Curatore speciale ex art. 78 c.p.c.Fonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 78
17 Settembre 2019
Inquadramento
La figura del curatore speciale, prevista dall'art. 78 c.p.c., viene in rilievo in due ipotesi: a) quando manchi la persona cui spetta la rappresentanza o l'assistenza dell'incapace o della persona giuridica o dell'associazione non riconosciuta e vi siano ragioni d'urgenza; b) quando rappresentato e rappresentante vengano a trovarsi in conflitto di interessi. La nomina del curatore è finalizzata a garantire rappresentanza e/o assistenza in sede processuale al soggetto che ne abbia necessità, in presenza delle suddette condizioni. Pur assolvendo alle sue funzioni in via soltanto temporanea (vale a dire: sino al compiersi della vicenda da cui ha tratto fondamento la sua nomina), il curatore è abilitato a compiere atti di qualsiasi tipo, non esclusivamente quelli urgenti. Le regole che disciplinano l'istituto della curatela speciale si rinvengono negli articoli 78, 79 e 80 del codice di rito. Le questioni giuridiche
i) Mancanza di rappresentante o di assistente. La nomina del curatore è necessaria quando manchino le persone cui spetta la rappresentanza o l'assistenza dell'incapace o della persona giuridica o dell'associazione non riconosciuta. Facendo rinvio al successivo punto iii) per ciò che attiene alla vicenda dei minori di età,possono venire in rilievo, a titolo esemplificativo, le seguenti ipotesi: a) Persone «incapaci» L'intervento del curatore deve ritenersi circoscritto a casi limitati. Ed invero, in tutti o pressoché tutti i casi in cui vengano in considerazione persone beneficiarie dell'amministrazione di sostegno o interdette o inabilitate che siano temporaneamente prive di rappresentante o di assistente, pur ove sussista urgenza di provvedere a dotarle di rappresentanti o di assistenti, appare consentito provvedere al bisogno mediante la nomina di un amministratore di sostegno (art. 405 c.c.) o di un tutore o di un curatore (ordinario) provvisori (art. 419 c.c.). Con riguardo all'esercizio di azioni giudiziarie relative a diritti personalissimi, si sono succeduti differenti orientamenti. La legittimazione a proporre, in nome e per conto dell'interdetto, l'azione di separazione personale o di divorzio è stata negata da alcune pronunce al tutore e riservata al curatore speciale (Cass. civ., sez. I, 21 luglio 2000, n. 9582; Trib. Bari, 7 aprile 2015, n. 1540). In tempi assai recenti, la Suprema Corte è addivenuta a soluzione esattamente opposta, affermando che il tutore può, in nome e per conto dell'interdetto infermo di mente, promuovere il giudizio di separazione personale, sempre che ne sia accertata la conformità alle esigenze di protezione (Cass. civ., sez.I, 6 giugno 2018, n. 14669). Con riguardo ad un particolarissimo «caso» (Englaro), la Suprema Corte è andata dell'avviso che il giudice può autorizzare il tutore – peraltro in contraddittorio con il curatore speciale (nominato ad istanza dello stesso tutore) - di una persona interdetta, giacente in persistente stato vegetativo, ad interrompere i trattamenti sanitari che la tengono artificialmente in vita, ricorrendo determinati presupposti, specificati in sentenza (Cass. civ., sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748; sul tema, si veda anche Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2005 n. 8291, ove risulta affermato che il tutore di persona tenuta in vita solo con l'ausilio di macchinari è privo di legittimazione a domandare al giudice tutelare l'autorizzazione a ordinare la sospensione delle cure, in quanto tale situazione realizza un potenziale conflitto d'interessi che impone la nomina di un curatore speciale, non essendo configurabile in capo al tutore una rappresentanza generale degli interessi dell'interdetto con riguardo ad atti personalissimi). Per ciò che attiene alla possibilità di nomina di un curatore speciale di un incapace naturale, è consolidata in giurisprudenza l'opinione negativa, sul rilievo che l'art. 75 c.p.c. è da ritenere riferito unicamente alle persone che siano state legalmente private della capacità di agire con sentenza di interdizione o di inabilitazione o con provvedimenti di nomina di un tutore o di un curatore provvisorio (Cass. civ., sez. lav., 7 giugno 2003, n. 9147 e, da ultimo, Cass. civ., sez. II, 17 novembre 2010, n. 23212). b) Persone giuridiche L'istituto della curatela speciale è stato applicato in molteplici casi, di cui ci si limita a ricordare i seguenti:
c) Associazioni Ove ricorra, mutatis mutandis, la seconda delle fattispecie riportate sub b), valgono le medesime regole applicabili alle persone giuridiche. Peculiare previsione è contenuta nell'art. 65 disp. att. c.c.: «Quando per qualsiasi causa manca il legale rappresentante dei condomini, chi intende iniziare o proseguire una lite contro i partecipanti a un condominio può richiedere la nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 80 c.p.c. …» (per un'applicazione, si veda Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2019, n. 2279).
ii) Conflitto di interessi. In genere. Ai sensi dell'art. 78, comma 2, c.p.c., laddove si configuri situazione di conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato, deve essere nominato un curatore speciale a quest'ultimo, al fine di assicurarne effettiva rappresentanza processuale. Situazione di tale specie va ravvisata ogniqualvolta sia dedotta in giudizio una situazione giuridica idonea a determinare la possibilità che il rappresentante eserciti i suoi poteri in contrasto con l'interesse del rappresentato, giacché portatore di un interesse personale ad un esito della lite diverso da quello vantaggioso per quest'ultimo (Cass. civ., sez. II, 6 agosto 2001, n. 10822).
iii) Conflitto di interessi. Procedure di accertamento dello stato di adottabilità e procedure de potestate. È consolidata l'opinione secondo cui nelle procedure volte all'accertamento dello stato di adottabilità, la partecipazione del minore (qualificato «parte necessaria sia sostanziale, sia processuale») è necessaria fin dalla sua fase iniziale e, «in mancanza di una disposizione specifica», deve essere assicurata «a mezzo di un rappresentante legale ovvero, se sussista conflitto di interessi, di un curatore speciale» (ex multis, Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2010, n. 7281; Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2016, n. 11782; Cass. civ., sez. I, ord. 7 maggio 2019, n. 12020). Negli ambiti di tali procedure, il minore può essere rappresentato da coloro che ne hanno di norma la rappresentanza legale, ovvero dai genitori, oppure, qualora costoro siano venuti meno o siano ignoti od irreperibili, da un tutore. In entrambe le ipotesi può manifestarsi tra minore e suoi rappresentanti conflitto di interessi. Secondo l'orientamento dominante fino a tempi assai recenti, il conflitto di interessi tra figlio minore e genitorilegalirappresentanti doveva ravvisarsi, con valutazione da compiere in astratto ed ex ante, in re ipsa, «per l'incompatibilità anche solo potenziale … delle rispettive posizioni» (ex multis, Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2010, n. 7281; Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2014, n. 11420; Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2014, n. 19006; Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2016, n. 11782). Viceversa, qualora il minore fosse rappresentato da un tutore, si riteneva che il conflitto dovesse essere specificamente dedotto e provato in relazione a circostanze concrete (Cass. civ., sez. I, 19 maggio 2010, n. 12290; Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2014, n. 19006; Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2016, n. 11782). A far tempo dall'anno 2016 si sono registrate, sul tema, «oscillazioni» in sede di giurisprudenza di legittimità. Da un lato, è stato rivisto il precedente pensiero e, equiparando la posizione dei genitori a quella del tutore, è stato affermato che il conflitto di interessi deve essere valutato in relazione a circostanze concrete ed a posteriori, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti in causa. Da un altro lato, è stato ribadito (nell'ambito di procedure de potestate) il pensiero precedentemente dominante (Cass. civ., sez. I, 6 marzo 2018, n. 5256 e Cass. civ., sez. I, ord. 12 novembre 2018, n. 29001). Il pensiero «riformatore» è stato manifestato per la prima volta negli ambiti di una procedura di adozione in casi particolari (v. Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962) ed è stato ribadito, almeno ad oggi, nell'ambito di vicende aventi ad oggetto diritti patrimoniali e in una causa separativa (v., per il primo caso, Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2016, n. 1721 e Cass. civ., sez. VI, ord. 5 aprile 2018, n. 8438 e, per il secondo caso, Cass. civ., sez.I, ord. 11 maggio 2018, n. 11554). La Suprema Corte, sia in occasione della procedura di adozione in casi particolari, sia in occasione della causa separativa, ha chiarito che nel nostro ordinamento vi è predeterminazione normativa di alcune peculiari fattispecie nelle quali è ipotizzabile in astratto il conflitto di interessi, con conseguente necessità di nomina del curatore speciale a pena di nullità del procedimento (sono stati portati ad esempio i disposti di alcuni articoli del codice civile, vale a dire quelli degli artt. 244, comma 6, 247, commi 2, 3 e 4, 248, commi 3 e 5, 249, commi 3 e 4, 264), mentre tutti gli altri concreti casi di conflitto di interessi potenziale, che possa insorgere nei giudizi riguardanti i diritti dei minori, sono regolati dall'art. 78, 2° comma, c.p.c.; conseguendone che, in tali ipotesi, il giudice del merito è tenuto a verificare in concreto l'esistenza potenziale di una situazione di incompatibilità tra l'interesse del rappresentante e quello preminente del minore rappresentato e tale apprezzamento è a lui rimesso in via esclusiva e non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità. In sede di merito, situazione di incompatibilità è stata, in particolare, esclusa in vari casi di procedure di adozione in casi particolari promosse dal partner, in una unione omoaffettiva, del genitore biologico del minore adottando. Ciò sul rilievo (che si riporta in estrema sintesi) che la madre o il padre di quest'ultimo, essendo l'unico genitore ad avere effettuato il riconoscimento ed esercitando, pertanto, in pieno ed in modo esclusivo le sue capacità genitoriali, ne ha la rappresentanza legale anche ai fini dei suoi interessi e dei suoi diritti nelle procedure in questione (v. T.M. Roma 30 luglio 2014, confermata da App., sez. min., Roma con decisione del 23 dicembre 2015, in Articolo 29 2015, e da Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962; T.M. Roma 22 ottobre 2015; T.M. Roma 30 dicembre 2015; T.M. Roma 22 marzo 2016, in Questione Giustizia 22 marzo 2016). Conclusioni
Le osservazioni finali vengono limitate alle vicende relative alle procedure di adottabilità e di adozione in casi particolari.
i) Il percorso motivazionale della richiamata sentenza n. 12962 del 2016 della Suprema Corte non si presta a censure. Pertanto, almeno in linea di principio, anche nelle procedure di adottabilità e di adozione in casi particolari dovranno essere compiute valutazioni in concreto sulla sussistenza di una incompatibilità di interessi tra minore rappresentato e suoi rappresentanti. Ma, ammesso che negli ambiti delle procedure di adozione in casi particolari promosse dal partner del genitore biologico (persone unite da legami omoaffettivi) appaia necessario seguire tale iter valutativo con riguardo alla posizione di quest'ultimo, la medesima soluzione non sembra poter essere adottata nell'ordinario procedimento di adottabilità, giacché ivi la posizione del minore e quella dei genitori sono da ritenere senza dubbio antitetiche, sin dai primordi della procedura.
ii) Quantoalle valutazioni compiutenelle ricordate sentenze di merito per escludere incompatibilità di interessi tra minore e genitore biologico, deve osservarsi che gli argomenti addotti dal T.M. laziale per respingere la richiesta del P.M.M. di nomina di un curatore speciale ai minori adottandi sembrano risolversi in mere enunciazioni. Il T.M. (e così anche, sia pure con argomentazione più estesa, la sez. minorenni della Corte di merito) si è limitato ad affermare che la legale rappresentanza del minore adottando spetta in esclusiva al genitore che ne ha effettuato il riconoscimento, in ragione di tale «titolo», e che non è configurabile conflitto di interessi, senza, peraltro, compiere alcuna specifica valutazione in proposito, in sostanza facendo discendere la non configurabilità del conflitto di interessi dal fatto che ogni «potere» in materia spetta al genitore esercente la responsabilità genitoriale, per definizione non portatore di interessi confliggenti con quelli del figlio minore. Si pone l'interrogativo se, nei casi esaminati, sia stata davvero data attuazione al principio della «preminenza» dell'interesse dei minori «rispetto a tutti quelli astrattamente confliggenti con esso, ivi compresi quelli fondati sui desideri degli adottanti (che, nelle descritte fattispecie, appaiono sostanzialmente coincidenti con quelli dei genitori biologici, essendo intesi alla realizzazione di progetti familiari e di genitorialità – n.d.r.), recessivi rispetto al primo» (Cass. civ., Sez. Un., 1° giugno 2010 n. 13332). Un «interesse» qualificato «preminente» sia dall'art. 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, sia dall'art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europa, fatta a Strasburgo il 12 dicembre 2007) non può, per definizione, essere posto in comparazione con altri valori e, comunque, non può essere sottordinato agli stessi.
|