Impugnazione delle decisioni della commissione elettorale circondariale
02 Settembre 2019
Inquadramento
Nell'ambito del complesso e articolato contesto normativo e procedimentale elettorale la Commissione elettorale circondariale (già mandamentale in relazione alla circoscrizione di pertinenza della Pretura) opera in due fasi distinte. In primo luogo e a livello generale, esamina le operazioni compiute dall'Ufficio Elettorale comunale nella formazione delle liste elettorali, decide sui ricorsi avverso tali operazioni, approva ogni sei mesi tali elenchi (artt. 29 e ss. del d.P.R. n. 223/1967) e, una volta convocati i comizi elettorali, predispone l'elenco definitivo degli aventi diritto al voto (artt. 32-bis, 32-ter e 33 del d.P.R. n. 223/1967). Inoltre, in un ambito più circoscritto, la Commissione elettorale circondariale è competente all'esame e all'ammissione delle candidature nelle elezioni comunali e circoscrizionali. Contro le decisioni in materia di elettorato attivo qualsiasi cittadino elettore della Repubblica presso il Tribunale competente può proporre impugnazioni davanti all'autorità giudiziaria ordinaria e le relative controversie sono regolate dall'art. 24 del d.lgs. n. 150/2011 (di modifica dei procedimenti civili di cognizione) a sensi dell'art. 42 del d.P.R. n. 223/1967 (modificato dallo stesso d.lgs.). Per quel che concerne la possibilità di ricorrere avverso gli atti inerenti le liste e le candidature, il d.lgs. n. 104/2010 (c.p.a.) specificamente disciplina il giudizio per l'immediata impugnazione degli atti di esclusione dal procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali (il cosiddetto contenzioso elettorale endoprocedimentale). Tuttavia, in questa sede sarà oggetto di disamina esclusivamente il contenzioso in materiale di elettorato attivo. Riparto di giurisdizione e rito applicabile
Nelle controversie in materia di elezioni amministrative la giurisdizione è ripartita tra il giudice amministrativo e quello ordinario in relazione al criterio di riparto del doppio binario, in rapporto, cioè, alla consistenza della situazione giuridica di diritto soggettivo o di interesse legittimo della quale si chiede la tutela, atteso che la giurisdizione amministrativa in materia di contenzioso elettorale non è esclusiva (cfr. Cass. civ., Sez.Un., n. 21262/2016). Sulla scorta di tali principi è quindi affermato che spettano al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i diritti di elettorato attivo o passivo perché anche in tali ipotesi la decisione verte direttamente sul diritto soggettivo perfetto inerente all'elettorato attivo o passivo, mentre appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo le questioni attinenti alla regolarità delle operazioni elettorali, in quanto relative a posizioni di interesse legittimo (cfr. art. 126 deld.lgs. n. 104/2010).
Occorre premettere che in materia di liste elettorali è prevista una prima fase amministrativa davanti alla Commissione elettorale circondariale, cui può ricorrere ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. n. 223/1967 ogni cittadino contro iscrizioni, cancellazioni, dinieghi di iscrizione od omissioni di cancellazione nelle liste, proposti dalla Commissione comunale per la revisioni delle liste elettorali, seguita da una fase giurisdizionale che si articola in due gradi, uno davanti alla Corte d'appello, cui può seguirne un altro davanti alla Corte di cassazione. A tal riguardo, va osservato che, dopo qualche incertezza iniziale, dottrina e giurisprudenza sono da temo concordi nel riconoscere natura amministrativa della Commissione elettorale circondariale e della procedura che si svolge davanti ad essa, qualificata alla stregua di un ricorso gerarchico improprio in considerazione della non ravvisabilità di un rapporto gerarchico tra Commissione circondariale e quella comunale. Per quanto specificamente concerne la fase giurisdizionale, prima della riforma del 2011, la tipologia di contenzioso in esame veniva ricondotto a un modello procedimentale tendenzialmente unitario ed omogeneo, ispirato alla tutela di interessi pubblici e strutturato su un modello impugnatorio mediante ricorso da presentare alla Corte d'appello, dalla trattazione in camera di consiglio, dalla definizione dei procedimenti in tempi rapidi e dalla riconduzione dei riti previsti al genus delle azioni popolari. L'art. 24 del d.lgs. n. 150/2011 ha assoggettato allo schema procedimentale del giudizio sommario di cognizione le controversie di cui all'art. 42 del d.P.R. n. 223/1967, riguardanti le impugnazioni avverso i provvedimenti adottati dalla Commissione elettorale circondariale (o dalle sue Sottocommissioni), in tema di elettorato attivo.
Profili teorici e casistica sul rito: le parti
Il nuovo art. 24, riproducendo la medesima disposizione contenuta nella disciplina previgente, prevede che il ricorso avverso le decisioni della Commissione elettorale circondariale possa essere proposto, oltre che da “qualunque elettore” del comune, della provincia o della regione interessata (azione popolare di tipo correttivo), anche dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente per territorio. L'art. 24, espressamente disciplinando il profilo della legittimazione passiva, ha riprodotto al quarto comma la disposizione secondo cui il ricorso deve essere notificato «al cittadino o ai cittadini interessati e alla Commissione elettorale». È competente, in unico grado di merito, la Corte d'appello nella cui circoscrizione ha sede la Commissione elettorale circondariale che ha emesso la decisione impugnata. Quanto alla rappresentanza processuale, la norma in esame, ribadendo le stesse previsioni contenute nella disciplina previgente, dispone espressamente che «le parti possono stare in giudizio personalmente in ogni grado»: su tale base è stato osservato che la rappresentanza in giudizio è personale, non soltanto in primo grado ed in sede di appello, ma anche in sede di giudizio di legittimità. La nuova disciplina processuale lascia inalterato il ruolo che la legislazione previgente aveva affidato al pubblico ministero, la cui partecipazione è prevista come necessaria, in quanto portatore di interessi pubblici. Nei giudizi in materia di elettorato attivo di cui all'art. 24, il pubblico ministero, oltre ad essere interventore necessario, è anche titolare – come sopra accennato – di una legittimazione straordinaria ad agire dinanzi alla Corte d'appello. Più in generale, va osservato che l'attuale disciplina, analogamente a quella previgente, non prevede alcuna disposizione in tema di intervento. Nell'ambito di tale lacuna, l'orientamento (cfr. Cass. civ., n. 2986/2000) formatosi nella previgente regime riteneva incompatibili con il sistema, l'oggetto e la natura di azione popolare del contenzioso elettorale sia l'intervento principale che l'intervento adesivo dipendente, considerando invece ammissibile esclusivamente l'intervento adesivo autonomo. Quanto ai termini dell'intervento, se in passato trovava applicazione la disciplina di cui all'art. 268 c.p.c., oggi si dovrà tener conto delle peculiarità proprie del rito sommario di cognizione ex art. 702-bis e ss. c.p.c. La legittimazione diffusa e fungibile riconosciuta dall'ordinamento per le controversie in esame espone alla probabilità della contemporanea pendenza di due o più giudizi – promossi da diversi “attori popolari” – aventi il medesimo oggetto (ad es. l'accertamento della legittimità del rifiuto opposto dalla Commissione elettorale comunale all'iscrizione di un determinato cittadino nelle liste elettorali e quindi del diritto di elettorato attivo). Alla luce dei rigidi criteri di competenza funzionale di cui all'art. 24, verosimilmente i procedimenti saranno incardinati dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, sicché, configurandosi la sostanziale identità delle azioni proposte (solo formalmente distinte) e l'integrale coincidenza delle questioni, il giudice dovrà disporre – anche d'ufficio – la riunione dei relativi procedimenti, ai sensi dell'art. 273 c.p.c.
Segue. La fase introduttiva
L'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 150/2011 dispone che, quando è competente in primo grado – ovvero in unico grado – la Corte d'appello, non si applica il procedimento di secondo grado delineato dall'art. 702-quater c.p.c., ma il procedimento di primo grado del rito sommario, di cui agli artt. 702-bis e 702-ter c.p.c., fatte salve comunque le disposizioni derogatorie previste dai primi due commi dello stesso art. 3. Essendo assoggettato alla disciplina del rito sommario di cognizione, il procedimento in esame si introduce con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. nel termine di trenta giorni (ovvero sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero), decorrente dalla notificazione delle decisioni della Commissione elettorale mandamentale (ex art. 30, comma 4, del d.P.R. n. 223/1967), quando il ricorrente è lo stesso cittadino che aveva reclamato o aveva presentato direttamente alla Commissione una domanda d'iscrizione, ovvero era stato dalla Commissione medesima cancellato dalle liste; dall'ultimo giorno di pubblicazione della lista rettificata, in tutti gli altri casi. La nuova disciplina ha espressamente confermato il regime di esenzione in materia di giudizi elettorali: infatti, «gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa, imposta e spesa di cancelleria». In passato, è stato al riguardo precisato che tale regolamentazione di favore – finalizzata a rimuovere ogni ostacolo al libero accesso alla giustizia in materie così sensibili e di rilevanza costituzionale – non esclude, peraltro, l'applicabilità – soprattutto nelle ipotesi in cui vi sia una difesa tecnica – delle regole ordinarie sui costi del processo, e segnatamente in tema di soccombenza e responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Come accennato, i giudizi in materia elettorale di competenza del giudice ordinario – pur avendo ad oggetto l'accertamento della sussistenza del diritto soggettivo (perfetto) di elettorato attivo o passivo – hanno struttura sostanzialmente “impugnatoria” di provvedimenti amministrativi, costituiti, per quanto specificamente riguardo il caso in esame, dal provvedimento della Commissione elettorale circondariale. In conseguenza di ciò, si è discusso in passato circa la necessità o meno che tali atti amministrativi dovessero preesistere all'esercizio della relativa azione e, secondo l'orientamento maggioritario, la previa esistenza dell'atto oggetto dell'impugnativa deve ritenersi quale presupposto processuale e, quindi, condizione di procedibilità dell'azione. Si è ritenuto, pertanto, che il previo esperimento del reclamo dinanzi alla Commissione elettorale mandamentale costituisse presupposto processuale della proposizione del relativo giudizio dinanzi alla Corte d'appello in unico grado (cfr. Cass. civ., n. 2736/1985). In dottrina si ritiene sufficiente allegare al ricorso il certificato elettorale, nel caso in cui il ricorrente sia un “qualunque elettore”; mentre, stante il carattere amministrativo del provvedimento impugnato, non sussiste per il ricorrente l'onere di deposito della copia autentica dell'atto. Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. civ., n. 469/1994), nell'ipotesi di impugnazione contro il provvedimento di cancellazione dalle liste elettorali, è richiesto, a pena d'inammissibilità, il deposito del relativo atto, a cura del ricorrente, entro dieci giorni dalla notificazione. Segue. Caratteri della trattazione e della istruzione
È stata introdotta l'espressa previsione secondo cui «la controversia è trattata in ogni grado in via d'urgenza». Nella Relazione illustrativa, la scelta è motivata «in considerazione della particolare delicatezza delle posizioni giuridiche soggettive oggetto del giudizio e della conseguente esigenza di mantenere l'effetto speciale volto ad assicurare una particolare celerità nella definizione di tali procedimenti». Detta previsione si innesta in un schema processuale da sempre caratterizzato da una particolare speditezza ed esigenza di celerità, finalizzata all'ottenimento di una decisione definitiva in tempi brevi. Coerentemente con tali peculiarità ed esigenze, la disciplina attuale prevede espressamente la sanzione dell'inammissibilità in caso di mancata proposizione entro i termini previsti dei ricorsi e la perentorietà dei termini per la notifica del ricorso e la costituzione delle parti. La nuova disciplina non risolve la questione relativa all'applicazione o meno della sospensione feriale dei termini ex l. n. 747/1969. In assenza di una previsione su cui fondare l'applicazione automatica, la giurisprudenza prevalente (cfr. Cass. civ., n. 25005/2007; contra, per la sospensione automatica, cfr. Cass. civ., n.2195/2003) ha optato per la necessità che il giudice effettui al riguardo un'apposita valutazione caso per caso.
È stato sancito il passaggio dal modello camerale al rito sommario di cognizione, con passaggio dall'istruttoria “deformalizzata” proprie delle controversie decise in camera di consiglio a quella che assume le forme delineate dal quinto comma dell'art. 702-ter c.p.c. Sulla compatibilità del rito, va osservato che il più delle volte l'attività di accertamento che il giudice è chiamato ad operare consiste nella mera verifica delle condizioni prescritte per l'iscrizione del soggetto nelle cd. liste elettorali e/o l'assenza delle cause ostative (tassativamente previste dal legislatore) all'esercizio del diritto di voto, di cui all'art. 48, ult. comma, Cost. Trattandosi di controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili è generalmente esclusa l'ammissibilità del giuramento e della confessione. Con riferimento alla ripartizione dell'onere della prova, si rammenta che nonostante la loro natura impugnatoria, i giudizi in esame hanno ad oggetto non il provvedimento ma il rapporto sostanziale sottostante e, segnatamente, l'accertamento – a cognizione piena – della sussistenza in capo al soggetto interessato del diritto di elettorato attivo o passivo. Devono, pertanto, trovare applicazione gli ordinari criteri di cui all'art. 2697 c.c., con conseguente onere dell'attore di fornire la prova dei fatti costitutivi delle domande dedotte in giudizio. Nello specifico, in materia di elettorato attivo, il ricorrente che lamenti la propria cancellazione dalle liste elettorali, ovvero la mancata iscrizione nelle stesse, dovrà fornire la prova del proprio diritto di voto, mentre colui che lamenti l'illegittimità dell'iscrizione altrui, deve dimostrare l'esistenza – in capo al soggetto interessato – di cause ostative all'esercizio dell'elettorato attivo (cd. “cause di incapacità elettorale”, quali ad es. ipotesi incapacità civile, interdizione dai pubblici uffici, producendo la relativa sentenza di condanna ex art. 28 c.p., ecc.). I giudizi elettorali di competenza del giudice ordinario vengono decisi con ordinanza provvisoriamente esecutiva, idonea a produrre gli effetti del giudicato, ai sensi dell'art. 702-quater c.p.c. In precedenza veniva emessa sentenza. Il provvedimento che definisce il giudizio è comunicato immediatamente dalla cancelleria al presidente della Commissione elettorale circondariale e al sindaco che ne cura, senza spesa, l'esecuzione e la notificazione agli interessati. Relativamente al contenuto della decisione, secondo un'autorevole impostazione occorre distinguere l'ipotesi di annullamento del provvedimento impugnato dall'accertamento della radicale nullità dello stesso. Se accoglie il ricorso, la Corte d'appello annulla il provvedimento della Commissione elettorale ordinando alla stessa e al sindaco del comune interessato di procedere alla rettifica delle cd. liste elettorali, in conformità all'accertamento dalla stessa compiuto. Qualora in sede di impugnativa del provvedimento della Commissione elettorale circondariale si deduca esclusivamente la radicale nullità dello stesso, senza chiedere contestualmente l'accertamento nel merito della sussistenza del diritto di elettorato attivo, il giudice ordinario si dovrà limitare ex art. 112 c.p.c. a dichiarare la nullità del provvedimento impugnato. In tale specifica fattispecie, l'impostazione in esame distinguere due ulteriori diverse ipotesi:
Poiché le determinazioni della Commissione elettorale circondariale poggiano su precisi presupposti di fatto e di diritto normativamente predeterminati, rappresentati dai requisiti previsti dalla legge per l'iscrizione dei cittadini nelle liste elettorali, le decisioni con cui viene disposta l'iscrizione (o la cancellazione) di un determinato soggetto nelle liste elettorali costituiscono “atti necessari e dovuti”, strettamente correlati alla sussistenza, o meno, dei presupposti prescritti per l'acquisto (o la perdita) del diritto di elettorato attivo. Ne discende l'applicabilità della regola enunciata dall'art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990. Infine, la Suprema Corte ha chiarito che, come consequenziale e necessario corollario del riconoscimento ad ogni cittadino elettore della legittimazione a promuovere il giudizio elettorale, «il giudicato formatosi in tale giudizio acquisti autorità ed efficacia erga omnes, non essendo compatibile con la natura popolare dell'azione, con il suo carattere fungibile e con le sue funzioni e finalità, che gli effetti della pronuncia rimangano limitati alle soli parti del giudizio e non operino anche nei confronti di tutti gli altri legittimati e dell'organo collegiale cui il giudizio stesso si riferisce» (cfr. Cass. civ., n. 73/2001). L'unico mezzo di impugnazione proponibile avverso l'ordinanza decisoria è costituito dal ricorso per cassazione. L'art. 24 prevede la generale dimidiazione dei termini, ad eccezione per i ricorsi dei cittadini residenti all'estero. È oggetto di discussione in dottrina se tale dimidiazione involga (tesi processuale) o meno (tesi procedimentale) anche il termine per impugnare di cui all'art. 325, comma 2, c.p.c. Nel silenzio della legge, è preferibile ritenere che legittimato all'impugnazione sia, oltre alla parte soccombente, anche il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello. Premesso che l'art. 24 del d.lgs. n. 150/2011 non prevede la possibilità della sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato ai sensi dell'art. 5 del medesimo decreto, occorre soffermarsi sulla proponibilità di una domanda cautelare ex art. 700 c.p.c. ante causam o lite pendente. Risultando evidente il pericolo che, durante il tempo occorrente per l'espletamento del giudizio, la mancata iscrizione nelle liste può arrecare un pregiudizio imminente e irreparabile all'esercizio del diritto di voto, costituzionalmente garantito dall'art. 48 Cost., non sembra potersi dubitare dell'ammissibilità della tutela cautelare d'urgenza con cui il ricorrente richieda l'emissione di un provvedimento che ordini l'immediata iscrizione del proprio nominativo nelle liste elettorali. Riferimenti
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