Computo delle distanze legali: va considerato il muro di cinta alto meno di 3 metri?
04 Ottobre 2019
Tizia aveva chiesto al giudicante di dichiarare illegittima la costruzione realizzata da Caia sul confine in violazione dell'art. 873 c.c., nonché la limitazione di una servitù di passaggio a causa di un marciapiede che la restringeva di un metro. In primo grado, il Tribunale respingeva le domande. In secondo grado, la Corte d'Appello, in riforma parziale della decisione di prime cure, condannava Caia all'eliminazione delle opere esistenti sul confine dei fondi, restringenti il passaggio oggetto di servitù. In particolare, la Corte territoriale aveva accertato la limitazione della servitù; tuttavia, aveva escluso la violazione delle distanze avendo considerato in proposito che sul confine già esisteva una costruzione (rappresentata da un muro avente altezza di mt. 1,80) e quindi, in parte, l'edificazione da parte della convenuta era legittima in applicazione dell'art. 20 del regolamento comunale che consentiva di costruire in aderenza. Avverso tale decisione, Tizia ha proposto ricorso in Cassazione eccependo la violazione delle norme sulle distanze. Nel giudizio di legittimità, la S.C. contesta il ragionamento espresso nel provvedimento impugnato. Invero, la decisione non era corretta perché non dava il giusto rilevo alla previsione legislativa posto che il muretto in questione risultava alto meno di tre metri, come accertato dalla stessa Corte d'appello. In proposito, i requisiti essenziali del muro di cinta, che a norma dell'art. 878 c.c. non va considerato nel computo delle distanze legali, sono costituiti dall'isolamento delle facce, dall'altezza non superiore a metri tre e dalla sua destinazione alla demarcazione della linea di confine ed alla separazione e chiusura della proprietà; diversamente, in pronuncia, erano stati considerati irrilevanti i tre metri di altezza di cui all'art. 878 c.c. perché il muro valeva come preesistente costruzione ex art. 20 del regolamento che consentiva la sopraelevazione sulla verticale. Dunque, secondo la S.C., ragionare diversamente significherebbe sminuire la portata della chiara previsione dell'art. 878 c.c. che richiama l'art. 873 c.c., norma dalla quale i regolamenti possono derogare per stabilire distanze maggiori. Per le suesposte ragioni, il ricorso di Tizia è stato accolto; per l'effetto, la pronuncia è stata cassata con rinvio. |