Il principio di onnicomprensività del compenso non opera se il CTU svolge attività autonome
26 Settembre 2019
Massima
In tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d'ufficio, l'unicità o la pluralità degli incarichi dipendono dall'unicità o dalla pluralità degli accertamenti e delle indagini tecnico-peritali, a prescindere dall'unicità del risultato perseguito e dalla pluralità delle domande, delle attività e delle risposte, definibili unitarie o plurime soltanto in ragione della loro autonomia ed autosufficienza e, pertanto, dell'interdipendenza delle indagini che connota l'unitarietà dell'incarico e dell'onorario. Il caso
Tizio chiedeva al tribunale di Vibo Valentia la liquidazione dei compensi quale incaricato per l'attuazione di un provvedimento nunciatorio, con cui era stata ordinata l'esecuzione delle opere edili indicate nella CTU. Tizio deduceva di aver redatto il progetto, il piano di sicurezza ed esecutivo, la relazione e lo stato finale dei lavori, nonché di aver svolto le funzioni di direttore dei lavori e di responsabile della sicurezza del cantiere, di aver liquidato i S.A.L., di aver collaudato le opere e di aver curato tutti gli adempimenti amministrativi per l'espletamento dell'incarico, avanzando la richiesta di un compenso complessivo di € 25.824,25. Il tribunale – ritenendo che dovesse liquidarsi un unico compenso in base ai criteri di cui all'art. 11 d.m. 30.5.2002, n. 24225, posto che la pluralità degli accertamenti espletati e dei quesiti conferiti era diretta al medesimo risultato e verteva sull'individuazione delle opere necessarie a dare attuazione al provvedimento nunciatorio – liquidava l'importo onnicomprensivo di € 9.347,80 oltre accessori, con decreto che veniva confermato in sede di opposizione ex art. 170 d.P.R. n. 115/02. Avverso l'ordinanza resa in sede di opposizione Tizio proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione degli artt. 11 e 29 d.m. 30.5.2002, n. 24225, atteso che l'incarico conferitogli non poteva considerarsi unitario per il solo fatto di essere volto a dare attuazione al provvedimento nunciatorio, occorrendo considerare la tipologia delle attività svolte in concreto, alcune delle quali non rientravano nella previsione degli artt. 11 e 12 del predetto d.m. Pertanto, non poteva trovare applicazione il principio di onnicomprensività sancito dall'art. 29 del medesimo d.m., poiché le singole attività da lui svolte non erano tra loro complementari o interdipendenti. In particolare, la direzione dei lavori e le funzioni di responsabile della sicurezza (al pari di quelle strettamente inerenti alla fase esecutiva) erano ben distinte dall'attività di progettazione. La questione
La pronuncia in commento si sofferma sui limiti di operatività del principio di onnicomprensività del compenso del CTU sancito dall'art. 29 d.m. 30.5.2002, n. 24225. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo che, nel caso di specie, non fosse ravvisabile un rapporto di reciproca complementarietà ed accessorietà tra tutte le attività espletate dal ricorrente per il solo fatto che le stesse fossero dirette al perseguimento di un unico risultato. Invero, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, è la pluralità degli accertamenti e delle attività richiesti al CTU a determinare l'unicità o la pluralità degli incarichi, a prescindere dalla pluralità delle domande, delle attività, delle risposte o dei quesiti conferiti. Tali attività sono, cioè, unitarie o plurime soltanto in ragione della loro autonomia ed autosufficienza, e dunque considerando il rapporto di interdipendenza che eventualmente le connoti (Cass. civ., 7 novembre 2018, n. 28417; Cass. civ., 4 giugno 2018, n. 14292). Ne consegue che si è in presenza di accertamenti autonomi se le attività o i compiti demandati al CTU sono suscettibili di costituire oggetto, per il loro contenuto, di incarichi di natura differente, tenendo anche conto delle distinte previsioni che li disciplinano (Cass. civ.,25 maggio 2010, n. 7174) o delle competenze e metodologie impiegate (Cass. civ.,19 dicembre 2002, n. 18092, che, in relazione ad un incarico di accertamento del carattere usurario dei tassi di interesse applicati ad una pluralità di rapporti di c/c bancario, ha ritenuto legittima la liquidazione eseguita mediante sommatoria degli onorari relativi a ciascuno dei distinti rapporti esaminati). Nel caso di specie, il giudice di merito avrebbe dovuto dar rilievo all'oggetto e alla natura delle singole attività, valorizzandone il profilo contenutistico e la loro distinta regolamentazione normativa, al fine di valutare il rapporto di eventuale interdipendenza tra le diverse incombenze, anziché concludere per l'unitarietà dell'attività svolta - con conseguente, erronea, applicazione del principio di onnicomprensività del compenso - per il solo fatto che gli accertamenti demandati al consulente fossero diretti al perseguimento del medesimo risultato, ossia l'attuazione del provvedimento cautelare. La Suprema Corte ha, pertanto, cassato l'ordinanza impugnata, rinviando la causa ad altro giudice del tribunale di Vibo Valentia. Osservazioni
Ai sensi dell'art. 29 della tabella allegata al d.m. 30.5.2002, n. 24225, «Tutti gli onorari, ove non diversamente stabilito nelle presenti tabelle, sono comprensivi della relazione sui risultati dell'incarico espletato, della partecipazione alle udienze e di ogni altra attività concernente i quesiti». Da tale disposizione, dettata in tema di compenso del CTU, si ricava il principio generale di unicità dell'incarico conferito al CTU, ossia di onnicomprensività del compenso allo stesso spettante per l'attività espletata, anche in presenza di una pluralità di quesiti peritali. Ciò significa che, in relazione ad un unico incarico peritale, non è possibile cumulare più compensi riferibili a prestazioni diverse qualora gli onorari siano diretti a compensare tutte le attività necessarie e strumentali all'espressione del giudizio tecnico, dovendosi tener conto, nella sua globalità, del conseguente accertamento finale. Così, ad es., poiché deve aversi riguardo all'accertamento richiesto dal giudice e non al tipo di indagini che il consulente ha svolto per pervenire a quell'accertamento, nel caso in cui la consulenza richieda l'esame di una pluralità di bilanci, l'onorario (da calcolarsi a percentuale secondo il disposto dell'art. 4 della citata tabella) va liquidato globalmente e non per singole annualità se, avuto riguardo alla natura dell'incarico conferito all'ausiliare, è unico il risultato finale da fornire al giudice: in tal caso, l'onorario va calcolato con riferimento al valore globale complessivo risultante dalla sommatoria dei vari bilanci (Cass. civ., 23 marzo 2007, n. 7186). Analogamente, nel caso di affidamento al CTU di un incarico unitario per la stima di un bene complesso come l'azienda, il compenso deve essere liquidato sulla base del disposto di cui all'art. 3 d.m. 30 maggio 2002, n. 24225 (relativo a perizia o consulenza tecnica in materia di valutazione di patrimoni), e non secondo criteri corrispondenti a ciascuno dei singoli beni che compongono l'azienda stessa, alla stregua degli artt. 11 e 13 del medesimo d.m., poiché, nella valutazione dei patrimoni, l'unicità dell'incarico e, di conseguenza, del compenso, non è esclusa dalla pluralità delle verifiche (Cass. civ., 31 maggio 2018, n. 27914); anche nell'ipotesi di consulenza consistente nell'accertamento di un credito di cui è chiesta l'ammissione al passivo in una procedura concorsuale, il compenso va determinato con riferimento ad un unico valore costituito dall'ammontare del credito stesso, dovendosi calcolare l'onorario per scaglioni in forza dell'art. 2 d.m. 30.5.2002, n. 24225, funzionale a compensare le attività ricostruttive e valutative da effettuarsi sulla base di accertamenti complessi (Cass. civ., 28 gennaio 2015, n. 1580). Sulla stessa scia si è sostenuto che ove, pur in presenza di una molteplicità di rapporti, l'indagine sia sostanzialmente unitaria, risolvendosi in operazioni di calcolo ripetitive ed agevolate, in maniera sensibile, dall'utilizzo di applicativi informatici, l'importo da prendere in considerazione per liquidare il compenso è quello corrispondente all'ammontare cumulativo dei vari rapporti scrutinati, potendosi riconoscere un corrispettivo ragguagliato al singolo rapporto esclusivamente qualora lo stesso sia stato investito da autonome e distinte indagini e valutazioni (Cass. civ., 7 novembre 2018, n. 28417, la quale ha confermato la decisione che, stante l'unicità del quesito affidato al CTU contabile ai fini della verifica della violazione dell'art. 1284 c.c. e del divieto di capitalizzazione degli interessi e dell'accertamento del superamento dei tassi-soglia su un elevato numero di rapporti di conto corrente, aveva liquidato un unico compenso, facendo applicazione del tetto massimo previsto dall'art. 2 d.m. 30.5.2002, n. 24225). A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi allorquando gli accertamenti richiesti dalle finalità del quesito implichino attività diverse tra loro, ossia dotate di una propria autonomia ed indipendenza: in questo caso, ricorrente nella fattispecie oggetto della pronuncia in esame, occorre procedere a conteggi separati del compenso, cumulandoli poi tra loro (Cass. civ., 27 ottobre 2014, n. 22779). In sostanza, la pluralità dei quesiti non esclude l'unicità dell'incarico ma rileva nella liquidazione degli onorari, potendosi sommare quelli relativi a ciascuno dei distinti accertamenti richiesti (Cass. civ., 8 ottobre 2014, n. 21224). Ad es., si è rilevato che le previsioni di cui agli artt. 2 (sulla perizia o consulenza tecnica in materia amministrativa, fiscale e contabile) e 4 (sulla perizia o consulenza tecnica in materia di bilancio e relativo conto dei profitti e delle perdite) della tabella allegata al citato d.m. sono distinte e godono ciascuna di propria autonomia, sicchè le stesse possono trovare contemporanea applicazione, ove in concreto risulti che il consulente tecnico abbia svolto attività riconducibile nell'una e nell'altra fattispecie (Cass. civ., 2 novembre 1995, n. 11403). In sostanza, ai fini della liquidazione del compenso al CTU, occorre appurare se le finalità del quesito abbiano comportato accertamenti autonomi e distinti oppure accertamenti accessori e assorbiti: nel primo caso si tratta di iniziative che richiedono distinte, autonome e speciali attività ed operazioni, che non possono essere previste e ricomprese nelle altre attività che l'ausiliario ha svolto; nel secondo caso, gli accertamenti risultano collegati e, in vario modo, compresi e assorbiti dagli altri che il consulente ha svolto. Nella prima fattispecie ricorrono, quindi, i presupposti per applicare la cumulabilità dei compensi, mentre nella seconda vale il concetto dell'unitarietà del compenso. In altri termini, il principio di onnicomprensività dell'onorario riguarda le attività complementari ed accessorie che, pur non essendo specificamente previste in sede di conferimento dell'incarico, risultano tuttavia strumentali all'accertamento tecnico, e non trova applicazione in presenza di una pluralità di indagini non interdipendenti, che presuppongono necessariamente una pluralità di incarichi di natura differente, come nel caso di richiesta di rilievi topografici e planimetrici da un lato, e di attività di stima dei beni dall'altro, che, in quanto previsti distintamente dagli artt. 12 e 13, comportano una liquidazione autonoma del compenso (Cass. civ., 25 marzo 2010, n. 7174). Frequenti sono i casi di applicazione dei predetti principi in materia di stime immobiliari - da eseguirsi in base al criterio desunto dall'art. 13 della tabella allegata al d.m. 30.5.2002 (che fa riferimento all'importo stimato) - in presenza di più immobili da valutare. In tal caso, se gli immobili hanno caratteristiche uguali o analoghe, per definire le quali il consulente debba effettuare operazioni ripetitive, l'importo stimato è quello che attiene alla stima cumulativa di detto insieme, sicchè la pluralità delle valutazioni affidate al CTU non esclude l'unicità dell'incarico e la conseguente unitarietà del compenso (Cass. civ., 9 gennaio 2007, n. 126); in presenza, invece, di una pluralità di immobili disomogenei o molto diversi tra loro, ad es. perché situati in zone urbanistiche diverse, l'importo stimato è quello corrispondente ad ogni singola stima di immobile che abbia autonome caratteristiche valutative, nel limite del massimo scaglione di € 516.456,90 (Cass. civ., 17 marzo 2016, n. 5325; Cass. civ., 20 marzo 2009, n. 6892; Cass. civ., 17 aprile 2001, n. 5608). Tendenzialmente può, quindi, affermarsi che il principio del cumulo dei compensi operi nel caso di accertamenti tecnici inquadrabili in distinte tabelle del citato d.m., purchè, tuttavia, non sia ravvisabile un rapporto di specialità tra le tabelle che disciplinano le attività demandate al consulente: ad es., in materia di costruzioni edilizie, la disposizione dell'art. 12 della citata tabella ha carattere speciale rispetto a quella dell'articolo precedente, che prevede l'onorario a percentuale, calcolato per scaglioni, con la conseguenza che se l'opera prestata rientri nelle specifiche attività previste dall'art. 12 (accertamento della rispondenza dell'opera alle prescrizioni di progetti e di collaudi, aggiornamento e revisione dei prezzi) è applicabile il detto articolo, mentre in caso diverso trova applicazione la norma generale dell'art. 11: ne discende che la liquidazione del compenso deve avvenire in base a quest'ultima norma, qualora l'incarico commesso al consulente abbia avuto ad oggetto, ad es., oltre al controllo di rispondenza previsto dall'art. 12, la quantificazione dei lavori eseguiti in base ad un contratto di appalto e l'incidenza su di essi della clausola contrattuale di revisione dei prezzi, nonché la determinazione dei costi per l'eliminazione dei difetti riscontrati in un accertamento tecnico preventivo e del conseguente degrado dall'immobile (Cass. civ., 21 novembre 2017, n. 27630; Cass. civ., 24 aprile 2010, n. 9849; Cass. civ., 16 agosto 1993, n. 8726).
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