Ammissione al gratuito patrocinio: il reddito dei coniugi non si cumula nella separazione consensuale

19 Settembre 2019

La Suprema Corte si è occupata della questione se, ai fini della concessione del patrocinio a spese dello Stato in relazione ad una causa di separazione c.d. consensuale dei coniugi, il reddito dei coniugi debba essere cumulato oppure no.
Massima

Ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l'esclusione del cumulo del reddito del coniuge istante non è limitata al solo procedimento contenzioso di separazione giudiziale, ma vale anche per il procedimento di separazione su base concordata.

Il caso

L'Ordine degli avvocati di Forlì-Cesena ammetteva (in via provvisoria) M.C. al patrocinio a spese dello Stato in relazione al procedimento di separazione personale dei coniugi, poi introdotto innanzi al Tribunale di Forlì, e concluso con decreto di omologazione delle condizioni di separazione.

Su istanza dell'Agenzia territoriale delle entrate, il Tribunale di Forlì, revocava l'ammissione al patrocinio, sulla base della stima del reddito percepito nel 2009 dal nucleo familiare della ricorrente, pari a euro 26.449, ottenuta cumulando il reddito personale dell'istante (euro 10.118, somma inferiore al limite massimo di euro 10.628,16 ex artt. 76 e 92 d.P.R. n. 115/2002) con quello del coniuge (euro 16.331).

Avverso il decreto di revoca ricorre per cassazione M.C. nei confronti del Ministero della giustizia e dell'Agenzia delle entrate.

Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente lamenta che il Tribunale di Forlì, cumulando, ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il suo reddito con quello del coniuge, ha violato l'art. 76 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115: l'articolo, al comma 4, impone, infatti, di considerare il solo reddito dell'istante nei «processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi» e tra tali processi rientrano anche quelli di separazione consensuale dei coniugi in quanto, anche se i coniugi riescono a trovare un accordo circa le condizioni di separazione - afferma la ricorrente - ciò non comporta il venir meno della contrapposizione dei loro interessi.

La questione

In estrema sintesi, la questione che il Giudice di legittimità si trova a dover scrutinare è se, ai fini della concessione del patrocinio a spese dello Stato in relazione ad una causa di separazione c.d. consensuale dei coniugi, il reddito dei coniugi debba essere cumulato oppure no.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte risolve il quesito nel senso che l'esclusione del cumulo non é limitata al solo procedimento contenzioso di separazione giudiziale, ma vale anche per il procedimento di separazione su base concordata.

A tale conclusione i Giudici di legittimità pervengono muovendo dal dato normativo contenuto nell'art. 76 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Ci si chiede se il giudizio di separazione consensuale – che non ha ad oggetto diritti della personalità – rientri o meno nei processi in cui gli interessi del richiedente sono “in conflitto” con quelli degli altri componenti il nucleo familiare, con lui conviventi.

In proposito, la Suprema Corte evidenzia che l'accesso dei coniugi al giudizio di omologazione sulla base di un accordo consensuale – accesso che, di regola comune, può avvenire anche unilateralmente (art. 711, comma 2, c.p.c.) – non comporta l'assenza di interessi confliggenti tra i coniugi.

La Suprema Corte aggiunge, poi, che, nella separazione consensuale, l'accordo tra i coniugi costituisce un presupposto del procedimento, ma non ha efficacia se non a seguito del controllo del giudice, che può ricusare il tenore degli accordi per ragioni di contrarietà a principi di ordine pubblico o agli interessi dei figli (cfr. l'art. 158, comma 2 c.c.), come può esitare in un assetto diverso rispetto al contenuto inizialmente concordato.

Infine, ove si pervenisse ad una diversa conclusione – favorevole, cioè, alla cumulabilità dei redditi nella sola ipotesi di separazione consensuale – si rischierebbe di produrre effetti distorsivi, nel senso che si finirebbe per incentivare il ricorso alla separazione giudiziale, anche laddove in principio non ve ne sarebbe stata ragione.

Osservazioni

La soluzione adottata dalla Suprema Corte nella sentenza in rassegna appare condivisibile.

Ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si deve avere riguardo, ai sensi dell'art. 76, comma 4, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, al solo “reddito personale” dell'istante e ciò tanto nel caso di separazione giudiziale quanto nel caso di separazione consensuale.

In entrambi i casi, infatti, ricorre il presupposto di operatività della norma costituito dal “conflitto di interessi”.

Ci si sarebbe aspettati una maggiore ricchezza di argomentazioni da parte del Supremo Collegio a proposito della configurabilità del “conflitto di interessi” anche nell'ipotesi di separazione consensuale.

Su questo punto specifico punto appare carente l'iter motivazionale, che, invece, si dilunga sulla questione – non del tutto pertinente rispetto al thema decidendum – della mancanza di efficacia giuridica degli accordi dei coniugi prima dell'omologazione giudiziale.

Piuttosto, si sarebbe dovuto porre l'accento sul fatto che entrambi i modelli processuali di separazione mirano ad una composizione degli interessi in gioco; interessi che, se da un lato, possono ritenersi convergenti nel tutelare la prole, dall'altro, vedono tra loro contrapposte le parti del conflitto coniugale.

Sulla specifica questione oggetto della sentenza in rassegna non si rivengono precedenti giurisprudenziali.

Tuttavia, la tesi della esclusione del cumulo dei redditi ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio è stata già avallata dalla Suprema Corte con riguardo al giudizio di separazione giudiziale.

Si è, infatti, affermato (Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2017, n. 30068) che nelle cause di separazione – che non hanno per oggetto diritti della personalità – vi è conflitto di interessi solo con il coniuge che ha promosso l'azione o che è convenuto, non anche con i figli conviventi, processualmente privi di ogni legittimazione a fronte dell'azione di natura strettamente personale coinvolgente i soli coniugi, a nulla comunque rilevando un eventuale dissenso o consenso dai figli manifestato per l'iniziativa del genitore che ha domandato la separazione, posto che tale dissenso o consenso non incide sulle condizioni di diritto per l'accoglimento della domanda giudiziale (Cass. pen., sez. IV, 29 aprile 2015, n. 18039). Pertanto, nelle cause di separazione personale dei coniugi va cumulato il reddito dei figli conviventi con il genitore richiedente l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Riferimenti
  • F. Luiso, Orientamenti giurisprudenziali sul patrocinio a spese dello Stato in materia civile, in www.judicium.it;
  • A. Scalera, La revoca del patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, in www.ilProcessoCivile.it;
  • N. Trocker, Patrocinio gratuito, Digesto, 1995;
  • M. Vaccari, Patrocinio a spese dello stato, in www.ilProcessoCivile.it.

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