Ancora al vaglio della Corte costituzionale l'art. 159 del d.lgs. n. 267 del 2000

Giuseppe Lauropoli
30 Settembre 2019

La questione che viene sollevata nell'ordinanza in commento attiene ad un profilo specifico e circoscritto rispetto alla generalità dei casi previsti dai commi 2 e seguenti dell'art. 159 TUEL.
Massima

Deve ritenersi rilevante e non manifestamente infondata la questione concernente la legittimità costituzionale dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, laddove lo stesso assoggetta alla previsione di impignorabilità prevista in detta disposizione anche i creditori che abbiano svolto per l'ente locale servizi indispensabili allo svolgimento dell'attività propria di tale ente, apparendo pertanto giustificata la rimessione della relativa questione alla Corte costituzionale.

Il caso

Indubbiamente molto interessante e gravida di possibili significative conseguenze (anche al di là del limitato ambito delle esecuzioni forzate nei confronti degli enti locali) – laddove la questione sollevata dal giudice a quo venisse accolta da parte della Corte costituzionale – l'ordinanza in esame, con la quale è stata rimessa al giudice costituzionale la decisione in merito alla conformità dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000 agli articoli 3, 24 e 117 Cost.

Il caso sottoposto all'attenzione del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord è presto detto.

Si trattava di una procedura di pignoramento presso terzi avviata da un creditore di un ente locale per la riscossione di somme spettanti sulla base di un decreto ingiuntivo esecutivo e concernenti corrispettivi dovuti per la fornitura all'ente pubblico di energia elettrica o gas.

Il pignoramento presso terzi veniva correttamente orientato individuando come terzo pignorato l'istituto tesoriere dell'ente locale, il quale rappresentava l'esistenza di una delibera di impignorabilità emessa dall'ente locale, ai sensi dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, relativamente al primo trimestre del 2018.

A fronte della contestazione, svolta dal creditore procedente, di una tale dichiarazione, il giudice dell'esecuzione dava inizio alla fase endo-esecutiva di accertamento dell'obbligo del terzo.

Nell'affrontare la questione concernente la sussistenza di un vincolo di impignorabilità opponibile al creditore procedente, il giudice dell'esecuzione riteneva, tuttavia, con una ordinanza approfonditamente motivata e molto articolata, di rimettere alla Corte costituzionale la questione concernente la legittimità costituzionale dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, quanto meno sotto un limitato profilo.

Il giudice dell'esecuzione, infatti, dopo aver affermato, nella propria ordinanza di rimessione, che la questione di costituzionalità ben può essere sollevata nel corso di una procedura esecutiva e dopo aver svolto un sintetico ma esaustivo esame delle principali caratteristiche dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, si sofferma sulla questione concernente la opponibilità o meno della delibera di impignorabilità adottata dall'ente locale ad un creditore che abbia svolto per l'ente stesso una attività indispensabile alla prosecuzione della sua attività e, dopo aver ritenuto che nel caso sottoposto al suo esame il credito afferisca proprio a compensi relativi allo svolgimento di una tale attività (si trattava della fornitura di energia elettrica o di gas in favore dell'ente locale), conclude col ritenere che una tale questione non sia altrimenti risolvibile se non mediante l'intervento della Corte costituzionale, non apparendo possibile una lettura costituzionalmente orientata della norma che consenta di evitare la rimessione della relativa questione al giudice costituzionale.

Alcune questioni di interesse

Numerose le questioni che meriterebbero approfondimento con riguardo alla ordinanza in esame.

Giova però richiamare il contenuto di una precedente nota a commento di altra pronuncia del Tribunale di Napoli Nord, nella quale molte di tali questioni (si pensi così a quella concernente la rilevabilità di ufficio di alcune cause di impignorabilità, oppure a quella concernente la modalità di risolvere tali questioni concernenti la impignorabilità dei fondi nella disponibilità degli enti locali e, più in generale, delle pubbliche amministrazioni) venivano, sia pur sinteticamente, affrontate (v. G. Lauropoli, Esecuzione forzata e vincolo di destinazione sulle somme presenti sul conto di tesoreria dell'ente locale, in www.ilProcessoCivile.it).

Ciò posto, può essere utile nella presente sede soffermarsi soprattutto sul profilo di incostituzionalità sollevato dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord, chiedendosi innanzi tutto se una tale questione possa senz'altro essere sollevata nel corso di una procedura esecutiva e procedendo quindi ad esaminare, per quanto di interesse, il contenuto dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000 ed i rilievi di costituzionalità che vengono sollevati.

La prima questione non merita forse un particolare approfondimento: se è vero, infatti, che il dettato dell'art. 23 della l. n. 87/1953 (provvedimento che costituisce e disciplina il funzionamento della Corte costituzionale) fa riferimento, allorché tratta del procedimento nel corso del quale venga sollevata la questione di costituzionalità, alla necessità che lo stesso sia qualificabile come un “giudizio” e se è vero che la procedura esecutiva civile non pare agevolmente riconducibile nella nozione di “giudizio”, è anche vero che la giurisprudenza della Corte costituzionale, fin da epoca risalente ha riconosciuto la possibilità per il Tribunale, in funzione di giudice dell'esecuzione, di sollevare questione di costituzionalità.

In particolare, nella risalente pronuncia citata anche nella ordinanza in commento, veniva evidenziato che «il giudice dell'esecuzione (..) è certamente un organo giurisdizionale (…) ed è del pari certo che durante il corso dell'espropriazione, il giudice (…) adotta provvedimenti aventi contenuto e valore decisori ed (…) è legittimato a sollevare questioni di legittimità costituzionale» (si veda Corte cost., 15 luglio 1976, n. 211).

Del resto, sono numerose le pronunce della Corte Costituzionale, anche recentissime, che traggono origine proprio da una ordinanza di rimessione emessa da un giudice dell'esecuzione nel corso di una procedura espropriativa.

Esaminiamo ora il testo dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000 e concentriamoci sul profilo sul quale è stata sollevata la questione di costituzionalità da parte del giudice a quo.

La menzionata disposizione, rubricata come “Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali”, al suo primo comma si preoccupa di precisare che non sono ammesse procedure di espropriazione forzata presso terzi diversi dall'istituto tesoriere dell'ente locale.

Pertanto, il creditore che intenda esercitare un'azione esecutiva di pignoramento presso terzi nei confronti di un ente locale, dovrà necessariamente orientare un tale atto di pignoramento nei confronti dell'istituto tesoriere dell'ente ed una eventuale omissione di tale disposizione sarà rilevabile d'ufficio, dal momento che la norma si premura di precisare che gli atti esecutivi eventualmente intrapresi in violazione di tale disposizione non generano vincoli ai fini della procedura esecutiva.

Anche una tale previsione, oggettivamente fortemente limitativa delle prerogative dei creditori degli enti locali, è stata fatta oggetto, in passato, di questione di costituzionalità, dal momento che è ben possibile che tali enti risultino creditori anche di soggetti diversi dal proprio tesoriere, ad esempio in relazione a canoni di locazione, o anche - nella misura in cui ciò sia legalmente consentito - in relazione a somme depositate su conti correnti aperti presso istituti diversi dall'ente tesoriere.

Può, infatti, sussistere un interesse, in capo al creditore dell'ente locale, a soddisfarsi, anziché sulle somme detenute dal tesoriere dell'ente, sulle somme presenti presso tali diversi debitori dell'ente locale: somme, come emergerà più avanti, sottratte ai possibili vincoli di impignorabilità previsti dal secondo comma dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000 e, come tali, più facilmente aggredibili.

Ebbene, rispetto ad una tale questione di costituzionalità, la Corte ha avuto modo di evidenziarne la manifesta infondatezza, osservando come la previsione normativa in questione si limiti «a fissare una semplice modalità dell'azione esecutiva, evidentemente funzionale all'esigenza di imprimere - secondo quanto previsto dai commi 2 e 3 della stessa disposizione - una specifica destinazione alle risorse finanziarie dell'ente locale a tutela dell'interesse pubblico», con l'effetto che, ad avviso della Corte, «la norma censurata non risulta (…) di per sé lesiva ne' del diritto di agire in giudizio ne' del principio di eguaglianza».

Passando al secondo comma dell'art. 159 TUEL, lo stesso prevede dei limiti di pignorabilità sulle somme giacenti sui conti di tesoreria degli enti locali.

Il comma in questione recita testualmente che: «Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a:

a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;

b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;

c) espletamento dei servizi locali indispensabili».

Il successivo terzo comma precisa che, ai fini della operatività della predetta norma, è necessario che l'ente locale adotti semestralmente una delibera, notificata al tesoriere, che quantifichi le somme destinate alle finalità sopra elencate.

Non c'è dubbio che anche le previsioni contenute nei due commi appena menzionati costituiscano una forte limitazione alle attese di pagamento dei creditori dell'ente locale: da un lato, in base al primo comma dell'art. 159, risulta preclusa la possibilità di agire esecutivamente nei confronti di terzi diversi dall'istituto tesoriere dell'ente locale; dall'altro, viene fortemente limitata la possibilità di soddisfarsi sulle somme detenute dal tesoriere.

Peraltro, laddove l'ente pubblico ritenesse di ricondurre tutte le somme nella disponibilità dell'istituto tesoriere ad attività riconducibili a quelle elencate nel secondo comma dell'art. 159, si finirebbe per generare un vero e proprio “scudo” idoneo a paralizzare qualsiasi espropriazione presso terzi attivata da un creditore dell'ente locale.

Non a caso, anche tali previsioni sono state fatte oggetto di questione di costituzionalità e, non a caso, su tali questioni è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale che ha inciso, sia pure in termini non radicalmente demolitori, sul contenuto delle stesse.

È stato così affermato che la previsione di impignorabilità delle somme destinate alle finalità di cui al secondo comma dell'art. 159 non operi qualora, dopo l'adozione della delibera di impignorabilità da parte dell'ente, tale soggetto pubblico abbia emesso mandati di pagamento in relazione ad attività diverse da quelle vincolate, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture (Corte cost., 18 giugno 2003, n. 211).

Deve pure osservarsi come la giurisprudenza di merito tenda a fornire una interpretazione particolarmente rigorosa di tali disposizioni dettate in tema di impignorabilità delle somme detenute dal terzo tesoriere.

Viene così affermata la inopponibilità della delibera di impignorabilità non soltanto quando risultino emessi, successivamente alla sua emissione, mandati di pagamento (a titoli diversi da quelli in relazione ai quali vige il vincolo di destinazione) in violazione dell'ordine cronologico delle fatture, ma anche quando la delibera risulti viziata per aver sottoposto a vincolo, ad esempio, somme in alcun modo riconducibili nella elencazione di cui al secondo comma dell'art. 159 TUEL.

Peraltro, allorché abbia luogo una fase endo-esecutiva finalizzata ad accertare, d'ufficio o su impulso di parte, la sussistenza di somme sottratte al vincolo di indisponibilità, l'accertamento si estenderà non solo alle somme presenti sui conti di tesoreria al momento della notifica del pignoramento, ma anche a quelle affluitevi successivamente, con conseguente onere, per l'ente locale, di produrre in atti le eventuali delibere di impignorabilità succedutesi nel tempo fino alla definizione della questione concernente l'esistenza di un compendio pignorato.

La questione che viene sottoposta all'esame della Corte costituzionale

Come si esponeva all'inizio di questa nota, la questione che viene sollevata nell'ordinanza in commento attiene ad un profilo specifico e circoscritto rispetto alla generalità dei casi previsti dai commi 2 e seguenti dell'art. 159 TUEL.

Il caso sottoposto all'esame del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord concerne un creditore che ha reso servizi da ritenersi oggettivamente indispensabili alla prosecuzione delle attività dell'ente locale.

Rispetto a tale tipologia di creditori, illustra il giudice a quo nella propria articolata ordinanza, «il cui diritto trovi causa in una delle finalità protette ai sensi dell'art. 159, comma 2, TUEL (ed alla cui protezione è in definitiva funzionale il vincolo di impignorabilità)» (si veda l'ordinanza in commento), si pone innanzi tutto il problema di capire se la delibera di impignorabilità adottata dall'ente pubblico possa ritenersi opponibile o meno (e, su tale questione, il giudice a quo osserva come la dottrina sia divisa) e, una volta data risposta affermativa ad un tale quesito, si pone un evidente problema di costituzionalità dell'art. 159 in esame.

In particolare, ad avviso del giudice a quo, la questione di costituzionalità si pone rispetto agli articoli 3 Cost. (tanto in relazione alla ritenuta irragionevolezza della norma, quanto in relazione alla ingiusta equiparazione di fattispecie oggettivamente diverse, «assoggettando il creditore qualificato alla stessa sorte del creditore ordinario, quanto alla possibilità di superare la delibera di impignorabilità» – si veda ancora l'ordinanza in commento), 24 e 117 Cost. (realizzando una oggettiva limitazione al pieno esercizio della tutela esecutiva, contraria anche alla Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, laddove tutela il diritto ad un processo equo).

Conclusioni

Indubbiamente molto approfondita ed argomentata l'ordinanza in commento, tale da non imporre, ad avviso di chi scrive, ulteriori commenti, se non attendere l'esito della decisione della Corte costituzionale, che potrebbe riservare importanti soprese, tali da incidere, come si accennava all'inizio di questo commento, non solo sul contenuto dell'art. 159 TUEL ma, almeno potenzialmente, anche su previsioni normative non significativamente dissimili da quelle ora in esame (si pensi alle disposizioni che dettano vincoli di impignorabilità sulle somme detenute dal tesoriere delle ASL).

Forse, a voler individuare un possibile limite nell'iter argomentativo seguito nella ordinanza in questione, si potrebbe osservare come il comma 2 dell'art. 159 TUEL non sia finalizzato a perseguire una tutela dei creditori che rendano servizi indispensabili alla prosecuzione dell'attività dell'ente ma, più semplicemente, a garantire il buon funzionamento dell'ente pubblico e l'ordinato svolgimento dei pagamenti, cosicché corre il rischio di rivelarsi non del tutto condivisibile la distinzione tra “creditori qualificati” dell'ente (ossia coloro che forniscono servizi indispensabili alla prosecuzione della sua attività) e “creditori ordinari”.

Similmente, anche la ipotizzata violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale si presta a qualche riserva, dal momento che la Corte costituzionale ha più volte precisato, anche in una delle pronunce citata nella presente nota, come la previsione di specifiche modalità di esecuzione, o la stessa previsione di ipotesi impignorabilità relativamente a somme destinate a vincoli pubblicistici non integri, di per sé, una violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Ma la questione resta aperta e non possono affatto escludersi nuove prese di posizione della Corte costituzionale, anche alla luce della giurisprudenza CEDU, opportunamente citata nella ordinanza in commento.

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