Le note di variazione IVA possono essere emesse prima della chiusura della procedura concorsuale

27 Agosto 2019

Con la sentenza del 17 aprile 2019, n. 145, la Commissione Provinciale di Vicenza si è espressa in merito al momento in cui è possibile emettere la nota di variazione IVA ex art. 26 del DPR 633/1972 nei confronti di diversi soggetti esposti a procedure concorsuali (fallimenti e concordati preventivi).
Massima

È possibile emettere la nota di variazione IVA ex art. 26 del DPR 633/1972 nei confronti di diversi soggetti esposti a procedure concorsuali (fallimenti e concordati preventivi).

Il caso

Con la sentenza del 17 aprile 2019, n. 145, la Commissione Provinciale di Vicenza si è espressa in merito al momento in cui è possibile emettere la nota di variazione IVA ex art. 26 del DPR 633/1972 nei confronti di diversi soggetti esposti a procedure concorsuali (fallimenti e concordati preventivi).

In particolare, i giudici di Vicenza, a differenza di quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate, che condizionava il diritto al recupero dell'imposta alla definitiva chiusura della procedura concorsuale, hanno aderito all'interpretazione fornita, in materia di IVA, dalla Corte di Giustizia Europea e che scaturisce dall'applicazione dell'art. 90 della direttiva 2006/112/CE che ha introdotto una duplice facoltà: quella dei contribuenti di ridurre la base imponibile al verificarsi di determinate condizioni (paragrafo 1); quella degli Stati membri di limitare tale possibilità di rettifica nell'ipotesi in cui il corrispettivo non sia passato (paragrafo 2).

Secondo i giudici di Vicenza, però, come sancito dalla Corte Europea, con la sentenza 23/11/2017 - Causa C-246/16, la predetta facoltà di deroga accordata non può interpretarsi nel senso di considerare gli Stati membri liberi di escludere del tutto la riduzione della base imponibile IVA, perché una siffatta previsione finisce per violare, sia il principio di divieto di riscossione dell'imposta per un importo superiore a quello percepito, sia il principio di neutralità.

Considerato che, nella fattispecie all'esame della CTP, quanto al concordato preventivo, già la relativa domanda e, quanto al fallimento, la relazione del curatore, attestavano con sufficiente oggettività l'esistenza della ragionevole probabilità che il debito non venisse saldato, la tesi opposta dall'Agenzia delle Entrate è risultata essere in palese contrasto con la normativa Europea sopra citata.

Il quadro normativo IVA

Si deve ricordare che le variazioni dell'IVA dovuta sono regolate dall'art. 26 del D.P.R. n. 633/1973.

Le principali fattispecie che consentono l'emissione delle note di variazione in diminuzione sono le seguenti:

  • dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili (art. 26, comma 2, primo periodo del DPR 633/72);
  • mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose (art. 26, co. 2, secondo periodo del DPR 633/72);
  • applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente (art. 26, comma 2, terzo periodo del DPR 633/72);
  • rettifica di inesattezze della fatturazione (art. 26, comma 3 del DPR 633/72);
  • risoluzione contrattuale, relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento di una delle due parti; tipicamente, il mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente (art. 26, comma 9 del DPR 633/72). In merito si ricorda che l'Agenzia delle Entrate ritiene che, laddove le parti abbiano pattuito una clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) e il fornitore si avvalga della suddetta clausola per "supposto" mancato adempimento della controparte che contesta l'addebito in sede giudiziale, l'emissione della nota di variazione in diminuzione sia subordinata all'esito del giudizio (principio di diritto del 2.4.2019, n. 13).

In particolare, il secondo comma sancisce che è possibile operare una variazione in diminuzione quando un operazione, per la quale sia stata emessa fattura e sia stata registrata secondo gli artt. 23 e 24, venga meno o se ne riduca l'ammontare imponibile a causa della dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili, oppure in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, oppure per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'art. 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'art. 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942 (di seguito anche legge fallimentare), pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.

Il terzo comma prevede anche che gli eventi sopraindicati possano verificarsi in dipendenza di un sopravvenuto accordo fra le parti. In tali casi, la variazione deve essere registrata entro un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile.

Secondo l'Agenzia delle Entrate, la nota di variazione deve essere emessa, al più tardi, entro i termini per l'esercizio della detrazione IVA ex art. 19, comma 1 del DPR 633/72, vale a dire entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (Circolare n. 1/E/2018).

È stato, infatti, chiarito che "le variazioni possono essere effettuate senza limiti temporali, anche se il diritto alla detrazione dell'imposta può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto per operare la variazione in diminuzione." (risoluzione n. 89/E del 18 marzo 2002).
Si ricorda che, per effetto delle modifiche recate all'articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, "Il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all' anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.". A norma del successivo comma 2-bis, tale disposizione si applica alle fatture e alle bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017.
Pertanto, laddove il dies a quo per l'emissione delle note di variazione sia antecedente il 1° gennaio 2017, il diritto alla detrazione può essere esercitato "con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto"; a decorrere invece dal 1° gennaio 2017, la detrazione può essere esercitata al più tardi "con la dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto" (Risposta interpello Agenzia Entrate del 18.12.2018 n. 113).

La nota di credito nell'ambito delle procedure concorsuali

In forza dell'attuale normativa, la nota di variazione può essere emessa solo quando è definitivamente accertata l'infruttuosità della procedura concorsuale.

In via generale, vale la pena d‘osservare che in base all'attuale previsione dell'art. 26, secondo comma DPR 633/1972, la suddetta circostanza si verifica allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l'esecuzione collettiva sul patrimonio dell'imprenditore viene meno, interamente o parzialmente, per l'insussistenza di somme disponibili per la relativa soddisfazione una volta ultimata la ripartizione dell'attivo.

Al fine di individuare il momento in cui tale circostanza si verifica, è necessario rifarsi ai numerosi chiarimenti forniti in passato dall'Amministrazione finanziaria.

Pertanto, secondo l'orientamento erariale, il cedente o prestatore dell'operazione può emettere la nota di variazione in diminuzione:

  • per il fallimento, in presenza di piano di riparto, in seguito alla pubblicazione del decreto con il quale il giudice delegato stabilisce tale piano (risoluzione n. 120/E/2009) o, più prudentemente, decorso il termine per le osservazioni al piano di riparto (circolare n. 77/E/2000);
  • per il fallimento, in assenza del piano di riparto, alla scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura (risoluzione n. 155/E/2001 e risoluzione n. 2008/E/195);
  • per il concordato preventivo liquidatorio o con continuità aziendale, con la definitività della sentenza di omologazione e al rispetto da parte del debitore concordatario degli obblighi ivi assunti (circolare n. 77/E/2000 e circolare n. 8/E/2017 par 13.2). In altri termini, rileva il compimento del piano di riparto (risposta ad interpello n. 113/E/2018);
  • per la liquidazione coatta amministrativa, con il decorso dei termini per l'approvazione del piano di riparto (circolare n. 77/E/2000).

Il condizionamento della legittimità dell'emissione della nota di variazione in diminuzione all'esito infruttuoso delle procedure concorsuali ha sollevato dei dubbi circa la conformità dell'art. 26 del DPR n. 633/1972 alla normativa comunitaria, atteso che in tal modo viene esclusa la rilevanza di ogni altra ipotesi nella quale si verifichi la perdita, totale o parziale, del corrispettivo, sia perché continua a posticiparsi ad un termine - a priori indefinibile - il momento in cui poterla emettere.

Sul tema, è intervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza del 23 novembre 2017, causa C-246/16, con la quale sono state messe in discussione le regole oggi previste nel nostro ordinamento per l'emissione delle note di variazione in diminuzione, in caso di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo.

La Corte di Giustizia infatti ha stabilito che uno Stato membro non può prevedere che, a fronte del mancato pagamento del corrispettivo, la detrazione dalla base imponibile IVA sia subordinata al verificarsi dell'infruttuosità di una procedura concorsuale la cui durata può superare anche i dieci anni.

Secondo i giudici comunitari, in presenza di una “probabilità ragionevole” che l'obbligazione di pagamento non venga adempiuta da parte del debitore sottoposto alla procedura concorsuale, la riduzione della base imponibile dovrebbe essere possibile anche senza attendere che il relativo credito diventi definitivamente irrecuperabile.

Ciò porterebbe alla conclusione che la rettifica IVA, secondo il diritto dell'UE, potrebbe essere effettuata anche prima dell'infruttuosità della procedura concorsuale se la stessa è ultradecennale, in quanto tale termine potrebbe causare al creditore delle problematiche (anche in termini di svantaggi competitivi) di liquidità.

Peraltro, la Corte di Giustizia ha precisato che spetta al contribuente fornire la prova per dimostrare la probabile durata prolungata (addirittura ultradecennale) del mancato pagamento, rimettendo agli Stati la previsione delle modalità con le quali dovrà essere fornita tale prova.

Conclusioni

Come è stato da più parti osservato, le conclusioni della Corte di Giustizia di cui sopra (che si è pronunciata su una fattispecie in cui trovava applicazione la disciplina fallimentare precedente alla riforma del 2005) farebbero riferimento a procedure con una durata superiore ai dieci anni. Pertanto, i relativi principi potrebbero non essere completamente applicabili alle procedure disciplinate dalle nuove norme, che hanno una durata sicuramente inferiore.

Tale tesi, però, non è condivisa dalla Commissione Tributaria di Vicenza la quale ha osservato che in nessun caso la Corte UE ha condizionato esplicitamente il diritto ad emettere la nota di variazione in diminuzione come possibile soltanto alla scadenza del decimo anno di apertura della procedura, stabilendo che il riconoscimento deve avvenire ogniqualvolta il soggetto segnali la sussistenza con ragionevole certezza che il debito non potrà più essere saldato.

E tale situazione potrebbe essere accertata già nella domanda di concordato o nella relazione del curatore.

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