Il diritto di indire l'assemblea nel pubblico impiego spetta alla Rsu collegialmente

Luisa Rocchi
09 Settembre 2019

In tema di pubblico impiego privatizzato, l'art. 2, comma 2, del contratto collettivo nazionale quadro sulle modalità di utilizzo di distacchi, aspettative e permessi, ed altre prerogative sindacali...
Massima

In tema di pubblico impiego privatizzato, l'art. 2, comma 2, del contratto collettivo nazionale quadro sulle modalità di utilizzo di distacchi, aspettative e permessi, ed altre prerogative sindacali, per il personale dei comparti delle P.A., stipulato il 7 agosto 1998, in relazione a quanto stabilito dall'art. 10 dello stesso contratto e dagli artt. 5 e 8 dell'accordo collettivo quadro per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie per il personale dei comparti delle P.A. e per la definizione del relativo regolamento elettorale stipulato in pari data, deve essere interpretato, nel senso che il diritto di indire assemblee dei dipendenti non spetta ai singoli componenti della r.s.u, ma solo alla r.s.u. quale organismo elettivo unitariamente inteso e a struttura collegiale, che assume ogni decisione secondo il regolamento eventualmente adottato o, in mancanza, a maggioranza dei componenti.

Il caso

Conla sentenza in esame la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi in tema di diritto di indire l'assemblea nel settore del pubblico impiego, confermando il principio di secondo cui spetta alla r.s.u. unitariamente considerata.

Nel caso oggetto della pronuncia, il sindacato dei funzionari, dirigenti e professionisti delle pubbliche amministrazioni aveva impugnato la sentenza della Corte di appello di Roma che aveva escluso il diritto di indire l'assemblea sindacale al singolo componente della r.s.u.

A sostegno della propria tesi, il sindacato ricorrente precisa che il diritto di indire l'assemblea spetta anche ai singoli componenti della r.s.u. poichè equiparati ai dirigenti delle r.s.a. in base a quanto stabilito dall'Accordo Interconfederale del 1993 ed in virtù dell'art. 2 del CCNL quadro del 7 agosto del 1998, il quale richiama l'Accordo Interconfenderale e l'art. 19, St. lav.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, non condivide tale impostazione e riprendendo il precedente (Cass. n. 3095 del 2018), ribadisce la diversità di disciplina tra il settore del pubblico impiego e il settore privato, ponendo alla base della decisione una interpretazione letterale imperniata sui plurimi riferimenti alla natura unitaria dell'organismo desumibili dalla normativa e dagli accordi.

La questione

La sentenza in esame si sofferma sulla titolarità del diritto di indire l'assemblea nel settore del pubblico impiego da parte della r.s.u. ovvero se possa essere esercitato direttamente dal singolo componente o collegialmente.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, ai fini del decidere, si allinea all'orientamento ormai dominante affermando la titolarità congiunta, nel settore del pubblico impiego, del diritto di indire l'assemblea da parte della r.s.u. (per i precedenti in materia si veda Trib. Bologna 9 febbraio 2018; cfr. Cass. 8 febbraio 2018, n. 3095, in Giur.it., 2018, 5, 1163 con nota di P. Tosi. E. Puccetti, Il diritto di indire assemblee nelle Rsu pubbliche: così vicine così lontane; ma prima cfr. Cass., 16 febbraio 2005, n. 3072, in Lav. Pubbl. Amm., 2005, 2, 387 con nota di F.M. Macioce, Indizione dell'assemblea da parte del singolo componente della RSU: la Cassazione ci ripensa).

In un primo momento, per vero, la giurisprudenza aveva riconosciuto il potere di indire l'assemblea in capo alla singola componente della r.s.u. (così si veda cfr. Cass., sent. 1 febbraio 2005, n. 1892).

Invero, ai sensi dell'art. 2, punto 2 del CCNQ del 7 agosto 1998 sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali – in attuazione all'art. 42, d.lgs. n. 165 del 2001 - "le assemblee che riguardano la generalità dei dipendenti o gruppi di essi, possono essere indette singolarmente o congiuntamente, con specifico ordine del giorno, su materia di interesse sindacale o del lavoro, dai soggetti indicati nell'art. 10". Fra questi ultimi, l'art. 10 individua i "componenti delle RSU", prevedendo in tal modo un riferimento alla possibilità di convocare l'assemblea anche disgiuntamente.

Inoltre, ad avviso di tale impostazione, non sarebbe contrastante con quanto appena affermato il riconoscimento del principio maggioritario contenuto nell'art. 8 dell'Accordo collettivo quadro del 1998 secondo cui “Le decisioni relative all'attività della RSU sono assunte a maggioranza dei componenti”, atteso che in tal caso la disposizione si riferirebbe all'attività della r.s.u. e non alla titolarità dei diritti sindacali.

Né a bene vedere potrebbe condurre a risultati dissimili rispetto a quanto è stato affermato nel settore privato dalle Sezioni Unite n. 13978 nel 2017, l'art. 5 dell'Accordo quadro del 1998, secondo cui le r.s.u. subentrano alle r.s.a. o alle analoghe strutture sindacali esistenti comunque denominate ed ai loro dirigenti nella titolarità dei diritti sindacali, fra i quali rientra quello di indire anche singolarmente l'assemblea dei lavoratori ai sensi dell'art. 20, St. lav., in modo analogo a quanto previsto nel settore privato dall'Accordo Interconfederale del 1993.

Tale lettura garantista delle componenti di minoranza della r.s.u., tuttavia, non ha trovato l'avallo della giurisprudenza successiva, neanche a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite sopra citate.

Infatti, se è pur vero, come è stato osservato in dottrina, che il riferimento al singolo componente della r.s.u. nella disciplina dettata nel settore del pubblico impiego è più marcata rispetto a quella prevista nel settore privato (P. Tosi. E. Puccetti, Il diritto di indire assemblee nelle Rsu pubbliche: così vicine così lontane, in Giur.it., 2018, 5, 1163), la giurisprudenza ormai unanime non ritiene di condividere tale impostazione.

Infatti, la suprema Corte, riprendendo le argomentazioni delle pronunce precedenti, imperniate a valorizzare la differenza di disciplina tra il settore privato e il pubblico impiego, ribadisce la specialità di tale normativa.

Partendo dal dato normativo, infatti, l'art. 42, d.lgs. n. 165 del 2001, prevede la costituzione di un organismo su base unitaria delegando alla contrattazione collettiva la regolamentazione dell'elezione e del funzionamento.

In particolare, l'art. 2 del CCNQ del 1998 attribuisce il potere di indire l'assemblea “singolarmente e congiuntamente” in riferimento ad una pluralità di soggetti “espressione di diverse forme di rappresentatività sindacale” ed è stata sempre pensata in relazione all'organismo unitario, sicché “la possibilità di esercitare il potere anche in modo disgiunto va, infatti, riferita ai rapporti fra i diversi soggetti titolari del potere medesimo, ossia la RSU, i dirigenti delle RSA, i dirigenti delle associazioni sindacali rappresentative, fermo restando che la volontà della prima deve formarsi nel rispetto del metodo fissato dall'art. 8 dell'accordo quadro” (in tal senso Cass., sez. lav., 8 febbraio 2018, n. 3095).

In effetti, in base all'art. 8 dell'Accordo quadro sulla costituzione delle RSU - come interpretato autenticamente dalle parti firmatarie il 6 aprile 2004 – si afferma la natura unitaria dell'organismo, desumibile, altresì dalla regola della maggioranza delle decisioni nonché dal sistema elettivo basato sul criterio proporzionale puro.

Inoltre, ad avviso della Corte, la previsione della trasposizione delle prerogative sindacali dalle r.s.a. alle r.s.u. contenute nell'art. 5 dell'Accordo quadro del 7 agosto 1998 fsi riferisce ‘‘all'organismo e non ai soggetti che lo compongono (al contrario di quanto previsto dall'Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, che fa riferimento “ai componenti delle r.s.u.)”.

Le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte trovano conferma non solo negli orientamenti applicativi Aran (in particolare si richiama l'orientamento applicativo Rs22 del 17 maggio 2011) nei quale è stato ribadito più volte la natura necessariamente collegiale della r.s.u., ma anche - da ultimo - nell'art. 4 del CCNQ del 4 dicembre 2017, il quale ha espressamente riconosciuto unicamente alla r.s.u. il diritto di indire l'assemblea, escludendo in tal modo dalla titolarità le singole componenti.

Osservazioni

Dall'analisi della normativa e degli accordi collettivi è indubbia la volontà di attribuire alla r.s.u. natura collegiale e di consentire alla stessa di operare unitariamente.

A conferma dell'assunto appare il CCNQ del 4 dicembre 2017 da ultimo citato, ove le parti, per superare le incertezze interpretative, hanno riconosciuto espressamente la titolarità del diritto di indire l'assemblea alla r.s.u. collegialmente.

Tuttavia, è bene precisare che le sentenze che si sono pronunciate in tema di pubblico impiego, hanno operato un necessario confronto con la disciplina privatistica ove - come noto - le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno, al contrario, riconosciuto la titolarità del diritto di indire l'assemblea anche al singolo componente della r.s.u.

Alla base della decisione della Suprema Corte si pongono, senza dubbio, ragioni volte a garantire il pluralismo sindacale, ma le diversità di soluzioni rispetto a quanto previsto nel settore del pubblico impiego non sono in realtà del tutto convincenti (V. Cangemi, La natura collegiale della RSU nel pubblico impiego, in Lav. pubbl. amm, 2018; P. Tosi. E. Puccetti, Il diritto di indire assemblee nelle Rsu pubbliche: così vicine così lontane, in Giur.it, 2018, 5, 1161; R. De Luca Tamajo, La Cassazione dimentica la collegialità delle RSU, in Il Sole 24 ore, 10 giugno 2017).

In primo luogo, infatti, il carattere unitario e maggioritario delle decisioni della r.s.u. era stato non solo implicitamente riconosciuto dalla giurisprudenza, ma espressamente trasfuso nella clausola 7 del TU del 10 gennaio 2014.

Inoltre, il termine “componenti”, più volte valorizzato dagli interpreti per giungere a favore di una piuttosto che dell'altra soluzione, è contenuto espressamente sia nell'art. 4 dell'Accordo Interconfederale del 1993, ma anche nell'art. 42, comma 6 del d.lgs. 165/2001 ove, al pari dell'Accordo interconfederale, è sancita altresì l'equiparazione tra i componenti delle r.s.u. ed i dirigenti delle r.s.a.

Infine, il riferimento alla possibilità di indire l'assemblea “singolarmente o congiuntamente” alle organizzazioni sindacali rappresentative contenuto nell'art. 6 dell'accordo quadro, va necessariamente posto in raffronto con la clausola di salvezza di cui all'art. 4, comma 5, contenuta nell'Accordo Interconfederale del 1993, disposizione come noto dirimente ai fini del decisum delle Sezioni Unite.

Infatti, tale clausola, diversamente da quanto affermato dalla Suprema Corte, riconosce il diritto di indire l'assemblea ai sindacati territoriali stipulanti il CCNL applicato in azienda, tale per cui la stessa assurge a mera eccezione alla “regola generale del funzionamento collegiale” (R. De Luca Tamajo, La Cassazione dimentica la collegialità delle RSU, in Il Sole 24 ore, 10 giugno 2017) regola che trova conferma da ultimo anche nell'art. 4, comma 5, dell'Accordo interconfederale 2014 e non può pertanto costituire la base normativa per affermare la regola della convocazione disgiunta dell'assemblea.

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