Le note di variazione in diminuzione IVA a seguito di procedura esecutiva individuale e concorsuale

09 Ottobre 2019

Con la risposta ad interpello n. 328 del 2019, l'Agenzia delle Entrate si è soffermata sul momento a partire dal quale il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione ai fini IVA, qualora il proprio debitore sia stato interessato da una procedura esecutiva non concorsuale e da un contestuale fallimento.
Premessa

Con la risposta ad interpello n. 328 del 2019, l'Agenzia delle Entrate si è soffermata sul momento a partire dal quale il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione ai fini IVA, qualora il proprio debitore sia stato interessato da una procedura esecutiva non concorsuale e da un contestuale fallimento.

In particolare, viene confermato, anche in questa sede, come in altri documenti dell'amministrazione finanziaria, che il diritto alla variazione sorge quando :

1) ha avuto inizio una procedura, ovvero viene posto in essere, almeno, il primo atto tipico (rispettivamente, sentenza dichiarativa del fallimento o pignoramento) con il quale la stessa si instaura;

2) tale procedura si è conclusa infruttuosamente, vale a dire:

a) per ciò che attiene al fallimento, che è scaduto il termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato (articolo 110 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di seguito L.F.), ovvero, in assenza del piano di riparto, è scaduto quello per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso (articolo 119 L.F.);

b) per quanto riguarda le procedure esecutive non concorsuali, quando il credito del cedente o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell'esecutato, ossia risulta accertata e documentata dagli organi della procedura l'insussistenza di beni da assoggettare all'esecuzione.

Prima di procedere ad esaminare la risposta dell'Agenzia è necessario soffermarsi sulla relativa normativa.

Il quadro normativo IVA

Si deve ricordare che le variazioni dell'IVA dovuta sono regolate dall'articolo 26 del D.P.R. n. 633/1973.

Le principali fattispecie che consentono l'emissione delle note di variazione in diminuzione sono le seguenti:

  • dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili (art. 26 co. 2 primo periodo del DPR 633/72);
  • mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose (art. 26 co. 2 secondo periodo del DPR 633/72);
  • applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente (art. 26 co. 2 terzo periodo del DPR 633/72);
  • rettifica di inesattezze della fatturazione (art. 26 co. 3 del DPR 633/72);
  • risoluzione contrattuale, relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento di una delle due parti; tipicamente, il mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente (art. 26 co. 9 del DPR 633/72). In merito si ricorda che l'Agenzia delle Entrate ritiene che, laddove le parti abbiano pattuito una clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) e il fornitore si avvalga della suddetta clausola per "supposto" mancato adempimento della controparte che contesta l'addebito in sede giudiziale, l'emissione della nota di variazione in diminuzione sia subordinata all'esito del giudizio (principio di diritto del 2.4.2019 n. 13).

In particolare, il secondo comma sancisce che è possibile operare una variazione in diminuzione quando un'operazione, per la quale sia stata emessa fattura e sia stata registrata secondo gli artt. 23 e 24, venga meno o se ne riduca l'ammontare imponibile a causa della dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili, oppure in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, oppure per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942 (di seguito anche legge fallimentare), pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.

Il terzo comma prevede anche che gli eventi sopraindicati possano verificarsi in dipendenza di un sopravvenuto accordo fra le parti. In tali casi, la variazione deve essere registrata entro un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile.

Secondo l'Agenzia delle Entrate, la nota di variazione deve essere emessa, al più tardi, entro i termini per l'esercizio della detrazione IVA ex art. 19 co. 1 del DPR 633/72, vale a dire entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (Circolare n. 1/E/2018).

E' stato, infatti, chiarito che "le variazioni possono essere effettuate senza limiti temporali, anche se il diritto alla detrazione dell'imposta può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto per operare la variazione in diminuzione." (risoluzione n. 89/E del 18 marzo 2002).
Si ricorda che, per effetto delle modifiche recate all'articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, "Il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all' anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.". A norma del successivo comma 2-bis, tale disposizione si applica alle fatture e alle bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017.
Pertanto, laddove il dies a quo per l'emissione delle note di variazione sia antecedente il 1° gennaio 2017, il diritto alla detrazione può essere esercitato "con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto"; a decorrere invece dal 1° gennaio 2017, la detrazione può essere esercitata al più tardi "con la dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto" (Risposta interpello Agenzia Entrate del 18.12.2018 n. 113).

Infine, si ricorda che l'Agenzia delle Entrate ha fornito alcune risposte a FAQ, con le quali sono state fornite alcune indicazioni per emettere note di variazione a seguito dell'entrata in vigore della normativa sulla fatturazione elettronica (ad esempio la risposta alla Faq n. 96 del 19.07.2019).

La nota di credito nell'ambito delle procedure esecutive individuali e concorsuali.

In forza dell'attuale normativa, la nota di variazione può essere emessa solo quando è definitivamente accertata l'infruttuosità della procedura concorsuale.

In via generale, vale la pena d‘osservare che in base all'attuale previsione dell'art. 26 secondo comma DPR 633/72, la suddetta circostanza si verifica allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l'esecuzione collettiva sul patrimonio dell'imprenditore viene meno, interamente o parzialmente, per l'insussistenza di somme disponibili per la relativa soddisfazione una volta ultimata la ripartizione dell'attivo.

Al fine di individuare il momento in cui tale circostanza si verifica, è necessario rifarsi ai numerosi chiarimenti forniti in passato dall'Amministrazione finanziaria.

Pertanto, secondo l'orientamento erariale, il cedente o prestatore dell'operazione può emettere la nota di variazione in diminuzione:

  • per il fallimento, in presenza di piano di riparto, in seguito alla pubblicazione del decreto con il quale il giudice delegato stabilisce tale piano (risoluzione n. 120/E/2009) o, più prudentemente, decorso il termine per le osservazioni al piano di riparto (circolare n. 77/E/2000);
  • per il fallimento, in assenza del piano di riparto, alla scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura (risoluzione n. 155/E/2001 e risoluzione n. 2008/E/195);
  • per il concordato preventivo liquidatorio o con continuità aziendale, con la definitività della sentenza di omologazione e al rispetto da parte del debitore concordatario degli obblighi ivi assunti (circolare n. 77/E/2000 e circolare n. 8/E/2017 par 13.2). In altri termini, rileva il compimento del piano di riparto (risposta ad interpello n. 113/E/2018);
  • per la liquidazione coatta amministrativa, con il decorso dei termini per l'approvazione del piano di riparto (circolare n. 77/E/2000).

Per quanto riguarda, invece, le procedure non concorsuali, il comma 12 dello stesso articolo 26 - introdotto dall'articolo 1, comma 126 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e successivamente modificato dall'articolo 1, comma 567, lettera c), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 - detta specifiche presunzioni, prevedendo che «Ai fini del comma 2 una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa:
a) nell'ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall'ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
b) nell'ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall'ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l'impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
c) nell'ipotesi in cui, dopo che per tre volte l'asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità».

Come riportato dalla Consulenza giuridica dell' Agenzia Entrate 24 gennaio 2019 n. 2, in caso di impossibilità/difficoltà nell'applicare le presunzioni richiamate dall'articolo 26, comma 12, di cui sopra, sarebbero ancora valide le indicazioni generali contenute nella circolare n. 77/E del 2000, la quale ha così specificato: «il presupposto legittimante la variazione in diminuzione viene ad esistenza quando il credito del cedente del bene o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell'esecutato ovvero quando sia stata accertata e documentata dagli organi della procedura l'insussistenza di beni da assoggettare all'esecuzione».

Conclusioni

La risposta all'interpello in esame ritiene che sarebbe rispettato quanto disposto dal comma 2 dell'art. 26, qualora la chiusura della procedura esecutiva individuale e l'emissione delle note di variazione in diminuzione, con relative annotazioni nei registri IVA che la stessa consente, siano avvenute in un momento precedente all'apertura della procedura collettiva che il fallimento sottende.

In questo caso la variazione in diminuzione operata risulterebbe corretta e l'insinuazione nel passivo fallimentare rileverebbe, nei limiti di quanto eventualmente percepito in ragione della stessa, per successive variazioni in aumento ex articolo 26, comma 1, del decreto IVA.

Non sarebbe, invece, valida tale conclusione qualora l'apertura del fallimento e l'insinuazione al passivo, come si è verificato nel caso in oggetto, siano avvenute prima dell'emissione delle note di variazione.

In tale eventualità, infatti, l'instaurarsi della procedura concorsuale che coinvolge l'intero patrimonio del cessionario debitore imporrebbe, al fine di valutare la sua fruttuosità, di attenderne l'esito – secondo quanto precisato sub a) ed indicato nei citati documenti di prassi: «Il legislatore fiscale ha [...] inteso subordinare il diritto alla variazione IVA all'avvenuta insinuazione al passivo fallimentare se e nella misura in cui, all'esito della procedura, il relativo credito sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto» (così la risoluzione n. 195/E del 2008) – potendo, in ipotesi, la procedura collettiva risultare in tutto od in parte fruttuosa anche per il creditore individuale rimasto prima insoddisfatto.

A questo punto è necessario ricordare come parte della Giurisprudenza,non condivide tale tesi dell'Agenzia in merito al momento a partire dal quale è possibile emettere variazioni in diminuzione nel caso delle procedure concorsuali.

Con la sentenza del 17 aprile 2019, n. 145, infatti, la Commissione Provinciale di Vicenza si è espressa in merito al momento in cui è possibile emettere la nota di variazione IVA ex art. 26 del DPR 633/1972 nei confronti di diversi soggetti esposti a procedure concorsuali (fallimenti e concordati preventivi).

In particolare, i giudici di Vicenza, a differenza di quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate, che condizionava il diritto al recupero dell'imposta alla definitiva chiusura della procedura concorsuale, hanno aderito all'interpretazione fornita, in materia di IVA, dalla Corte di Giustizia Europea e che scaturisce dall'applicazione dell'art. 90 della direttiva 2006/112/Ce che ha introdotto una duplice facoltà: quella dei contribuenti di ridurre la base imponibile al verificarsi di determinate condizioni (paragrafo 1); quella degli Stati membri di limitare tale possibilità di rettifica nell'ipotesi in cui il corrispettivo non sia pagato (paragrafo 2).

Secondo i giudici di Vicenza, però, come sancito dalla Corte Europea, con la sentenza 23/11/2017 - Causa C-246/16, la predetta facoltà di deroga accordata non può interpretarsi nel senso di considerare gli Stati membri liberi di escludere del tutto la riduzione della base imponibile IVA, perché una siffatta previsione finisce per violare sia il principio di divieto di riscossione dell'imposta per un importo superiore a quello percepito, sia il principio di neutralità.

Considerato che, nella fattispecie all'esame della CTP, quanto al concordato preventivo, già la relativa domanda e, quanto al fallimento, la relazione del curatore, attestavano con sufficiente oggettività l'esistenza della ragionevole probabilità che il debito non venisse saldato, la tesi opposta dall'Agenzia delle Entrate è risultata essere in palese contrasto con la normativa Europea sopra citata.

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