Perimetro applicativo dell'art. 2112 c.c. alla luce della recente giurisprudenza europea

Teresa Zappia
23 Settembre 2019

Può essere considerato “lavoratore”, e godere della protezione di cui alla direttiva n. 2001/23/CE, chi sia tutelato in quanto tale dalla normativa nazionale e benefici di un contratto di lavoro, anche di collaborazione, alla data del trasferimento d'azienda...
Massima

Può essere considerato “lavoratore”, e godere della protezione di cui alla direttiva n. 2001/23/CE, chi sia tutelato in quanto tale dalla normativa nazionale e benefici di un contratto di lavoro, anche di collaborazione, alla data del trasferimento d'azienda.

In combinato disposto con l'art. 4, par. 2, TUE, suddetta direttiva osta a una normativa nazionale che in caso di trasferimento, per il fatto che il cessionario sia un Comune, imponga ai lavoratori interessati la partecipazione ad una procedura di concorso pubblico e la costituzione di un nuovo rapporto contrattuale con il cessionario.

Il caso

Nel 2008, la sig.ra M. stipulava con la società P. un contratto di collaborazione. Il 15 ottobre 2014, il Comune di Portimão approvava lo scioglimento e la liquidazione della società P., disponendo la internalizzazione di una parte delle attività di tale impresa nel Comune e l'esternalizzazione delle altre attività a un'altra azienda municipale (l'Emarp). La sig.ra M. appariva nell'elenco dei lavoratori “internalizzati” del Comune.

Nel luglio 2015, i lavoratori rientranti nel piano di internalizzazione venivano informati che la loro candidatura al concorso previsto avrebbe comportato, qualora fossero risultati vincitori, l'assunzione degli stessi nel primo grado della funzione pubblica, con vincolo di permanenza nello stesso grado per almeno dieci anni. Risultata vincitrice al concorso, la lavoratrice veniva informata che la sua retribuzione sarebbe stata inferiore rispetto a quella percepita presso la società P.

La sig.ra M. chiedeva al Tribunale di Faro di accertare il trasferimento del suo contratto di lavoro con la società P. al Comune di Portimão, a decorrere dal 1º gennaio 2015, essendo stato trasferito lo stabilimento nel quale la stessa era occupata, nonché la sua integrazione nell'organico del Comune, a partire dal 1º gennaio 2015, alle stesse condizioni precedentemente applicate.

Ad avviso del Comune non si sarebbe realizzato un trasferimento di stabilimento in quanto l'azienda municipale era stata sciolta in forza di una legge, limitandosi esso a riassumere le competenze di cui era originariamente investito; affermava inoltre che, operando in regime di collaborazione presso la società P., la sig.ra M. non sarebbe qualificabile come “lavoratore”; evidenziava infine l'aderenza dell'operato al regime normativo nazionale vigente e al principio di uguaglianza nell'accesso alla funzione pubblica, ex art. 47, par. 2, Cost.

Le questioni

Il Tribunale circondariale di Faro sottoponeva alla Corte di giustizia UE le seguenti questioni pregiudiziali:

  1. se sia qualificabile come “lavoratore”, ai sensi dell'art. 2, par. 1, lett. d), direttiva 2001/23/CE, la persona avente un contratto di collaborazione con il cedente;
  2. se la direttiva n. 2001/23/CE, in combinato disposto con l'art. 4, par. 2, TUE, osti a una normativa nazionale che, anche nel caso di un trasferimento cui si applichi detta direttiva, preveda necessariamente la partecipazione dei lavoratori ad un concorso pubblico e la formazione di un nuovo rapporto contrattuale con il cessionario per il fatto che questi è un Comune.
La soluzione

Sulla prima questione la Corte di giustizia UE ha rammentato che, a norma dell'art. 2, par. 1, lett. d), direttiva 2001/23/CE, si considera “lavoratore” ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro. Conseguentemente spetta agli Stati membri definire, nelle rispettive normative, la nozione di lavoratore nonché il suo contratto o il suo rapporto di lavoro. Spetterà al giudice del rinvio verificare tale qualifica nonché la sussistenza di un contratto di lavoro alla data del trasferimento.

Nel caso di specie, secondo l'interpretazione del diritto interno data dal giudice del rinvio, il contratto di collaborazione concluso con un soggetto già lavoratore, o non legato da alcun altro rapporto di lavoro preesistente, è qualificato come contratto di lavoro, sicché la ricorrente poteva essere considerata come “lavoratore”, e il suo contratto ricondotto all'art. 2, par. 2, direttiva 2001/23/CE.

Nonostante fosse stata rilevata la differente tutela accordata alla collaboratrice, rispetto ad altri lavoratori, la Corte ha evidenziato che l'art. 2 citato si limita ad esigere che una persona sia tutelata in quanto lavoratore, nell'ambito della normativa nazionale considerata, senza insistere su un certo contenuto o una certa qualità della tutela.

Sulla seconda questione, è stata anzitutto richiamata quella costante giurisprudenza secondo la quale la circostanza che il cessionario sia una persona giuridica di diritto pubblico (nel caso di specie un Comune) non esclude l'esistenza di un trasferimento di azienda e, dunque, l'applicazione della citata direttiva. Quest'ultima, all'art. 1, par. 1, lett. c), direttiva 2001/23/CE, richiede che il trasferimento interessi un ente titolare di un'attività economica con o senza scopo di lucro, escludendo invece le attività connesse all'esercizio delle prerogative dei pubblici poteri. Tale ultima ipotesi non era sussistente nel caso di specie.

Ribadito che la direttiva mira ad impedire che, per il solo fatto del trasferimento, i lavoratori coinvolti vengano a trovarsi in una posizione meno favorevole, ove la normativa nazionale imponga al lavoratore la partecipare ad una procedura concorsuale, con la costituzione di un nuovo rapporto con il cessionario, è rinvenibile una modifica delle condizioni di lavoro precedenti, il che rischia di porre l'interessato in una posizione meno favorevole di quella precedente il trasferimento.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte di giustizia UE ha dichiarato che la direttiva n. 2001/23/CE, in combinato disposto con l'art. 4, par. 2, TUE, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale la quale preveda che, in caso di trasferimento e per il fatto che il cessionario sia un Comune, i lavoratori interessati debbano, da un lato, partecipare ad una procedura di concorso pubblico e, dall'altro, costituire un nuovo rapporto contrattuale con il cessionario.

Osservazioni

Un trasferimento di azienda si configura in tutti i casi in cui, ferma restando l'organizzazione del complesso dei beni destinati all'esercizio dell'attività economica, ne muti il titolare in virtù di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione latu sensu. Per l'applicabilità dell'art. 2112, c.c., pertanto, basterà che il complesso organizzato dei beni dell'impresa - nella sua identità obiettiva - sia passato ad un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica, anche a prescindere da un rapporto contrattuale diretto tra l'imprenditore uscente e quello subentrante nella gestione, purché ciò si accompagni al passaggio di beni di non trascurabile entità, tali da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa (ex plurimis: Cass. n. 6770 del 2017; Cass. n. 24972 del 2016). Tale passaggio di beni costituisce l'elemento discriminante per ricondurre la fattispecie all'art. 2112, c.c., e ciò anche qualora il trasferimento si realizzi non mediante un negozio giuridico bensì a seguito di un atto autoritativo della PA.

La CGUE ha escluso in passato l'applicazione della direttiva 2001/23/CE al caso di un Comune che, dopo aver posto termine al contratto con il quale aveva affidato il servizio di pulizia dei locali comunali ad un'impresa privata, aveva iniziato ad espletare in via diretta tale l'attività, con assunzione a tal fine nuovo personale. La Corte aveva infatti ritenuto non sussistente nel caso di specie un apparato di beni materiali sufficiente ad integrare la nozione di trasferimento d'azienda (Corte giust. UE 20 gennaio 2011, C-463/09). Non mancano, tuttavia, decisioni in cui è stata invece riconosciuta l'applicabilità della suddetta disciplina sul presupposto della natura economica dell'attività reinternalizzata (Corte giust. UE 27 settembre 2000, C-175/99). Non altrettanto nei casi di mera riorganizzazione di strutture della PA, ovvero di trasferimento di funzioni amministrative tra PPAA. Tali esclusioni sono strettamente connesse al perimetro soggettivo di applicazione della direttiva 2001/23/CE e al fine perseguito dalla stessa, ossia non già instaurare un livello di tutela uniforme nel territorio europeo, ma piuttosto garantire la continuazione senza modifiche del rapporto di lavoro con il cessionario, onde impedire che i lavoratori coinvolti nell'operazione traslativa si trovino in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento (Cass., sez. lav., n. 21248 del 2004).

Sul piano del diritto interno, relativamente alle società c.d. pubbliche alle quali siano affidati servizi di utilità generale, l'art. 19, comma 8, d.lgs. n. 175 del 2016, dispone che: “le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione”, sebbene a determinate condizioni e limiti disposti ex lege.

Non chiara, tuttavia, è la sorte del personale assunto direttamente dalle società (senza una procedura selettiva), la cui esclusione dal “riassorbimento” ben potrebbe porsi in contrasto con la giurisprudenza della CGUE, quantomeno per quelle ipotesi in cui sia rinvenibile un'effettiva organizzazione di beni d'impresa.

Sul punto deve rammentarsi quanto affermato dalla Corte costituzionalen. 40 del 2018: “la necessità del concorso pubblico è stata ribadita con specifico riferimento a disposizioni legislative che prevedevano il passaggio automatico all'amministrazione pubblica di personale di società in house, ovvero di società o associazioni private; è stato altresì specificato che il trasferimento da una società partecipata dalla Regione alla Regione stessa o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'art. 97, Cost. […]la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle”.

Quid iuris qualora la reinternalizzazione sia conseguente all'assunzione diretta del servizio a seguito del venir meno della gestione in appalto di un'attività economica organizzata? Non invocabile sembrerebbe l'art. 31,d.lgs. n. 165 del 2001 che, operando per i soli casi di esternalizzazione, non potrebbe disciplinare il fenomeno inverso.

Analogamente la giurisprudenza contabile (Corte dei conti Lombardia, parere 30 novembre 2010, n. 1014) ha escluso che l'ente territoriale possa disporre in via autoritativa il passaggio alle proprie dipendenze del personale precedentemente occupato da società partecipata affidataria di servizi pubblici locali, anche qualora l'affidamento del servizio sia avvenuto in conseguenza di esternalizzazione (fatta eccezione per i dipendenti provenienti dallo stesso ente locale).

Il legislatore del 2016 sembra aver aderito alla giurisprudenza sopracitata, escludendo l'assimilabilità della reinternalizzazione di funzioni alle fattispecie descritte all'art. 31,d.lgs. n.165 del 2001, e all'art. 2112,c.c.

Tuttavia, alla luce dell'orientamento espresso dalla CGUE nel caso portoghese, non può sottacersi una certa perplessità circa la compatibilità della normativa nazionale rispetto alla direttiva n. 2001/23/CE e, quindi, all'art. 117, Cost.

Per approfondire:

  • G. Braico, I diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di impresa nelle sentenze della Corte di giustizia, in Lav. giur., 7, 2017, p. 712 ss.;
  • M. Ferrante, Re-internalizzazione e successione di appalto nella gestione dei servizi pubblici, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D'Antona”.IT - 385/2019.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.