Termine ad impugnare e decesso della parte: la Corte di cassazione “salva” l'art. 328, comma 3, c.p.c.
24 Settembre 2019
Massima
Nei processi soggetti alla riduzione a sei mesi del termine ex art. 327 c.p.c., come riformulato ad opera della l. n. 69/2009, l'art. 328, comma 3, c.p.c. va interpretato nel senso che, ove dopo il decorso della metà del termine di cui all'art. 327 c.p.c. si verifichi uno degli accadimenti previsti dall'art. 299 c.p.c., il termine lungo di impugnazione è prorogato, per tutte le parti, di tre mesi dal giorno di tale evento. Il caso
A seguito di un giudizio di divisione ereditaria, gli eredi della originaria parte processuale proponevano ricorso per chiedere la equa riparazione per la durata, ritenuta irragionevole, del primigenio giudizio. Il giudice designato rigettava la richiesta. La Corte d'appello rigettava l'opposizione. Proposto ricorso in Cassazione, i giudici di legittimità – seppur hanno rigettato il ricorso – respingevano l'eccezione sollevata dall'Avvocatura Statale diretta ad evidenziare la tardività del ricorso. La Corte di cassazione ha evidenziato che nel caso di specie: a) il decreto della Corte d'appello era stato pubblicato il 27 luglio 2016; b) il termine per proporre ricorso, ivi compresa la sospensione feriale, sarebbe scaduto il 27 febbraio 2017; c) il 23 febbraio 2017 era deceduta la parte, da ciò conseguiva che il termine lungo di impugnazione è prorogato, per tutte le parti, di tre mesi dal giorno di tale evento.
La questione
La questione in esame è la seguente: in caso di decesso della parte, durante la pendenza del termine di sei mesi ex art. 327 c.p.c., è prorogabile il termine lungo di impugnazione? Le soluzioni giuridiche
L'art. 328 c.p.c. considera il caso che taluno degli eventi interruttivi del processo previsti dall'art. 299 c.p.c. (morte della persona fisica; estinzione o perdita della capacità della parte; morte, radiazione o sospensione dall'albo del difensore) intervenga durante il decorso dei termini di impugnazione. Con tale norma il legislatore interrompe il termine breve o sospende il termine lungo in favore della parte soccombente che intenda proporre impugnazione in via principale, senza prendere posizione sulla posizione del vincitore, destinatario dell'impugnazione da altri proposta. Ove uno di tali eventi abbia luogo durante la decorrenza del termine breve ex art. 325 c.p.c., la norma stabilisce che il termine rimanga interrotto e che riprenda a decorrere dal giorno in cui la notificazione della sentenza venga rinnovata nei confronti di coloro ai quali competa stare in giudizio. Ai sensi del comma 2, la rinnovazione della notifica nei confronti degli eredi può essere eseguita collettivamente ed impersonalmente, nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto (il riferimento è al domicilio reale, non a quello eletto (Cass. civ., n. 3480/1989). La Corte di cassazione civile con la pronuncia in commento è intervenuta per colmare un vuoto legislativo creatosi con l'accorciamento a sei mesi del termine lungo per le impugnazioni civili con la riforma dell'art. 327 c.p.c. con l. n. 69/2009. Il terzo comma dell'art. 328 c.p.c. prevede che: se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine di cui all'articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell'evento. La norma, in origine, regolava l'evento interruttivo di cui all'art. 299 c.p.c. nel seguente modo: a) se l'evento interruttivo si verificava nei primi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza – e tale termine era parti alla metà del termine complessivo, annuale – allora lo stesso evento non sortiva alcun effetto e secondo la ratio normativa agli eredi era comunque concesso un tempo sufficiente – gli ulteriori sei mesi – per avere conoscenza della sentenza e se ritenuto opportuno, di impugnarla; b) qualora, invece, l'evento interruttivo si verificava nei successivi sei mesi, ai sensi dell'art. 328, comma 3, c.p.c. il termine veniva prorogato di sei mesi dall'evento stesso. La ratio è quella di allungare il termine qualora – e solo in tal caso – sia già trascorso un considerevole lasso di tempo. Complessivamente, quindi, agli eredi era concesso di intervenire entro un termine – minimo – pari alla metà del termine massimo (lungo) per l'impugnazione. Sicché, il termine lungo ex art. 327 c.p.c. per impugnare può essere prorogato ai sensi dell'art. 328, comma 3, c.p.c. ove si distingue a seconda che gli eventi contemplati dall'art. 299 c.p.c. si siano verificati prima o dopo i sei mesi dalla pubblicazione della sentenza: nel primo caso, non si produce alcun effetto ed il termine di decadenza continua a rimanere quello ordinario (un anno per i giudizi promossi prima del 4 luglio 2009; sei mesi per quelli promossi successivamente a tale data); nel secondo caso, invece, a favore indistintamente di tutte le parti (pertanto, anche a favore di parte diversa da quella colpita dall'evento) si produce un prolungamento di sei mesi, decorrente dal giorno dell'evento. Orbene, però, la disposizione dell'art. 328, comma 3, c.p.c. non è stata coordinata con la modifica apportata alla durata (riduzione da un anno a sei mesi) del termine lungo dalla legge n. 69/2009, di modo che potrebbe concludersi che la stessa sembra essere divenuta praticamente inoperante per il secondo dei casi descritti, salva salvo non ricorre all'applicazione, nel semestre, del periodo di sospensione feriale dei termini. Sembra insomma che l'ultimo comma della norma sia stato implicitamente abrogato, in parte qua e per sopravvenuta incompatibilità ex art. 15 disp. prel. La Corte di cassazione al contrario reinterpreta l'art. 328, comma 3, c.p.c., dal momento che osserva che un evento interruttivo (ex art. 299 c.p.c.) intervenuto oltre la metà del termine lungo di impugnazione, proroga quest'ultimo di ulteriori tre mesi. Osservazioni
Avendosi ridotto il termine di un anno a sei mesi la norma di cui al terzo comma dell'art. 328 c.p.c. perde di significato se non reinterpretata. Secondo la Corte di cassazione, infatti, l'intervento legislativo del 2009 non ha avuto espressa volontà abrogatrice ma trattandosi di una “dimenticanza” e, aggiunge, una lettura abrogatrice del quadro normativo creerebbe la conseguenza «di privare di un effettivo accesso alla giustizia, in talune circostanze, gli eredi dei soggetti deceduti dopo la pubblicazione di sentenze non notificate», ai quali sarebbe tolto l'ulteriore spazio difensivo dei sei mesi di proroga. Fra le soluzioni interpretative dai più sostenute la Corte di cassazione abbraccia una rilettura del terzo comma su indicato secondo la seguente dizione: «Se dopo [il decorso del] [la metà del termine di cui all'articolo precedente] si verifica alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine di cui all'articolo precedente è prorogato per tutte le parti d[el] [la metà del termine di cui all'articolo precedente] dal giorno dell'evento»; e quindi di tre mesi. La decisione non dimentica di avere di fronte un dato “letterale”, vale a dire “sei mesi” tuttora non cancellato dalla norma. Tuttavia ritiene di poter proseguire nell'opera interpretativa «essendo possibile - in base ai poteri ermeneutici del giudice comune, anche in una lettura costituzionalmente conforme - e, anzi, necessario, interpretare, dopo la novellazione dell'art. 327 c.p.c., l'art. 328 comma 3 c.p.c. in modo da preservare la ratio della disposizione di considerare irrilevanti gli eventi verificatisi nella prima metà del termine dell'art. 327 c.p.c. e, viceversa, produttivi di interruzione e proroga gli eventi verificatisi nella seconda metà di esso».
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