Mala gestio e quantificazione del danno: la giurisprudenza dopo il nuovo codice della crisi

La Redazione
02 Ottobre 2019

Continua a formarsi la giurisprudenza sui criteri di quantificazione del danno, nelle azioni di responsabilità per mala gestio degli amministratori, codificati nel nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza...

Continua a formarsi la giurisprudenza sui criteri di quantificazione del danno, nelle azioni di responsabilità per mala gestio degli amministratori, codificati nel nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: una recente pronuncia della Cassazione, la n. 24431 depositata il 30 settembre, ribadisce l'ammissibilità della liquidazione del danno in via equitativa, con ricorso al criterio presuntivo della “differenza dei netti patrimoniali”.

La vicenda portata all'attenzione della Cassazione è ovviamente anteriore all'entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d'impresa (16 marzo 2019, per la parte che qui interessa), ma il criterio di quantificazione del danno in esame era già in uso nella giurisprudenza di legittimità.

Nel caso in esame, i giudici di merito avevano ravvisato la responsabilità dell'amministratore unico per fatti di mala gestio, consistenti nella tenuta incompleta e irregolare delle scritture contabili, nell'aggravamento del dissesto con occultamento delle perdite e l'esercizio di attività estranee all'oggetto sociale; di conseguenza, avevano quantificato il danno in via equitativa, utilizzando il criterio differenziale dei netti patrimoniali.

Ebbene, la S.C. ricorda come la liquidazione del danno in via equitativa sia stata ritenuta ammissibile sia nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, sia con ricorso al criterio presuntivo della differenza dei netti patrimoniali (Cass., S.U., n. 9100/2015; Cass. n. 9983/2017; Cass., n. 2500/2018). Questi criteri sono stati, oggi, recepiti e meglio precisati nel nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: il comma 3 dell'art. 2486 c.c., introdotto dall'art. 378, comma 2, c.c.i., dispone, infatti, che “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.

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