La presunzione di pari responsabilità in caso d’incidente è meramente sussidiaria

17 Settembre 2019

Opera soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in quale misura la condotta dei singoli conducenti abbia cagionato in concreto l'evento dannoso e di attribuire, conseguentemente, le rispettive responsabilità.

Il caso. Previa riforma della sentenza di primo grado, la Corte d'Appello, da un lato, accertava il concorso di colpa nella misura del 50% del motociclista che aveva riportato un'invalidità permanente pari al 18% a seguito dell'incidente in cui rimaneva coinvolto per collisione con un'autovettura, dall'altro, riconosceva la compensazione fra il risarcimento riconosciuto e la rendita erogata dall'INAIL.
Avverso tale sentenza il motociclista proponeva ricorso per Cassazione; l'automobilista resisteva con controricorso.

Anomalia motivazione. Col primo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1227, 2043, 2054, 2697 c.c. e 115 e 244 c.p.c., e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e l'erronea attribuzione di responsabilità paritaria nel determinismo causale dell'evento dannoso, in quanto meramente basata sulle opinioni dedotte dai testimoni, invece che sui fatti concreti accertati dalla polizia municipale, che, dopo aver contestato gravi illeciti all'automobilista, non aveva riscontrato alcuna violazione, nemmeno in relazione alla velocità, nella sua condotta di guida.
La Corte, dopo aver offerto un excursus giurisprudenziale teso a dimostrare che:
- in ragione della sua funzione nomofilattica, il Giudice di legittimità può accogliere il ricorso per una ragione giuridica diversa rispetto a quella indicata dal ricorrente, a condizione che sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, e sempre che l'esercizio del potere di qualificazione non comporti la modifica officiosa della domanda definita nei gradi di merito o l'introduzione in giudizio di un'eccezione in senso stretto (cfr. Cass. civ., 28 luglio 2017 n. 18775);
- è denunciabile in Cassazione, purché risulti dal testo della sentenza impugnata, l'anomalia motivazionale che - esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza della motivazione” - si sostanzi «nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile e nella «motivazione apparente» (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 7 aprile 2014 nn. 8053 e 8054);
ha riqualificato il motivo di ricorso, riconducendolo al vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.

Presunzione di pari responsabilità. Ciò premesso, la Sezione, nel richiamare un proprio precedente (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2019 n. 9353), osserva che la presunzione di pari responsabilità nel caso di scontro tra veicoli, di cui all'art. 2054, comma 2, c.c., ha funzione meramente sussidiaria, in quanto opera solo nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in quale misura la condotta dei singoli conducenti abbia cagionato in concreto l'evento dannoso e di attribuire, conseguentemente, le rispettive responsabilità (cfr. in tal senso, anche Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2019 n. 9353). Ne deriva che al giudice è richiesto un particolare rigore nella valutazione delle emergenze istruttorie, al fine di giungere a un accertamento che consenta di escludere la responsabilità di una delle parti o di graduare il concorso della colpa riscontrata. Se è pur vero che il mero accertamento della colpa di un conducente non risulta necessariamente idoneo a superare la presunzione dell'art. 2054 c.c., dovendosi verificare anche la correttezza della condotta tenuta dall'altro conducente, la decisione deve fondarsi sul rigore motivazionale concernente il bilanciamento del peso delle risultanze processuali e sulla prudenza nella valutazione delle dichiarazioni testimoniali, specie ove riportino percezioni personali del propalante.
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fondato il giudizio di pari responsabilità desumendola dalle opinioni dei testimoni circa la velocità del motociclista, senza considerare il contenuto e il valore fidefacente del rapporto dell'incidente redatto dall'organo di polizia stradale intervenuto. Tale motivazione risulta, pertanto, “meramente apparente” e in grado di inficiare la validità della sentenza. Il motivo è stato, quindi, accolto.

Compensazione. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1227, 2054, 2056, 2059 c.c. e 13 d.lgs. n. 38/2000, nella parte in cui la sentenza ha riconosciuto la compensazione fra il risarcimento riconosciuto e la rendita erogata dall'INAIL.
La Corte, facendo leva sulla giurisprudenza ormai consolidata (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 22 maggio 2018 n. 12566), in ragione del principio in materia il principio di compensatio lucri cum damno, ha ritenuto il motivo infondato.
In conclusione, il Supremo consesso ha cassato la sentenza in relazione al primo motivo, con rinvio alla Corte d'appello, in diversa composizione, per il riesame della controversia alla luce del principio di diritto evidenziato.

(Tratto da: dirittoegiustizia.it)

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