Apposizione termini (procedimento di)

Mauro Di Marzio
01 Ottobre 2019

L'azione per apposizione di termini è disciplinata dal codice civile all'art. 951 c.c., nel capo dedicato alle azioni a difesa del diritto di proprietà. In particolare, quando i confini tra fondi contigui siano certi, ma i termini (e cioè i segni materiali impiegati allo scopo della individuazione dei confini medesimi) manchino, ovvero siano divenuti irriconoscibili, ciascun proprietario ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni.
Inquadramento

L'azione per apposizione di termini è disciplinata dal codice civile all'art. 951 c.c., nel capo dedicato alle azioni a difesa del diritto di proprietà. In particolare, quando i confini tra fondi contigui siano certi, ma i termini (e cioè i segni materiali impiegati allo scopo della individuazione dei confini medesimi) manchino, ovvero siano divenuti irriconoscibili, ciascun proprietario ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni.

Si tratta nondimeno di un'azione a carattere personale (e non reale), la quale presuppone che il confine sia certo e incontestato: essa è cioè diretta semplicemente a far sì che la linea di demarcazione tra proprietà contigue sia resa riconoscibile mediante la collocazione di segni esteriori, i termini appunto, che individuino materialmente il confine.

È ovvio che all'apposizione di termini, così come al regolamento di confini, i proprietari contigui possono provvedere materialmente di comune accordo, da se medesimi.

Per le cause relative ad apposizione di termini è competente il giudice di pace, indipendentemente dal valore, ai sensi dell'art. 7, comma 3, n. 1, c.p.c. Ai sensi dell'art. 21 c.p.c. è competente il giudice del luogo in cui si trovano gli immobili.

L'azione di apposizione di termini in generale

Ai sensi dell'art. 951 c.c., se i termini tra i fondi contigui mancano, o sono diventati irriconoscibili, ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni: con la precisazione, su cui si tornerà, che dette spese sono quelle necessarie alla materiale apposizione dei termini, non anche quelle giudiziali (Cass. civ., 13 marzo 2001, n. 3642; Cass. civ., 5 dicembre 1985, n. 6107).

Nell'impiegare il vocabolo «termini», la norma si riferisce a segni in pietra, legno, ferro, reti metalliche et similia, interrati sul confine in modo da essere tendenzialmente inamovibili. L'azione è volta a rimediare ad una situazione di mancanza, originaria o sopravvenuta, ovvero di sopravvenuta irriconoscibilità, dei menzionati segni, ferma la certezza tra le parti del confine: vi è cioè, nel caso dell'azione di apposizione di termini, una individuata linea di demarcazione tra i fondi limitrofi, condivisa dai proprietari finitimi, ma i segni impiegati per renderla palese mancano o, altrimenti, non sono, o non sono più, per fatto dell'uomo o della natura, visibili in modo chiaro e netto. La controversia introdotta con l'azione in discorso è dunque diretta a sanzionare l'obbligo di creare o ripristinare, a spese comuni, i segni esteriori del confine tra i fondi. La mancanza o irriconoscibilità della linea di demarcazione tra i due fondi, ne presuppone ovviamente la contiguità.

Merita ancora sottolineare, in generale, che l'art. 951 c.c. discorre di «fondi», il che non deve però indurre a credere che l'azione sia proponibile unicamente con riguardo a fondi rustici o terreni, ben potendosi profilare la sussistenza dei presupposti per l'esperimento dell'azione di apposizione di termini in relazione a fondi urbani.

In evidenza

L'azione per apposizione di termini, come si diceva, ha carattere personale, secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte, giacché presuppone un confine certo, perché nei fatti non controverso tra le parti od anche per intervenuta sentenza di regolamento di confini, ed è diretta al solo scopo di rendere il confine visibile e riconoscibile, attraverso l'apposizione o il ripristino a spese comuni dei segni indicativi dei termini tra i due fondi (Cass. civ., 26 ottobre 1981, n. 5597, la quale ne trae la conseguenza che la pronuncia resa in accoglimento della domanda è priva di efficacia nei confronti del successore a titolo particolare della parte, che sia ad essa subentrato dopo la definizione del giudizio).

Il carattere personale dell'azione per apposizione di termini, distinta da quella reale di regolamento di confini, non osta, peraltro, a che la prima possa essere esplicitamente od implicitamente inserita nella controversia promossa con la seconda, quale pretesa accessoria e conseguenziale, in una situazione in cui non solo manchi un confine certo e determinato, ma difettino anche segni esteriori del confine stesso (Cass. civ., 15 dicembre 1984, n. 6573; Cass. civ., 17 agosto 2005, n. 16970).

L'azione per apposizione di termini di cui all'art. 951 c.c. tende ad ottenere che i confini (certi) tra proprietà contigue siano resi visibili attraverso una delimitazione materiale. Questa peculiare finalità conferisce alla detta azione carattere di autonomia, sostanziale e processuale, per cui essa è esperibile anche se esiste la possibilità di ottenere per altra via lo stesso risultato pratico (Cass. civ., 12 maggio 1973, n. 1288, riferita al caso in cui detta possibilità poteva essere perseguita mediante esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c. di sentenza, provvisoriamente esecutiva, con la quale era stato, tra l'altro, affermato l'obbligo dei condividenti di prestarsi alla delimitazione delle rispettive quote).

Dall'azione di apposizione di termini si distingue quella volta ad ottenere il ricollocamento dei segni di confine contro l'autore della illecita demolizione e rimozione di essi, trattandosi di azione di risarcimento del danno da fatto illecito mediante la reintegrazione in forma specifica (Cass. civ., 18 dicembre 1978, n. 6064).

Apposizione di termini e regolamento di confini

L'azione di apposizione di termini si distingue altresì da quella di regolamento di confini. Può qui rammentarsi che il codice civile del 1865, all'art. 441, corrispondente all'art. 646 del codice francese, allo scopo di prevenire usurpazioni tra i proprietari vicini, testualmente disponeva che ogni proprietario poteva obbligare il vicino a stabilire a spese comuni i termini tra le loro proprietà contigue (azione per apposizione di termini). Lo stesso codice non faceva invece riferimento alle ipotesi di oggettiva incertezza del confine o della contestazione sulla linea di confine, sorta tra i due proprietari (azione per regolamento di confini). Le due azioni sono ora legislativamente considerate, nel codice civile vigente, tra le azioni a difesa della proprietà. Sebbene distinte nei presupposti e nell'oggetto, le due azioni si ricollegano a principi comuni e, nella pratica, sono assai spesso esercitate congiuntamente.

L'una, come accennato, presuppone l'esistenza di un confine certo e determinato ed è diretta a far sì che la linea di demarcazione tra le proprietà sia resa visibile attraverso la collocazione di segni esteriori utili ad individuare il tracciato; l'azione di regolamento di confini, viceversa, presuppone l'incertezza tra i confini dei fondi contigui, ed è per l'appunto diretta a rimuovere tale situazione di incertezza attraverso la determinazione dell'estensione delle proprietà confinanti, ferma l'insussistenza di contestazioni in ordine alla validità ed efficacia dei rispettivi titoli di acquisto.

In evidenza

Afferma in tal senso la Suprema Corte che, la differenza tra azione per apposizione di termini e quella di regolamento di confini risiede nel fatto che mentre nella prima il confine tra i due fondi è certo ed incontestato e si vuole soltanto apporvi, perché mancanti o divenuti irriconoscibili, i segni di delimitazione, al fine di evitare possibili sconfinamenti o usurpazioni, nella seconda, invece, pur prescindendosi da ogni contestazione circa il diritto di proprietà risultante dai titoli, vi è incertezza in ordine alla linea di demarcazione tra fondi limitrofi, il cui accertamento viene rimesso al giudice (Cass. civ., 27 marzo 1990, n. 2461).

Peraltro, l'azione di regolamento di confini contiene implicitamente quella personale di apposizione dei termini, quale pretesa accessoria e consequenziale (Cass. civ., 8 aprile 2011, n. 8100), quando, oltre a difettare un confine certo e determinato, manchino altresì i segni esteriori del confine medesimo. Ne discende che, quando l'azione di apposizione di termini non possa essere ritenuta automaticamente ricompresa in quella di regolamento di confini, dà luogo ad ultrapetizione la statuizione di condanna all'installazione sul confine di una recinzione (Cass. civ., 8 novembre 2013, n. 25244).

Inoltre, le due azioni sono in una certa misura fungibili. Difatti, nel giudizio instaurato con azione di apposizione di termini, sul presupposto del possesso attuale ed esclusivo da parte dell'attore della zona adiacente alla linea contrassegnata con i termini, qualora il convenuto nel costituirsi contesti che il fondo di proprietà dell'attore abbia l'estensione indicata nell'atto introduttivo, ne deriva la trasformazione dell'azione originaria in quella di regolamento di confini per il venir meno del presupposto della certezza del confine (Cass. civ., 25 luglio 1977, n. 3315). In altri termini, l'azione per l'apposizione di termini, di natura personale e presupponente che il confine tra i due fondi sia certo e pacifico, resta modificata in quella reale di regolamento dei confini, per implicito contenuta nella richiesta di apposizione di termini, ove, in relazione alle eccezioni sollevate dal convenuto, insorga tra le parti contrasto sulla linea di confine lungo la quale i termini debbano essere apposti (Cass. civ., 5 dicembre 1985, n. 6107). Nella stessa prospettiva è stato detto che deve qualificarsi come azione di rivendica, e non di regolamento di confini, la domanda riconvenzionale con la quale il convenuto in un giudizio promosso per l'apposizione di termini, dolendosi dell'avvenuta usurpazione a suo danno di una determinata zona di terreno posseduta dall'attore, chieda l'affermazione del proprio diritto di proprietà su detta zona, attraverso un corrispondente spostamento dei termini, sicché tale domanda è insuscettibile di accoglimento ove non sia assolto l'onere probatorio secondo la norma dell'art. 948 c.c. (Cass. civ., 30 marzo 1981, n. 1814).

È utile per completezza precisare che l'azione di regolamento dei confini ha per oggetto la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà dei contendenti, in base ai rispettivi titoli d'acquisto e presuppone una situazione di conflitto tra i fondi e quindi l'incertezza oggettiva o soggettiva dei confini. Ne consegue che detta azione non è proponibile quando la situazione dei luoghi corrisponda all'effettiva consistenza delle proprietà confinanti in base ai rispettivi titoli di acquisto e la domanda sia diretta unicamente ad ottenere la correzione della linea di confine segnata sulle mappe catastali, e perciò all'attuazione di una operazione di carattere amministrativo e non giurisdizionale (Cass. civ., 27 giugno 1988, n. 4335).

La competenza

Quanto alla competenza per territorio, occorre richiamare la previsione dell'art. 21 c.p.c., in forza del quale per le cause relative ad apposizione di termini è competente il giudice del luogo in cui è posto l'immobile. Il criterio adottato è dunque quello del locus rei sitae. Se l'immobile è compreso in più circoscrizioni giudiziarie, ogni giudice, nella cui circoscrizione si trovi parte dell'immobile, è competente: difatti, tenuto conto del venir meno del criterio principale fissato ai fini di individuare un unico giudice come territorialmente competente (criterio dell'immobile soggetto al maggior tributo verso lo Stato), opera il residuo criterio per cui la competenza territoriale è attribuita ad ogni giudice nella cui circoscrizione ricada una parte degli immobili (v. Cass. civ., 10 luglio 2007, n. 15392). Ritiene la dottrina che il foro previsto dall'art. 21 sia esclusivo ma derogabile ai sensi dell'art. 29 c.p.c. La giurisprudenza condivide l'indirizzo, con la precisazione, non rilevante nella materia in discorso, che la deroga è esclusa se la domanda principale afferisca alla materia del comodato, locazione e affitto di azienda, in applicazione dell'art. 447-bis, comma 2 c.p.c.

La competenza per materia, come si diceva in apertura, è attribuita al giudice di pace, in forza dell'art. 7 c.p.c., qualunque sia il valore della causa. Bisogna tuttavia in proposito considerare che il giudice di pace non è competente sulla domanda di regolamento di confini.

In evidenza

Si è difatti più volte ribadito che mentre le cause di apposizione di termini rientrano nella competenza per materia del giudice di pace qualunque ne sia il valore, le cause di regolamento di confini ne esulano, perché rientrano tra quelle relative a beni immobili, assoggettate alla regola della distribuzione della competenza per valore in base ai criteri posti dall'art. 15 c.p.c. con riguardo al valore della parte controversa dell'immobile (p. es. Cass. civ., 30 novembre 1988, n. 6500; in dottrina nello stesso senso Acone-Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., VII, Roma, 1988, 17).

Difatti, come si è già avuto modo di osservare, diversamente dall'azione di apposizione di termini ex art. 951 c.c., che presuppone l'esistenza di un confine certo e determinato, e tende ad ottenere soltanto che la linea di demarcazione tra proprietà finitime sia resa visibile e riconoscibile mediante la collocazione di segni esteriori che indichino materialmente il tracciato, l'azione di regolamento di confini ex art. 950 c.c. presuppone invece l'incertezza dei confini: qualora si chieda contestualmente regolamento di confini ed apposizione di termini sul confine regolato, la prima azione assorbe l'altra, escludendo conseguentemente la competenza per materia (Cass. civ.,19 luglio 1999, n. 7695), e radicando la competenza del tribunale. Mentre infatti le cause di apposizione di termini ai sensi dell'art. 7 c.p.c. rientrano nella competenza per materia del giudice di pace qualunque ne sia il valore, le cause di regolamento di confini rientrano tra quelle relative a beni immobili, devoluta alla competenza del tribunale quale giudice di primo grado (v. Cass. civ., 30 novembre 1988, n. 6500, riferita all'allora vigente riparto di competenza tra pretore e tribunale; nello stesso senso Cass. civ., 5 ottobre 1983, n. 5792; Cass. civ., 5 ottobre 1983, n. 5797).

Di guisa che, in caso di proposizione cumulata dell'azione di apposizione di termini in uno con quella di regolamento di confini, atteso l'assorbimento della prima nella seconda, occorrerà adire non il giudice di pace, ma il tribunale.

Va ancora rammentato che la domanda con la quale si chieda di far luogo alla costruzione di una specifica opera, ancorché come mezzo di apposizione di termini, trascende l'ordinario contenuto dell'azione di cui all'art. 951 c.c. e, risultando intesa ad ottenere la condanna della controparte ad un ben precisato facere, non può essere considerata alla stregua di una istanza meramente accessoria e consequenziale rispetto all'azione di regolamento di confini simultaneamente proposta, ma finisce per costituire una pretesa avente una sua autonomia, suscettibile, perciò, di concorrere alla determinazione del valore della causa ai fini della competenza (Cass. civ., 8 marzo 1996, n. 1850, che, in fattispecie concernente la simultanea proposizione di azione di regolamento di confini e di apposizione di termini da attuarsi mediante la costruzione di un muro di cinta, rilevata la indeterminatezza del valore attribuibile a tale ultima domanda, ha ritenuto che, per effetto del cumulo, ai sensi del secondo comma dell'art. 10 c.p.c., la causa eccedesse il limite della competenza per valore del pretore e dovesse essere dichiarata riservata alla cognizione in primo grado del tribunale). Al di fuori di detta peculiare ipotesi, si affermava in passato l'applicazione della regola generale secondo cui, ai fini della competenza per valore, il cumulo delle domande, ai sensi dell'art. 10 c.p.c., concerne soltanto l'ipotesi di più domande intese come pretese ben distinte tra loro, aventi ciascuna una propria individualità, mentre rimangono assorbite tutte quelle richieste che essendo formalmente proposte in via separata sono prive di autonomia, in quanto hanno carattere accessorio, conseguenziale o strumentale (Cass. civ., 19 luglio 1999, n. 7695, in fattispecie riguardante la domanda di regolamento di confini e di apposizione dei termini ed in via conseguenziale di abbattimento dell'attuale muretto divisorio fra proprietà contigue e di rimborso delle spese necessarie per l'esecuzione dei lavori).

Oggi il problema del valore, in funzione del cumulo di domande, più non sussiste: ed infatti l'azione di regolamento di confini, che assorbe quella di apposizione di termini, non è mai devoluta alla competenza del giudice di pace, trattandosi di controversia immobiliare, da proporre come tale necessariamente al tribunale, indipendentemente dal valore.

Legittimazione attiva e passiva

Legittimati attivi e, ad un tempo, legittimati passivi sono i proprietari contigui.

In ipotesi di fondi appartenenti in comunione a più soggetti, ciascuno dei partecipanti alla comunione può esercitare da solo tutte le azioni a difesa della proprietà, senza la necessita della integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri comunisti (Cass. civ., 6 luglio 1971, n. 2112).

In evidenza

Dal lato passivo, d'altronde, come si è visto, l'azione per apposizione di termini ha carattere personale, in quanto presuppone che il confine sia certo e determinato e tende soltanto a renderlo visibile e riconoscibile: essa mira, in particolare, alla esecuzione di una prestazione, che si concreta nell'obbligo, posto dall'art. 951 c.c. a carico del proprietario del fondo contiguo, di apporre o ristabilire, a spese comuni col richiedente, i segni indicativi dei termini tra i due immobili. In quanto tale, nel caso che il fondo contiguo appartenga in comproprietà a più soggetti, deve ritenersi che la predetta azione, non avendo carattere costitutivo, possa essere utilmente esperita anche nei confronti di alcuni soltanto dei predetti comproprietari, non ricorrendo in tale caso un'ipotesi di litisconsorzio necessario (Cass. civ., 18 settembre 1974, n. 2389).

Peraltro, quando alla domanda di regolamento dei confini, che è strutturalmente diretta ad ottenere una sentenza dichiarativa, si accompagni la richiesta di rilascio e/o di riduzione in pristino della zona che si ritiene usurpata in conseguenza dell'incertezza oggettiva e soggettiva dei confini, ferma restando la non necessità del litisconsorzio dal lato attivo, dal lato passivo il contraddittorio deve essere esteso ed eventualmente integrato nei confronti di tutti coloro che sulla zona in questione o sulle opere e manufatti su di essa esistenti vantino diritti reali, stante l'inscindibilità e indivisibilità dell'obbligazione dedotta in giudizio (Cass. civ., 26 giugno 2000, n. 8689).

Sembra da credere, traendo argomento dall'art. 1012 c.c. (su cui v. Cass. civ., 24 luglio 1976, n. 2968), che anche l'usufruttuario sia legittimato ad instare per l'apposizione dei termini, con l'unico obbligo di chiamare in giudizio il titolare del nudo diritto. A tal riguardo merita rammentare che la S.C. ha ritenuto doversi riconoscere all'usufruttuario il potere di agire giudizialmente contro coloro che effettuano ingerenze sulla cosa oggetto dell'usufrutto e, quindi, la legittimazione ad agire non solo nella vindicatio usufructus, ma in tutte le azioni, possessorie e petitorie, dirette a conservare il possesso nella sua sfera originaria e a recuperarlo, se perduto in tutto o in parte, e, comunque, dirette a difendere e a realizzare l'uso e il godimento della cosa (Cass. civ., 11 gennaio 1967, n. 106): il che lascia ritenere che a maggior ragione l'usufruttuario possa richiedere l'apposizione dei termini.

In dottrina è stato detto che legittimati all'azione sono, oltre al proprietario, anche coloro che, per avere sul fondo un diritto reale, hanno un interesse giuridicamente rilevante allo stabilimento del termine che delimiti in modo visibile l'estensione delle proprietà.

La decisione

Nel procedimento per apposizione di termini la sentenza di condanna, che lo conclude, può non indicare, nel dispositivo, le parti obbligate: in quanto queste possono trovarsi nella medesima posizione processuale, e cosi entrambe destinatarie della condanna ad apporre i termini e facultate a chiederne l'esecuzione. Conseguentemente, lo stesso obbligo, ancorché non espressamente sancito da tale sentenza a carico dell'una o dell'altra parte, deve ritenersi imposto a ciascuna di esse, cosi che per converso, ciascuna parte e legittimata a domandarne l'esecuzione forzata Cass. civ., 18 settembre 1979, n. 4794).

Perché il giudice possa respingere la domanda di apposizione di termini nel caso di accertamento dell'esistenza di essi, non basta che si trovino i segni lapidei sul terreno, ma deve risultare che si tratti proprio di quelli consensualmente collocati dopo l'ultimo trapasso di proprietà o a seguito di divisione che abbia fissato le rispettive posizioni dei fondi ovvero collocati in seguito a sentenza (Cass. civ., 20 aprile 1974, n. 1117).

Con riguardo alle spese, come accennato, bisogna distinguere quelle concernenti l'apposizione dei termini dalle spese processuali: le prime, vanno divise in parti uguali tra i confinanti senza alcun riferimento alla ampiezza dei terreni, essendo comune l'interesse. Le seconde, invece, possono essere compensate tra le parti, ovvero seguire il criterio della soccombenza ove il convenuto abbia formulato ingiustificate opposizioni. Si è ritenuto, infatti che l'art. 951 c.c., nel disporre che ciascuno dei proprietari confinanti ha diritto di chiedere che i termini siano apposti a spese comuni, si riferisce all'apposizione materiale dei segni di confine e non riguarda, pertanto, la disciplina delle spese giudiziali inerenti la causa instaurata ai sensi della stessa norma (Cass. civ., 5 dicembre 1985, n. 6107).

Riferimenti
  • Acone-Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., VII, Roma, 1988, 17;
  • Cicu, Azione di apposizione di termini, in Riv. dir. civ., 1942, 252 ss.;
  • Lo Schiavo, Sulla forma del provvedimento che dispone l'apposizione dei termini, in Dir. giur., 1950, 412 ss.;
  • Magazzù, Confini (regolamento di) (dir. vig.), in Enc. Dir., VIII, Milano, 1961.
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