Morosità pregresse e termine di grazia
30 Settembre 2019
Nella locazione abitativa, se l'inquilino moroso paga per 3 volte canone e oneri accessori dopo notifica intimazione sfratto morosità che non viene iscritta a ruolo, può considerarsi verificata la sanatoria e quindi esaurita la possibilità ex art. 55, comma 1, l. n. 392/1978 di sanare morosità ulteriore?
Ai fini di una corretta disamina del quesito esposto, occorre soffermarsi sugli aspetti dell'istituto della sanatoria e sul comportamento del debitore. Preliminarmente, giova ricordare che la disciplina posta dall'art. 55, l. n. 392/1978 stabilisce, con specifico riguardo alle locazioni abitative, che la morosità del conduttore può essere sanata in sede giudiziale sino a tre volte nel corso di un quadriennio se sussistono comprovate ragioni di difficoltà. Inoltre, il giudice ha la facoltà di accordare una quarta volta nel quadriennio, ove a seguito di un esame attento e ponderato, risulti che l'inadempimento che si chiede di sanare sia conseguenza di disoccupazione, malattia o altra grave e comprovata condizione di difficoltà. Dunque, l'art. 55 costituisce norma eccezionale che neutralizza le conseguenze del principio per cui, una volta che il creditore abbia chiesto la risoluzione del contratto, il debitore inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione. Ebbene, analizzati i limiti oggettivi della sanatoria, occorre focalizzare l'attenzione anche al rapporto prima dell'eventuale richiesta al giudice (comportamento del debitore). Per meglio dire, la rigidità del meccanismo introdotto dalla concessione del termine ex art. 55, comma 1. cit., ben descritto dalla giurisprudenza di legittimità, pare costituire una sorta di compensazione per il sacrificio, normalmente non contemplato, dell'interesse del creditore, che abbia chiesto la risoluzione, al venir meno del rapporto contrattuale. Non può sottacersi, però, che il già menzionato art. 5 introduce una qualificazione legale della "non scarsa importanza" dell'adempimento, precludendo la valutazione ex art. 1455 c.c. del giudice in senso obiettivamente favorevole al locatore, se si considera che è sufficiente il ritardo di venti giorni nel pagamento di un solo canone. Pertanto, se dopo la notifica dell'atto di intimazione di sfratto per morosità l'inquilino abbia pagato tutti i canoni dovuti, in tale situazione, è pur sempre presente uno stato di morosità protrattasi per diversi mesi e che consiste comunque in un grave inadempimento a danno del proprietario dell'immobile, tale da legittimare comunque lo sfratto. Del resto, come già sostenuto in giurisprudenza, la circostanza per la quale il locatore abbia tollerato nel tempo tale inadempienza non prova che sia intervenuto un accordo tra le parti sulla possibilità di pagare il canone in ritardo ed in misura ridotta (Cass. civ., sez. III, 17 settembre 2013, n. 21156). Ed ancora, il pagamento dei canoni di locazione, posto a fondamento del provvedimento monitorio, effettuato dopo la notifica dello sfratto, non purga la morosità in quanto non libera il conduttore dal pagamento delle competenze legali liquidate con l'emissione del decreto ingiuntivo richiesto contestualmente alla convalida. Di converso, l'intimato non può essere onerato dal pagamento delle competenze legali inerenti al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che resteranno a carico dell'opposto (Trib. Roma, 10 gennaio 2018, n. 1107). In definitiva, nella fattispecie oggetto di quesito, se l'inquilino moroso decide “arbitrariamente” di pagare (con un certa frequenza) il canone e gli oneri accessori dopo la notifica di intimazione sfratto di morosità, in caso di successiva iscrizione a ruolo ed eventuale richiesta del termine di grazia in giudizio, oltre ai citati limiti esposti della sanatoria, il giudice ben potrebbe considerare questo reiterato comportamento come “abusivo”. Difatti, ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, anche se l'importanza dell'inadempimento del conduttore non è più rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice, tuttavia, resta fermo di valutazione il necessario concorso dell'elemento soggettivo dell'inadempimento, costituito dalla imputabilità della mora debendi a dolo o a colpa del debitore (Cass. civ., sez. III, 25 maggio 1998, n. 5191). In conclusione, iscrivendo la causa a ruolo, considerata non verificata la sanatoria (sia per motivi oggettivi che soggettivi), il giudice dovrebbe ordinare il rilascio dell'immobile.
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