Legge Gelli-Bianco: quale spazio applicativo in attesa dell'emanazione delle linee guida ex art. 5 d.lgs. 24/2017?
04 Ottobre 2019
Massima
Ai fini dell'applicabilità dell'articolo 590-sexies del c.p., in mancanza di linee – guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all'articolo 5 della legge n. 24 del 2017, può farsi richiamo alle linee guida attualmente vigenti, considerandole alla stregua di buone pratiche clinico-assistenziali, pur nella consapevolezza che si tratta di una opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico, sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanza cliniche. Il caso
Un medico dentista veniva imputato e condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all'art. 590 c.p. per le lesioni provocate ad un paziente, consistite nella lesione irreversibile del nervo dentale, a seguito dell'estrazione di un elemento dentario. Intervento avvenuto nel 2011. Avverso la sentenza della Corte d'Appello che confermava la condanna emessa in primo grado proponeva ricorso l'imputato deducendo tre motivi. In primo luogo lamentava la tardività della querela presentata due anni dopo l'intervento benché la persona offesa fosse a conoscenza ben prima delle lesioni subite. Con il secondo motivo lamentava il rigetto della richiesta di espletamento di una perizia medico-legale ex art. 507 c.p.p. nonostante fosse stata acquisita nel corso dell'istruttoria solo la consulenza tecnica della persona offesa carente sotto il profilo valutativo. Infine, con l'ultimo motivo chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata con l'applicazione dell'esimente di cui all'art. 590-sexies c.p.
La questione
La Corte nella sentenza in epigrafe, tra le altre, affronta la questione relativa alla successione di leggi penali nel tempo per il susseguirsi di ben tre diverse normative dai fatti oggetto di causa e la pronuncia. In particolare, la Corte si pone il problema di delineare la portata applicativa del nuovo art. 590-sexies c.p. e il rapporto tra tale esimente e la precedente introdotta con la legge 189/2012. Le soluzioni giuridiche
Nella sentenza in oggetto la Cassazione rigetta il primo motivo di ricorso, ritenendo invece fondati gli altri due motivi dedotti dalla difesa dell'imputato. Con riferimento al termine per la produzione della querela, la Cassazione si richiama all'orientamento consolidato secondo il quale nell'ipotesi di lesioni colpose determinate da responsabilità del sanitario il termine per proporre la querela comincia a decorrere non dal momento in cui la persona offesa abbia avuto consapevolezza della patologia contratta, ma da quello in cui abbia appreso della possibilità che sulla patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata. Nel caso di specie, pertanto, la querela doveva essere ritenuta in termini. Il secondo motivo, invece, aveva ad oggetto il mancato accoglimento da parte della Corte d'Appello dell'istanza ex art. 507 c.p.p. da parte della difesa dell'imputato di una perizia. Evidenzia la Corte di Cassazione come la perizia sia un espletamento opportuno ogni qual volta sia necessario svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze di natura tecnica. La perizia è comunque uno strumento rimesso alla discrezione del giudice, tuttavia rappresenta un indispensabile strumento probatorio qualora occorrano delle competenze specifiche nell'acquisizione e nella valutazione dei dati, anche nel caso in cui il giudice stesso possieda le specifiche conoscenze dell'esperto. Il giudice infatti è perito peritorum, ma in ogni caso non può “intraprendere un percorso avulso dal sapere scientifico, avventurandosi in opinabili valutazioni personali, sostituendosi agli esperti e ignorando ogni contributo conoscitivo di matrice tecnico-scientifica”, andando così a ledere anche il diritto di difesa delle parti. Nel suo ruolo di peritum peritorum il giudice è chiamato ad individuare, con l'aiuto di un esperto, il sapere accreditato che può orientare la decisione. Il perito, quindi, non è l'arbitro che decide il processo, ma l'esperto che espone al giudice il quadro del sapere scientifico nell'ambito fenomenologico al quale attiene il giudizio. Il sapere scientifico, quindi, costituisce un indispensabile strumento al servizio del giudice di merito. Nel caso di specie, nel corso dell'istruttoria era stata acquisita solo una consulenza tecnica espletata su incarico della parte civile. Nella sentenza impugnata non venivano adeguatamente motivate le ragioni per le quali erano stati ritenuti esaustivi e incontrovertibili i rilievi formulati dal consulente della parte civile. L'unico supporto probatorio alle conclusioni del consulente era dato dalle dichiarazioni della parte civile stessa. Evidenzia la Cassazione come il giudice possa legittimamente far propria una delle tesi prospettate dei consulenti delle parti, purché ciò sia supportato da congrua motivazione che dia atto anche delle tesi disattese, in modo che sia garantita la pluralità e l'eterogeneità dei contributi cognitivi. Fondare la declaratoria di responsabilità esclusivamente sulle prospettazioni del consulente della parte civile, corroborate solo dalla ricostruzione fatta dalla parte civile stessa, ritengono i supremi giudici “significa determinarsi all'interno di un contesto probatorio improntato all'unilateralità degli apporti conoscitivi, senza alcuna connotazione di dialetticità”. Occorre infatti tener presente, evidenzia ancora la Corte, come le dichiarazioni della persona offesa, ancor più se costituita parte civile, debbano essere valutate con adeguata cautela essendo soggetto portatore di interessi contrapposti a quelli dell'imputato. Infine la Cassazione affronta la problematica relativa all'applicabilità al caso di specie dell'esimente di cui all'art. 590-sexies c.p. introdotta con la legge Gelli-Bianco. I fatti in oggetto erano risalenti al 2011, da allora si sono susseguite ben tre diverse normative in materia. Nel 2011, infatti, non era prevista alcuna disposizione particolare nel caso di responsabilità medica e trovano applicazione i principi generali in materia di colpa. Nel 2012 entrò in vigore la Legge Balduzzi, che per la prima volta introdusse un'esimente specifica per l'attività medica, escludendo la responsabilità del sanitario che avesse agito nello svolgimento della propria attività nel rispetto delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, sempre che vertesse in un'ipotesi di colpa lieve. L'entrata in vigore della l. 24 del 2017 ha comportato inserimento nel corpo del codice penale dell'art. 590-sexies c.p. e l'abrogazione espressa dell'art. 3 della l. 189/2012. La nuova normativa prevede una ipotesi di esimente parzialmente differente: viene eleminato il riferimento al grado della colpa, trova applicazione solamente alle ipotesi di colpa per imperizia e solo ove il sanitario abbia agito nel rispetto delle linee guida accreditare ed approvate secondo quanto disposto dall'art. 5 della stessa l. 24/2017. Al momento, sottolinea la sentenza, non è ancora stato perfezionato il nuovo sistema delle linee guida così come disciplinato dalla riforma, pertanto non è ancora chiaro quale sia attualmente la concreta portata applicativa dell'art. 590-sexies c.p. La sentenza richiama quanto affermato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 29 del 21.12.2017) in relazione alla successione di leggi penali tra le due esimenti citate. L'esimente prevista dall'art. 3 l. 189/2012 risulta più favorevole dell'art. 590-sexies c.p. nei casi, rientranti nella colpa lieve, connotati da negligenza o imprudenza (espressamente esclusi dalla nuova esimente) nonché quando l'errore sia caduto sul momento selettivo delle linee guida (ipotesi esclusa dall'art. 590-sexies secondo l'interpretazione giurisprudenziale). Nelle ipotesi di errore per colpa nell'esecuzione delle linee guida dettato da imperizia che rientri nella colpa lieve invece le due norme si equivalgono, scriminando entrambe la condotta. A seguito dell'entrata in vigore della legge Gelli – Bianco, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite, l'esercente la professione sanitaria risponde, per morte o lesioni personali derivanti dall'esercizio dell'attività medico – chirurgica: “a) se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da negligenza o imprudenza; b) se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazione delle linee guida o di buone pratiche clinico assistenziali; c) se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia nell'individuazione nella scelta di linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto; d) se l'evento si è verificato per colpa grave da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto medico.” Nel caso di specie in realtà la Corte non stabilisce quale possa essere la norma applicabile in quanto più favorevole, ma annulla la sentenza impugnata con rinvio, poiché non erano stati analizzati, seppur devoluti con l'atto di appello, i profili inerenti la sussistenza di linee guida o di buone pratiche per la tipologia di intervento, la riconducibilità dell'atto medico alle eventuali linee guide nonché il grado della colpa, al fine di valutare se in ogni caso la condotta contestata all'imputato possa comunque rientrare in una delle due esimenti analizzate. In conclusione
Con la riforma del 2017, come noto, il legislatore è intervenuto a riformulare l'esimente specifica che era già stata introdotta nel settore dell'attività sanitaria con la legge Balduzzi del 2012. L'art. 3 della L. 189/2012 prevedeva che: “l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”. Norma che aveva sollevato non pochi dubbi e problemi interpretativi. L'art. 590-sexies c.p. stabilisce invece che: “se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. In realtà sin dalla sua entrata in vigore è stato evidenziato come il testo dell'art. 590-sexies (che espressamente abroga il disposto della Legge Barduzzi) ponga a sua volta non poche perplessità. Anzi, parte della dottrina è arrivata a metterne in discussione persino l'effettiva portata applicativa. Sul punto le prime pronunce giurisprudenziali hanno cercato di dare alla norma una lettura che consentisse di individuare l'ambito applicativo e apprezzarne anche la portata innovativa. Con la sentenza n. 24 del 21.12.2017 sono intervenute anche le Sezioni Unite, per stabilire quale tra le due esimenti, quella introdotta dalla Legge Balduzzi e quella della Legge Gelli-Bianco dovesse essere ritenuta più favorevole in un'ottica di successione di leggi penali nel tempo. Le Sezioni unite hanno stabilito che risulti più favorevole l'art. 3 della L. 189/2012 per quei comportamenti connotati da negligenza o imprudenza con configurazione di colpa lieve. L'art. 590-sexies infatti si applica per espressa previsione normativa ai soli casi di colpa per imperizia. Inoltre la legge Balduzzi risulterebbe più favorevole anche nei casi in cui l'errore, determinato da imperizia e rientrante nelle ipotesi di colpa lieve, ricada sul momento selettivo delle linee guida. L'art. 590-sexies, infatti, troverebbe applicazione solamente nelle ipotesi di comportamento colposo dettato da imperizia che ricada nel momento esecutivo delle linee guida. Sebbene la nuova norma non si riferisca più al grado della colpa richiede pur sempre per l'applicazione dell'esimente che il sanitario abbia agito nel rispetto delle linee guida o delle buone pratiche, pertanto non potranno comunque rientrarvi le ipotesi di errori di rilevante gravità (rientranti nella c.d. “colpa grave”). La giurisprudenza successiva, nella quale si inserisce anche la sentenza in commento, ha evidenziato un ulteriore problema applicativo dell'art. 590-sexies c.p., quanto meno fintanto che tutti il sistema delineato dalla legge Gelli Bianco non sia integralmente operativo. L'art. 590-sexies c.p., infatti, fa riferimento al rispetto delle “linee guida definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali”. La stessa legge 24 del 2017 che ha introdotto nel corpo del codice l'art. 590-sexies, ha previsto all'art. 5 la creazione di una sorta di “banca dati” delle linee guida pubblicata sull'apposito sito del Ministero. Secondo il tenore letterale dell'art. 590-sexies c.p. solo le linee guida approvate e pubblicate secondo quanto previsto dalla normativa stessa potranno essere invocate dai sanitari per richiedere eventualmente applicazione dell'esimente in oggetto. I sanitari imputati di lesioni o omicidio colposo dovranno dimostrare di aver tenuto una condotta conforme ad una delle linee guida approvate e pubblicate dal ministero (e naturalmente adeguata alla specificità del caso concreto). Attualmente la “banca dati” delle nuove linee guida è in fase di elaborazione. La giurisprudenza si è pertanto interrogata sull'effettiva portata applicativa al momento attuale dell'art. 590-sexies c.p. e sul valore da attribuire alle linee guida attualmente utilizzate nel settore medico. La sentenza in esame, conformandosi a quanto già affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 47748 del 22.06.2018, evidenzia infatti come sia assolutamente inequivoco il fatto che l'applicabilità dell'art. 590-sexies c.p. sia subordinata all'operatività della disposizione relativa all'emanazione delle linee guida ai sensi dell'art. 5 L.24/2017. In mancanza di linee guida approvate mediante il procedimento di cui al suddetto art. 5 della legge Gelli – Bianco può farsi riferimento solamente all'art. 590-sexies c.p. nella parte di norma che si richiama alle buone pratiche clinico assistenziali. Secondo tale interpretazione – quindi - al momento l'ambito applicativo dell'art. 590-sexies c.p. sarebbe solo virtuale. Precisa ancora la Cassazione che, per riservare alla norma uno spazio applicativo effettivo nell'attuale panorama fenomenologico, bisognerebbe ritenere le linee guida oggi vigenti (non approvate secondo il procedimento di cui all'art. 5 L. 24/2017) alla stregua delle buone pratiche clinico – assistenziali. Tale opzione ermeneutica, sottolineano gli stessi giudici, appare però molto difficile per la differenza sotto il profilo concettuale, oltre che tecnico – operativo, dei due concetti. La sentenza in oggetto, in realtà, così come le precedenti, non arriva però ad effettuare il passaggio ulteriore, chiarendo se effettivamente tale opzione ermeneutica possa o meno essere effettuata. In attesa dell'attuazione del nuovo sistema di emanazione ed accreditamento delle linee guida e di creazione della loro “banca dati” non pare pertanto ancora definito l'attuale spazio applicativo dell'art. 590-sexies c.p.. Anzi, addirittura sembrerebbe, per il momento, mancare ogni reale spazio applicativo. |