione di parametri oggettivi (Trib. Arezzo 16 luglio 2018, n.759). Il legislatore, nelle locazioni ad uso abitativo ha dunque operato una valutazione legale tipica della gravità dell'inadempimento del conduttore ai fini della risoluzione del contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 12 aprile 2006, n.8628). La predeterminazione della gravità dell'inadempimento ex art. 5 della l. n. 392/1978, non trova quindi applicazione nelle locazioni di immobili urbani ad uso non abitativo (Cass. civ., sez. un., 28 aprile 1999, n. 272; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Bari 12 ottobre 2010, secondo cui, la disposizione contenuta nell'art. 5 della l. n. 392/1978, che ha predeterminato la gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione del contratto di locazione, è dettata per il tipo contrattuale della locazione ad uso abitazione e non è estensibile al tipo contrattuale della locazione ad uso diverso dall'abitazione, rispetto al quale resta operante il criterio della non scarsa importanza dell'inadempimento stabilito dall'art. 1455 c.c.; in senso conforme, v., ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 12 novembre 1998, n.11448), con la precisazione che in tale ultima ipotesi, il criterio legale dettato dall'art. 5 della l. n. 392/1978 può essere tenuto in considerazione come semplice parametro di orientamento per valutare in concreto se l'inadempimento del conduttore sia o meno di scarsa importanza (così Cass. civ., sez. III, 17 marzo 2006, n.5902).
*Fonte: www.condominioelocazione.it |